L’Ape musicale

rivista di musica, arti, cultura

 

Edonismo tecnocratico

di Giuseppe Guggino

Richard Strauss

Der Rosenkavalier

Stoyanova, Groissböck, Koch, Erdmann, Eröd

Salzburg Festspiele und Theater Kinderchor, Kon

direttore Franz Welser-Möst

regia Harry Kupfer

scene Hans Schavernoch

costumi Yan Tax

luci Jürgen Hoffmann

Salzburgh, Großes Festspielhaus, 8-14 agosto 2014

2DVD Major – Unitel Classica 2015

leggi anche la recensione della recita: Salisburgo, Der Rosenkavalier, 20/08/2014

Passa alla documentazione in dvd il tributo del Festival di Salisburgo a Richard Strauss in occasione del 150° anniversario della nascita; e per l’occasione celebrativa la scelta non poteva che cadere sull’opera di estremo omaggio ai riti ormai fuori dal tempo dell’impero austriaco poco prima di quella guerra che l’avrebbe politicamente distrutto, prima ancora che culturalmente circoscritto: opera che – non a caso – è la più rappresentata in assoluto al festival salisburghese.

Omaggio emblema dei giorni nostri è questo live che documenta anche gli orientamenti e le varietà di indirizzi della contemporaneità. Nella contemporaneità innanzi tutto c’è qualche cantante che suole rifarsi all’orizzonte del belcanto e, di conseguenza, canta magnificamente: è il caso di Krassimira Stoyanova che non potrebbe disegnare una Marescialla più perfetta di quella che qui consegna ed è un piacere che, talvolta, artisti di tale calibro siano scritturati dai grandi festival sempre più in preda a incomprensibili logiche star-system. Dopo un primo atto in ascesa, anche il Barone Ochs di Günther Groissböck viaggia sullo stesso livello della collega bulgara, riuscendogli perfettamente la fusione tra gestione dell’estensione della parte, emissione sempre controllata e mai caricata (un Ochs signore, una volta ogni tanto!) e bella presenza scenica. Ma, eccettuato il Faninal di Adrian Eröd abbastanza ben cantato, i segnali rassicuranti della nostra contemporaneità si esauriscono, giacché Mojca Erdmann è una vocina educata al centro con serissimi problemi negli acuti (e però Sophie canta molte frasi legate in acuto) e Sophie Koch è uno di quei misteri insondabili dei nostri giorni, ormai divenuta – altrettanto inspiegabilmente – l’Octavian più assiduo sulle scene internazionali.

Anche il comparto “italiano” innestato nell’ambiente viennese funziona non al meglio per via di Wiebke Lehmkuhl e Rudolf Schasching nella coppia di intriganti e Stefan Pop come tenore italiano che tira via il suo intervento nel primo atto in maniera avventurosa. Lussuoso il rimanente parterre comprimariale così come lussuosissimi sono i complessi guidati da Franz Welser-Möst: gli si potrà rimproverare una scarsa fantasia, certamente, ma in epoca di cialtronaggio senza limiti né pudore, l’ancoraggio all’austerity tecnocratica è garanzia di sicurezza più motivo di lagnanza.

Altrettanto tecnicamente ineccepibile quanto algido è il lavoro di Harry Kupfer sulla scena, che sposta l’azione all’epoca di composizione dell’opera (idea che funziona abbastanza bene, sbarazzandoci della paccottiglia rococò), riempie la gigantesca e problematica scena del Großes Festspielhaus con fondali fotografici e un assoluto minimalismo nella scelta dell’attrezzeria, gestisce l’azione con grande eleganza, senza che però la commedia riesca a uscire dal pallido grigiore. Cosa che si augura possa avvenire nel passaggio dell’allestimento dalle austere terre di lingua allemanda al Paese di Bengodi, giacché si tratta di una di quelle sette produzioni recentemente acquistate dal Teatro Alla Scala con conseguente strascico di polemiche non del tutto ingiustificate; probabilmente non sarebbe fuori luogo ricordarsi del Paese di Bengodi anche quando si tratta di includere i sottotitoli in italiano in un dvd.


 

 

 
 
 

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