Don Quichotte chez la Duchesse

La follia dei Lumi

 di Roberta Pedrotti

Joseph Bodin de Boismortier

Don Quichotte chez la Duchesse

Santon Jeffery, Geslot, Labonnette, Ancely, Wattiez, Boudet, Barbier

Le Concert Spirituel

direttore Hervé Niquet

registi Corinne et Gilles Benizio

Opéra Royal du Château de Versailles, 2015

1 DVD Alpha-Classics 376014197116, 2016

Joseph Bodin de Boismortier: chi era costui? Non capita spesso di sentir parlare di questo singolare personaggio, poeta e musicista orgogliosamente autonomo, indifferente alla ricerca di protettori e mecenati nella Francia dei Lumi. Di famiglia borghese imprenditoriale, fra sartoria e dolciumi, rifiutò la routine delle attività familiari per una vita artistica e avventurosa che, dalla natìa Lorena, lo portò a brillare nei salotti parigini passando per la Catalogna.

Fra i fondatori dell'opéra-comique insieme con Charles Simon Favart, Boismortier (1689-1755) in realtà vanta un catalogo teatrale piuttosto esiguo, benché vivacissimo nel suo abbracciare senza rigore distinzioni forme pastorali alla moda, tragédie lyrique (una Daphné rimasta inedita), danza e commedia. Un esempio della libera creatività di Boismortier è senza dubbio il suo maggior successo teatrale: Don Quichotte chez la Duchesse, su libretto proprio di Favart, ispirato a un episodio della seconda parte del romanzo di Cervantez. L'incontro del Cavaliere della Mancha e del suo scudiero con una coppia di aristocratici entusiasti lettori delle loro avventure e le burle inscenate da questi ai loro danni nel palazzo consentono di moltiplicare i livelli dell'illusione scenica, in un gioco metateatrale che ammicca alle mode fantastiche ed esotiche con maghi, mostri e un finale “giapponese”.

Una splendida follia illuminista che lancia a briglia sciolta l'immaginazione e la comicità, sicché ogni ripresa moderna si pone il problema della resa di questo spirito effervescente. Hervé Niquet, direttore del Concert Spirituel, e Corinne & Gilles Benizio alias Shirley & Dino, attori e registi, per la loro produzione nel teatro della reggia di Versailles non sembrano aver dubbi e scatenano senza freni la loro fantasia in uno spettacolo dichiaratamente e programmaticamente folle.

L'invenzione si scatena in un prologo e in due intermezzi che ammiccano sia all'ambientazione iberica dell'opera sia alle esperienze catalane dell'autore, muovendosi con disinvoltura nell'attualità immanente: un pizzico di cabaret, interazione con il pubblico e il direttore, improvvisazioni su passi di flamenco e temi popolari (la Cucaracha, per esempio). Per il resto i numeri musicali e i quadri di Boismortier sono affidati alle cure di un ensemble storicamente informato, di cantanti frequentatori del barocco francese, di un direttore devoto all'epoca; la messa in scena non si propone di ricostruire rigorosamente un'iconografia e un macchinario settecenteschi, ma nella semplicità dei mezzi e degli effetti, nella bidimensionalità dei fondali e nella foggia dei costumi il riferimento è chiaramente all'epoca della composizione. Ma in una forma semplice, artigianale, con uno spirito giocoso che non ammette mezze misure, che porta a voli pindarici, associazioni ardite. Ci si diverte a mettere in scena un testo d'epoca, il divertissement è la stella polare di tutta la produzione, il direttore prende in giro se stesso, recita, suona, canta, interagisce con gli attori/registi mentre questi e gli interpreti svelano le scatole cinesi del metateatro lasciandosi andare in libertà alla tentazione di un passo di danza moderno (stile Pulp Fiction) o di una variazione che trasforma per un istante la prassi settecentesca nello scat jazzistico.

Aderisce allo spirito scanzonato dell'operazione anche un bel cast in cui il soprano Chantal Santon Jeffery fa valere un gusto squisitamente francese e una vaporosa disinvoltura nelle colorature della (fasulla) regina del Giappone; François-Nicolas Geslot mostra qualche segno d'usura vocale, ma l'allure di Don Quichotte è intatta e ben supportata da franco Sancho di Marc Labonnette e da un cast spigliato e preparato, molto ben assortito.

L'insegna della follia e del divertissement ben s'addice allo spirito libero e curioso di Boismortier, gli si addice un allegro moto perpetuo che, con passione, intrecci legami fra linguaggi cronologicamente lontani senza inseguire la chimera di chissà quale sperimentazione radicale o progetto intellettuale, se non dell'esuberante universalità di questo teatro, del puro piacere di viverlo. Da questo punto di vista, nell'indubbia, vulcanica complicità fra tutti gli interpreti e gli artefici, non si può dire che il progetto, volutamente sopra le righe, non sia riuscito. D'altra parte resta la curiosità di saggiare anche altre, più essenziali chiavi di lettura.

Un dvd per amanti del genere, sicuramente, anche perché, se i sottotitoli son disponibili in inglese (parlato e cantato) e francese (solo cantato) chi non abbia dimestichezza con la lingua di Voltaire certo perderà molto nella fruizione di questo repertorio in generale e di questo spettacolo in particolare.