Affresco storico

di Michele Olivieri

Cesare Pugni – Marius Petipa – Pierre Lacotte
La fille du pharaon
direttore Alexander Sotnikov
coreografia ripresa da Pierre Lacotte
Una coproduzione Bel Air Mediat Teatro Bolshoi
Mosca, Teatro Bolshoi, 2000 DVD Bel Air Classiques B003XLJ8GU, 2017

Marius Petipa, uno dei più grandi coreografi di tutti i tempi, ha ottenuto il suo primo successo con il balletto in tre atti La fille du pharaon, allestito per la prima volta nel 1862 a San Pietroburgo dal Balletto Imperiale, presso il Teatro Imperiale Bolshoi Kamenny, con interpreti la bolognese Carolina Rosati (che si era formata alla Scuola di Ballo del Teatro alla Scala di Milano sotto la guida di Carlo Blasis), Nicholas Goltz, eccezionalmente lo stesso Marius Petipa nel ruolo di Ta-Hor e Lev Ivanov in quelli del Pescatore. Petipa ha fatto di tutto per accontentare il pubblico miscelando con maestrìa romanticismo, gusto esotico, soggetti solenni, scene corali con numerosi gruppi, pas de deux, pantomime e assoli per uno spettacolo “faraonico”. Divenuto popolarissimo, il balletto in seguito fu anche rivisto e nuovamente coreografato in molte occasioni. Basti pensare che La fille du pharaon contava circa duecentoquattro spettacoli tra il 1864 e il 1904 in scena nella sola Russia zarista. Queste cifre attestano ancora oggi l’assoluta fama del titolo. Ma, per ragioni poco artistiche, l’opera fu accusata dall’establishment di essere ideologicamente acerba, rimanendo a lungo relegata all’oblio. La sua ultima apparizione infatti risale al lontano 1926.

Il coreografo Pierre Lacotte nel 2000 ha accettato la sfida di ricostruire La fille du pharaon, nel frattempo andato perduto. La sua attenzione si è concentrata sui ricordi degli artisti che avevano danzato il balletto nei primi decenni del XX secolo, mettendo al servizio la loro fattiva esperienza. Il lavoro di Lacotte segue attentamente la tradizione dei grandi balletti russi. Mantiene lo spirito e lo stile di Petipa con numerose variazioni e difficoltà, al fine di mostrare la padronanza tecnica dei ballerini. La tecnica fine sé stessa però serve a poco, e naturalmente, dall’alto della sua esperienza, Lacotte offre una danza fluida ed equilibrata su tutti i fronti, dalla musicalità all’espressività, dal portamento alla padronanza scenica. Questa nuova coreografia include tre danze di quella originale di Petipa riferite al “Grand Pas d’action” del secondo atto, il resto è stato ricostruito in parte filologicamente sulle intenzioni.

L’allestimento è affascinante con i fondali dipinti e la più o meno fedele replica dei costumi dell’epoca; si assiste a combattimenti con animali personificati da uomini travestiti con costumi di peluche, scene di gruppo imponenti, monumentali estetiche e molto altro. Ciò fa parte del fascino nella ricostruzione di un tempo che si è fermato, con effetti e risultati di volta in volta onirici, lirici e poetici. La coreografia alterna momenti di leggerezza con forza, emozionando lo spettatore grazie agli allegri particolarmente brillanti e ritmici tra eleganza e ballon. Si ritrovano quei movimenti eseguiti in maniera particolarmente vivace e briosa, come i passi in élevation o gli entrechat, cabriole, assemblé e jeté. Ma anche una serie di passi consistenti in una serie di movimenti lenti e aggraziati, eseguiti con apparente e solida facilità, alternando sul palco semplicità e complessità. Questi elementi tecnici si ritrovano nella Fille du pharaon particolarmente nella fase iniziale dei passi a due, nella quale la Zakharova, assistita da Sergueï Filin, esegue i movimenti lenti in élévation mentre lui svolge la funzione di lift favorendo la grazia nel prosieguo dei successivi passi. I numeri seguono la tradizione dell’Ottocento, Lacotte non cavalca l’evoluzione dei tempi, rifugge da ciò cui il pubblico si è abituato negli ultimi anni. Sa che sta affrontando un balletto romantico entrato nella Storia ed è ben calato in quel periodo, riservando un posto d’onore alla custodia dello stile, rimanendo aggrappato al purismo della disciplina accademica. Il suo lavoro è brillante, cavalca un’azione scenica centenaria senza attualizzarla, e questo gli rende onore. Le scenografie appaiono grandiose, trasmettono l’atmosfera e la magia dell’antico Egitto. I colori dell’allestimento ricordano quelli dorati delle sabbie del deserto. I costumi si rivelano di rifulgente bellezza, ben adattati al libretto.

Svetlana Zakharova – ai tempi della ripresa giovanissima prima ballerina del Bolshoi – dimostra già tutti i requisiti per interpretare la parte principale al meglio, con convinzione e senza alcuna apparente difficoltà. Tecnica, carisma, passi sicuri, massimo equilibrio. La sua bellezza esteriore è ben visibile anche nella danza così leggera, futtuante, che arriva a sfidare le leggi di gravità nei passi a due. Sergueï Filin (che in seguito divenne Direttore artistico del Bolshoi) appare esattamente come ci si aspetta da un danzatore tipico della tradizione legata alla scuola russa. Forza pura, portamento fiero. Il corpo di ballo è impeccabile, i passi sincronici mantengono alta l’abituale qualità standard del teatro moscovita. Da citare inoltre per abilità e vocazione i ballerini Maria Aleksandrova, Dimiifi Gudanov, Inna retrova, Cennadiy Yanin, Anna Tsygankova, Anastasia Goryatcheva, Denis Medvedev, Yan Godovsky, Vlauimir Moiseev, Anastasia Yatsenko, Ekaterina Shilupina, Elena Andrienko: la complicata coreografia conviene solo ai migliori interpreti.

La fille du pharaon è un esemplare balletto in tutte le direzioni, dovrebbe essere eseguito non solo a pieno titolo nel repertorio della grande danza russa, ma anche da tutte le compagnie internazionali. Il libretto di Jules-Henri Vernoy de Saint-Georges – tratto dal romanzo Le Roman de la Momie di Théophile Gautier – narra di Lord Wilson, un affascinante giovane lord britannico che si trova in viaggio in compagnia del suo servitore, John Bull. Di fronte a una piramide, i due incontrano una carovana di mercanti arabi che li invitano ad accomodarsi nella loro tenda. Inaspettatamente si scatena una spaventosa tempesta e i viaggiatori con i mercanti sono costretti a trovare riparo all’interno di una piramide, dove riposa Aspicia, la figlia di uno dei faraoni più influenti d’Egitto. I viaggiatori per ingannare il tempo iniziano a fumare oppio, e la piramide si anima di strani fenomeni con le mummie che sembrano ridestarsi da un sonno eterno. Lord Wilson viene trasportato come per magia nel passato, dove si trasforma in Ta-Hor, un egiziano follemente innamorato di Aspicia, che a sua volta è promessa sposa di Re Nubian. Fuggono insieme e il Re si mette al loro inseguimento. Si fermano nella locanda di un pescatore per nascondersi e i pescatori del luogo chiedono loro se vogliono unirsi a una battuta di pesca. Aspicia decide di fermarsi. Nel frattempo il Re Nubian si ferma alla locanda per riposarsi e scopre Aspicia, la quale si getta nelle acque del Nilo per scappare alla cattura. Presso la sorgente del fiume, lo Spirito del Nilo chiama a raccolta i fiumi del mondo affinché danzino per Aspicia, poi le ordina di rimanere. Quando Aspicia sente questa intimazione, chiede che le venga realizzato un desiderio: riportarla a terra. Nel frattempo il pescatore e Ta-Hor tornano sulla terraferma, il Re Nubian imprigiona Ta-Hor e lo riporta al palazzo del faraone per punirlo del rapimento della principessa. Quando Aspicia torna a terra, il pescatore la riporta al palazzo. Arriva in tempo per sentire la condanna a morte di Ta-Hor tramite il morso di un cobra. Allora spiega che se Ta-Hor morisse, anch’ella morirebbe e si protende per farsi mordere dal serpente. Il Faraone la spinge indietro e garantisce il permesso di sposare Ta-Hor. Il Re Nubian abbandona la scena in preda all’ira minacciando una tremenda vendetta. Iniziano le celebrazioni ma quando la festa raggiunge il culmine, l’effetto dell’oppio finisce e Ta-Hor si ritrova nei suoi panni di aristocratico inglese. Nel lasciare la piramide guarda la tomba di Aspicia e ricorda l’amore che hanno condiviso e che ancora idealmente condividono. La musica è dell’italiano Cesare Pugni [Cesare Pugni, un compositore italiano alla corte degli Zar], il quale nella sua carriera artistica scrisse circa trecento spartiti di balletto, un record da guinness dei primati. In precedenza aveva già scritto con successo una partitura a favore di Petipa, esattamente per il balletto Le Dahlia bleu. Nel caso della Fille du pharaon, Petipa e Pugni ebbero disaccordi e vedute differenti così da spingere Petipa a coreografare senza musica, per poi essere inserita in un secondo tempo. La partitura finale fu il risultato di numerosi balli per una durata di circa quattro ore di spettacolo, con diversi stili e tecniche ed un numero smisurato di artisti in palcoscenico (si parla di oltre quattrocento persone). Pierre Lacotte (qui anche nelle vesti di regista, scenografo e costumista) ha apportato alla musica revisioni, tagli e modifiche e infine ha presentato la sua versione al Bolshoi su una partitura coerente che conserva il sentore e lo spirito dell’originale, con l’Orchestra del Teatro Bolshoi diretta dal Maestro Alexander Sotnikov.

Per quanto riguarda il dvd si segnala qualche sbavatura legata alle riprese talvolta troppo ravvicinate ed inscatolate, le quali tolgono l’incanto teatrale. In conclusione La fille du pharaon firmata da Lacotte è un sofisticato dentello francese, con una coscienza russa. Tale fusione appare l’autentico fondamento che dona origine a un capolavoro storico della coreografia, da far riscoprire ai più.