Nella mente di Giovanna

 di Roberta Pedrotti

G. Verdi

Giovanna d'Arco

Netrebko, Meli, Alvarez, Beloselskiy, Mauro

direttore Riccardo Chailly

orchestra e coro del Teatro alla Scala di Milano

maestro del coro Bruno Casoni

Moshe Leiser e Patrice Caurier, regia

Milano, Teatro alla Scala, dicembre 2015

DVD Decca-Rai.com, 074 3967, 2018

Leggi la recensione dello spettacolo con lo stesso cast: Milano, Giovanna d'Arco, 21/12/2015

Eleggere un titolo (ingiustamente) negletto, crederci profondamente, puntare su una locandina ai massimi livelli mondiali, scavare nel profondo del testo, rivelarlo come un capolavoro. Ecco, in sintesi, il saggio progetto concretizzatosi nella memorabile inaugurazione scaligera del 2015 con Giovanna d'Arco. Alla prima mandata in diretta televisiva, purtroppo, Carlos Alvarez, titolare della parte di Giacomo, fu sostituito per indisposizione dal pur valido Devid Cecconi. Il successo fu pieno e ampiamente meritato, tuttavia era chiaro che la documentazione ufficiale dell'evento non potesse prescindere anche dalla presenza di Alvarez, anche a costo di difficoltà tecniche (tutto era predisposto per utilizzare principalmente le riprese del 7 dicembre). Chi, come la sottoscritta, ha avuto la fortuna di applaudire una delle repliche, lo sapeva bene.

Il baritono andaluso canta e fraseggia Giacomo come forse nessuno ha mai fatto, con un'eleganza, una finezza, una morbidezza, un'intelligenza che lasciano senza fiato, soprattutto nell'ultimo atto, con un duetto e un racconto della battaglia di rara incisività e poesia. Non è, però, solo questo: Alvarez è un attore eccellente e la sua presenza completa il quadro di uno spettacolo profondamente pensato, curato nel minimo dettaglio. La testimonianza video di una recita con il cast completo Netrebko-Meli-Alvarez restituisce tutta la bellezza e la profondità di una produzione che non esitiamo a definire epocale, una delle migliori inaugurazioni scaligere degli ultimi decenni, una pietra miliare imprescindibile nella moderna interpretazione verdiana e nella lettura di Giovanna d'Arco.

Con un ventaglio di colori e sfumature dinamiche di abbacinante ampiezza, dosato con gusto più che sapiente da un Riccardo Chailly in stato di grazia, ispirato come non mai, la partitura risplende nella sua raffinatezza troppe volte negata. Ecco i rapporti armonici sottili a delineare la psicologia di Giovanna e il suo relazionarsi con il mondo esterno, ecco la studiata ingenuità delle sue visioni, la musica dei demoni volgare perché tale deve essere, quella degli angeli chiesastica perché tale deve essere nell'immaginazione di un'adolescente turbata. Non si può non essere grati al concertatore milanese per la cura affettuosa, per la convinzione ben fondata con cui affronta questa partitura affermandone il fascino, le sfaccettature, le ambiguità, una teatralità sottile e attualissima. Tutto questo prende corpo in perfetta simbiosi con un allestimento formidabile firmato dal doppio genio di Moshe Leiser e Patrice Caurier, noti soprattutto per la loro vena brillante e qui straordinari nel sondare un dramma tutto concentrato nella psiche della protagonista.

Giovanna è una giovane repressa, il suo rapporto con il padre è complesso, ne patisce l'autorità al punto da maturare ossessioni religiose in cui cerca di sublimare le pulsioni erotiche causa d'insanabili sensi di colpa; si identifica nel mito di Giovanna d'Arco proiettando l'ultima fase della sua vita in un limbo sospeso fra realtà e visione, fra la sua camera e un labirinto mentale plasmato su un medioevo eroico e leggendario. Il risultato è semplicemente magnifico per l'intelllegibilità, per la capacità di lettura del testo verbale e musicale, per la soggiogante complessità, lucidità, chiarezza di visione. E per la prova superba di Anna Netrebko, che senza tregue, con una presenza pressoché continua sulla scena, non si risparmia come attrice – e la regia video ne mette in giusta luce anche la mimica facciale e il gioco di sguardi – assicurando alla scrittura verdiana una resa che non teme rivali per tenuta, estensione, facilità, fascino, autorevolezza, dominio dinamico. A chi crede che Giovanna d'Arco sia l'opera frettolosa e irruente di un Verdi non ancora maturo bisognerebbe solo mostrare cosa è capace di fare qui Anna Netrebko, rivelando finalmente un personaggio dalle inesauribili sfaccettature, un personaggio di carne e sangue, un esempio di scavo psicologico degno di tutta la grandezza verdiana. Ma se il mondo interiore di Giovanna prende vita con tanta potenza è anche grazie all'interazione perfetta con il Giacomo di Alvarez, che nel minimo gesto, anche solo in una scintilla dello sguardo, sa delimitare i piani della percezione, il rapporto del padre con il mondo interiore della figlia, con le sue visioni, la sua presenza in carne ed ossa o come proiezione mentale della stessa pulzella, che ha introiettato l'autorità paterna e ne fa parte angosciante e punitiva della sua illusione ossessiva. Nondimeno Francesco Meli canta splendidamente la parte di Carlo VII, che sembra scritta per lui e onora con mirabile chiarezza d'articolazione e accento, ma soprattutto non si limita all'aspetto vocale: vediamo esattamente la statua aurea dell'antico, mitico sovrano animarsi nei sogni di Giovanna, muovere passi stentati e conquistare man mano umanità, carnalità, personificando anche gli inconfessati desideri sensuali della pulzella, per poi tornare, infine, a essere la statua equestre che ne aveva colpito l'immaginazione. Ecco tre artisti, insomma, oltre che tre grandissimi cantanti.

Ogni elemento, con infallibile precisione, si colloca in perfetto rapporto con gli altri, lo spettacolo è un organismo impeccabile, intelligente e suggestivo, che non cessa di avvincere a ogni visione, tanta è la qualità musicale e teatrale. Perfino nella parte minima di Talbot abbiamo il lusso di Dmitry Beloselskiy, né cede nel confronto il Delil di Michele Mauro, per non parlare poi dei complessi scaligeri, orchestra e coro ai loro massimi livelli (che meraviglia ascoltare tutta la trivialità popolare dei demoni resa senza cedere minimamente a effetti di dubbio gusto).

Non sembra di esagerare affermando che si tratti di uno dei migliori video d'opera attualmente disponibili sul mercato, per importanza storica dell'interpretazione e per qualità di tutti gli interpreti. Un video che non dovrebbe mancare in casa di nessun appassionato.

E se un Beckmesser si stupisse di tanto entusiasmo e osservasse che la perfezione non è di questo mondo, lo accontentiamo. Un difetto, in effetti l'abbiamo trovato: nell'impaginare le dramatis personae nel libretto d'accompagnamento la protagonista è diventata figlia del Re e non del pastore di Domremy ("Giovanna, her daugther" figura dopo Carlo VII e non dopo Giacomo). Sì, un errore è stato commesso: un pizzico d'umana fallibilità nell'umanissima eccezionalità di uno spettacolo capolavoro.