L’Ape musicale

rivista di musica, arti, cultura

 

Hommage à Mozart

 di Stefano Ceccarelli

Fra tanto approfondimento otto-novecentesco, un intermezzo classico ci voleva: la musica di Wolfang Amadeus Mozart, poi, è tra i lasciti più raffinati di un uomo alla civiltà occidentale. Questo concerto monografico è diretto da Claus Peter Flor, che sostituisce in extremis Constantinos Carydis, impossibilitato per motivi di salute. Poco il pubblico in sala, che appare quasi sottotono. Peccato, giacché il programma è del massimo interesse: la Sinfonia n. 25 in sol minore K 183, la Sinfonia n. 39 in mi bemolle maggiore K 543 e le Vesperae solennes de Confessore in do maggiore per soli, coro e orchestra K 339. Si percepisce che le prove non sono state molte e che la sostituzione non ha giovato alla resa dei pezzi: Flor dirige dignitosamente, ma nulla più. Certamente il momento migliore sono le Vesperae, magnificate dall’immenso talento del coro dell’Accademia.

ROMA, 15 febbraio 2016 – A seguito dell’indisposizione di Constantinos Carydis, è Claus Peter Flor a impugnare la bacchetta per questo concerto monografico dedicato a Mozart, di cui si eseguono le Vesperae solennes de Confessore incastonate da due sinfonie. L’affluenza di pubblico è più tenue del solito: sarà per il cambio di direttore? Eppure Claus ha una blasonata carriera (fu assistente di R. Kubelik) e ha già diretto l’orchestra dell’Accademia a metà degli anni ’90. Vuoi per l’atmosfera o, probabilmente, anche per l’assenza di un congruo numero di prove con l’orchestra, il concerto non decolla in qualità se non nelle Vesperae e (parzialmente) nella K 543. Flor, dal gesto faticoso da seguire e interpretare, non brilla nella Sinfonia n. 25, una composizione dalle tinte caravaggesche – non certo il pane quotidiano di Mozart: i sussulti incipitari degli archi, nell’Allegro con brio, sono in tal senso eloquenti. Flor dirige tutto con grande attenzione al dato estetico, meno a quello contenutistico, al dato puramente intellettuale (come fece, tra gli altri, Böhm). La scura trama di dissonanze non è perfettamente calibrata, gli attacchi non sono ovunque precisi; la compagine dei legni non è sempre pulita. La direzione migliora, leggermente, nei movimenti centrali, l’Andante e l’insolito Minuetto, ma manca di mordente e volumetria nel IV movimento. Insomma, una conduzione che manca di carattere.

Flor appare, nell’esecuzione delle Vesperae solennes de Confessore, molto più a suo agio con uno stile festevole che ha nell’esaltazione della fede la sua unica ragion d’essere. Ogni sezione viene eseguita col giusto carattere, il suo proprio ethos: il coro dell’Accademia, poi, di abbacinante talento, prende il controllo della situazione e ci regala una magnifica, solenne, ieratica esecuzione. Buona la prestazione dei solisti dell’Accademia: Gabriella Martellacci, Carlo Putelli, Antonio Vincenzo Serra. Veramente brava il soprano Anna Maria Labin: con la sua voce dolcemente vibrata, chiara, ci regala un «Laudate Dominum» strepitoso, dove entra delicatamente, rimane calibrata in un volume sacralmente contenuto e – dopo l’ingresso del coro con un pianissimo di grande effetto – conclude sull’«Amen» con una messa di voce magnifica e un trillo cristallino. Gli applausi più sinceri del pubblico sgorgano proprio dopo le Vesperae.

Il secondo tempo è dedicato alla Sinfonia n. 39. Flor è certamente più convincente in questo noto capolavoro mozartiano. Qualcosa si perde nell’Adagio, dove in alcuni punti il direttore è troppo astenico, esangue, mentre l’Allegro è maggiormente sentito, soprattutto nella verticalità degli archi, dove appare una certa qual brillantezza. Flor migliora nell’Andante con moto: più attento ai volumi e ai colori, fa uscir bene le esposizioni dei temi (morbidissimi gli archi, come pure i legni) e respira ai momenti giusti – tra i migliori momenti della serata. Del Minuetto incanta soprattutto il trio: i due clarinetti, con i vapori dei legni e dell’orchestra, creano atmosfere di bucolica levità. Conclude bene nello zampillio orchestrale del finale: le pesantezze sentite in precedenza sembrano quasi svanite. Applausi cordiali suggellano la serata.


 

 

 
 
 

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