L'allievo e il maestro

 di Pietro Gandetto

 

La 71esima stagione sinfonica dei Pomeriggi Musicali al Dal Verme con il grande Louis Lortie nel doppio ruolo di pianista e direttore e Orazio Sciortino nella veste di direttore del suo Notturno a Fedora.

MILANO, 5 marzo 2016 - Un Pomeriggio Musicale con un repertorio da gran sera. Un piccolo cambiamento al programma di sala, in deroga al quale il concerto di Mozart per pianoforte e orchestra n. 22 viene anteposto al Notturo a Fedora di Orazio Sciortino; in chiusura, la Sinfonia Tragica n. 4 in do minore di Schubert. 

Un innocuo Mozart che vede Louis Lortie nella doppia veste di direttore e pianista. L’esecuzione non brilla per chiarezza tecnica e incisività espressiva. Forse complice anche il doppio contributo offerto dal pluristellato pianista franco-canadese, fatto sta che lo sdoppiamento delle due anime qui non giova né all’orchestra né al pianoforte, dove la granitica declinazione delle frasi mozartiane scivola via sbiadita.

Vero protagonista di questo concerto, il breve e lunare intermezzo Il Notturno a Fedora del giovane e già affermato compositore Orazio Sciortino, che qui dirige l’orchestra e, al pianoforte, lo stesso Lortie, suo insegnante, anni fa, a un masterclass a Imola.  Ispirato a Le città invisibili di Calvino, di questo lavoro vogliamo segnalare il forte impatto evocativo. Una musica addensante, che ripropone temi imperniati intorno alla nota Si, con una scrittura orchestrale intrisa di contrasti ritmici e conflitti tematici suggestivi. Una musica che richiama le tinte e il lessico dei Chichester di Bernstein, e, come Bernstein, canalizza l’attenzione su immagini ben definite. Ognuno ci vede quel che vuole. E per parte nostra, registriamo un’atmosfera lagunare che più che di città invisibile sa di città abbandonata, decadente, da romanzo noirCeteris paribus, una musica che vedremmo bene come ouverture di un’opera lirica.

Dopo l’intervallo, Lortie ritorna sul podio dell’orchestra, dirigendo la meravigliosa sinfonia n. 4 in do minore D 417 di Schubert. Non si capisce bene perché il 19 enne Schubert l’autografò Tragica, non essendo poi né così dolorosa, triste, o angosciosa. Anzi, l’Allegro del IV movimento offre una catarsi e un’apertura melodica a un mo(n)do maggiore, che sanno di eroico e di solenne più che di tragico. Inoltre, pur composta nel 1815, vi si scorgono anticipazioni di idee più da secondo demi-siècle, tanto che qualcuno vi ha visto motivi e spunti poi ripresi da Dvořák. Buono qui il contributo di Lortie, che, nonostante un gesto visivamente un po’ confusionario, ricava dall’orchestra colori, tempi e tinte degne di nota. Su tutti, ben riuscito il IV movimento, dove il talento lirico dell’autore e i giochi di “domanda e risposta” proposti da Schubert, vengono espressi con il giusto colore quasi colloquiale ed elegiaco.

Nella squisita cornice acustica del Teatro Dal Verme, un concerto di livello, stranamente accolto da una tiepida accoglienza da parte del pubblico.