Stelle solitarie

di Roberta Pedrotti

G. Verdi

Il trovatore

Netrebko, Eyvazov, Salsi, Zajick, Fassi

direttore Pier Giorgio Morandi

regia Franco Zeffirelli 

orchestra e coro dell'Arena di Verona, maestro del coro Vito Lombardi

Verona, giugno 2019

2DVD Cmajor Unitel 754608, 2020

Leggi le recensioni dello spettacolo all'Arena: Verona, Il trovatore, 29/06/2019 e Verona, Il trovatore, 29/06/2019

Chi ha visto questo Trovatore all'Arena ne è rimasto folgorato. Non è difficile crederlo: sotto le stelle, quando l'aria tiepida di una sera d'estate pian piano si rifresca nella brezza notturna, sentire grandi voci che riempiono l'anfiteatro romano dev'essere un brivido non da poco. Purtroppo il DVD non ce lo restituisce, non si può dare il firmamento, il profumo dell'imbrunire, gli armonici che ti accarezzano cantando Verdi. Viceversa, il video mostra da vicino, troppo vicino il trucco caricato e demodé pensato per perdersi in grandi distanze, fa vedere i lustrini, la chincaglieria il tripudio di ori e colori di uno Zeffirelli postumo e già invecchiato, forse ancora d'effetto al momento, con le sue armature gigantesche e l'apertura della torre/chiesa dall'interno dorato, ma ridotto dall'occhio della telecamera a giocattolone un po' pacchiano. Sotto l'oro, i velluti glitterati e le balze gitane, di recitazione, di dramma, di tensione, passione, azione e narrazione drammatica ne abbiamo poca. In compenso, però, il gran visir della tradizione "rispettosa" pensò bene di andare a pescare i ballabili che Verdi scrisse per il terzo atto della versione francese (che non è una semplice traduzione con l'inserimento delle danze, ma un lavoro più complesso e radicale, da cui sarebbe meglio non fare taglia e cuci come fossero mattoncini intercambiabili) e infilarne un po' nel secondo e un po' nel terzo atto, così da gonfiare lo spettacolo e dare modo di esibirsi alla compagnia di El Camborio (ereditata poi da Lucia Real).

Nemmeno Pier Giorgio Morandi fa granché per movimentare la situazione, ma accompagna diligente. Certo, quello che accompagna diligentemente è un cast fenomenale e si potrebbe dire che, allora, basta così. Invece no, proprio perché il cast è lussuosissimo, con una regia e una concertazione d'altro spessore avremmo potuto avere davvero un Trovatore epocale e non solo la gioia di un raduno di grandi voci all'Arena, stelle sotto le stelle.

Eccole dunque, le grandi voci. Partendo dal fondo della locandina, il coro fa ottima figura, Antonello Ceron e Dario Giorgelé non saranno divi, ma comunque sono avvezzi ad alti livelli a parti più significative del messo e del vecchio zingaro, per i quali sono interpreti di lusso. Carlo Bosi, poi, è sempre, e da anni, il miglior Ruiz sulla piazza, e per squillo e per musicalità e per capacità di dar spessore al personaggio anche solo in poche battute. Elisabetta Zizzo è un'Ines che riesce a essere ben presente anche accanto a una Leonora diva come nessuna e Riccardo Fassi è davvero un Ferrando eccellente, dalla voce morbida, perentorio e insinuante nell'articolazione. 

Nel quartetto principale, con un pizzico di verosimiglianza anagrafica, la veterana è Dolora Zajick, che talora mostra il segno del tempo con qualche suono affaticato e un testo un po' arruffato, ma assesta anche le zampate della leonessa del palcoscenico che conosce Azucena come le sue tasche e ha fatto dei panni della zingara una seconda pelle. Luca Salsi canta il Conte di Luna con voce rotonda, ricca, espandendo l'ampiezza della frase verdiana con indubitabile soddisfazione; se la regia si accontenta di piazzarlo al centro avvolto in mantelli luccicanti e la concertazione di andare a tempo, mostra comunque l'iniziativa di qualche accento più sfumato. Yusif Eyvazov va in crescendo e risponde sicuro e squillante all'appello delle puntature acute (Pira ripetuta in primis), ma soprattutto intepreta con ardore cavalleresco, consapevole che Manrico non è solo "All'armi" e "O teco", ma è la dichiarazione malinconica e sognante di "Ah sì ben mio", è il turbamento eroico di "Mal reggendo", è l'accavalarsi di nostalgia, furia e rimorso nel carcere. La coppia dei fratelli rivali è, dunque, ben assortita, equilibrata e complementare.

E poi, naturalmente, c'è lei, Anna Netrebko, che attraversa come se nulla fosse le difficoltà di Leonora per arrivare fresca come una rosa alla grande scena del quarto atto. Con la massima naturalezza impone il suo perentorio "Timor di me?" per poi raccogliere il suono opulento in un soffio celestiale, in un cantabile denso e insieme delicato, un vero incanto che rifluisce poi nel dramma impellente e disperato del "Miserere", in una cabaletta in cui la belcantista degli esordi rivive nel lirico spinto di oggi, sale e scende per il pentagramma con slancio, infonde al canto la grinta dell'eroina decisa per passione al passo estremo. Qui si riassume tutta una recita fatta di mezzevoci dorate ed espansioni ardenti, di levigatezza lirica e ampiezza drammatica. E di allure da diva, il che non guasta mai (specie in Arena e a colmare il deserto di regia e concertazione).

Alla fine si sente cantare, si celebrano le voci e non possiamo non unirci alla lode per la costellazione di stelle schierate, ma l'opera non è solo esibizione di voci e di temperamenti individuali. A questo Trovatore manca il fuoco, né la messa in scena né la direzione cercano finezze, direzioni interpretative, torniture teatrali così care a Verdi, così minuziosamente delineate dal suo genio (e dal libretto, sì, bellissimo di Cammarano). Potremo avere il miglior caviale del mondo (e il miglior prosciutto di Parma, o le migliori ciliege dell'Oregon), e rimarranno tali, ma se lo abbiniamo a del pan carré avanzato in frigo e a un ricciolo di margarina non lo potremo gustare al meglio, sarà un po' sprecato.