L’Ape musicale

rivista di musica, arti, cultura

 

il prano Olivia Doray e il tenore Cyrille Dubois

Tra parole e canto

 di Francesco Bertini

Per la stagione del Palazzetto Bru Zane il Festival Benjamin Godard esplora il mondo dei salotti parigini

Venezia, 9 aprile, 2016 – La ricca stagione 2015-2016 del Palazzetto Bru Zane a Venezia si avvia alla conclusione con un festival interamente dedicato alla figura misconosciuta di Benjamin Godard.

L’autore, entrato al Conservatorio di Parigi all’età di dieci anni, fu considerato un fanciullo prodigio nell’arte violinistica. Tuttavia, già durante l’adolescenza, si diffuse in tutta Europa la fama del Godard compositore, abile soprattutto in ambito cameristico. Lo stile tradizionale, distante per gusto e personalità dal wagnerismo imperante, fu sempre stimolato dall’ammirazione per Beethoven, Mendelssohn, Schumann e la scuola francese. La sua intensa attività musicale, nei primi anni della Terza Repubblica, segnò l’ascesa dei salotti privati dove si incontravano i massimi esponenti della vita culturale e politica. In questi circoli borghesi Godard seppe esprimere tutta la propria versatilità: quartettista, pianista, violinista, autore di mélodies e gustoso arrangiatore per le più disparate occasioni.

Per apprezzare appieno le doti del compositore, la fondazione franco-veneziana apre questa rassegna con un concerto riservato al repertorio vocale: si apprezzano, nelle quasi due ore di musica, varie mélodies, estratti operistici e, a intervallare l’impegno dei solisti, un paio di brani pianistici. La serata propone, assieme a svariate arie, ben quattro duetti d’amore tratti dalla symphonie dramatique Le Tasse e dalle opere Les Guelfes, Pedro de Zalamea e Jocelyn.

La successione di titoli consente uno sguardo ampio sulla rilevanza di questo genere nella carriera di Godard. Dagli inizi, legati ai modelli francesi allora in voga, alla maturità, con una fusione stilistica più consapevole e attenta alle esigenze esecutive, l’operato dell’autore trova pieno riscatto nella valida interpretazione del soprano Olivia Doray e del tenore Cyrille Dubois. La prima vanta estensione ragguardevole, abbinata a buona duttilità e pastosità, il secondo, specie nella parte conclusiva della serata, palesa le possibilità di uno strumento in grado fraseggiare con gusto e risaltare le tinte richieste dal dettato musicale (esempio ne sia la resa della soffice Berceuse de Jocelyn “Cachés dans cet asile” da Jocelyn). Le loro qualità sono espresse al meglio nelle mélodies, dove si richiede una raffinatezza sorretta dalla saldezza tecnica. Dubois propone Le sentier, appassionato canto con spunti operistici, Je respire où tu palpites, che mette in evidenza l’attenzione alla parola dell’artista francese, Ninon, poetica sérénade ricolma di joie de vivre, e Amour fatal, dolorosa metafora dell’amore. Doray fa ascoltare Le petite ruisseau, spensierata ma venata di malinconia, Les Larmes, struggente pianto sottolineato da un accompagnamento un po’ manierato, e la delicata Viens.

L’ottima prova offerta dal pianista Tristan Raes, eccellente fraseggiatore e sensibile interprete, si apprezza non solo nella consapevole guida dei solisti ma anche nell’esecuzione degli insidiosi brani a lui affidati: il lisztiano Valse pour piano n°5 «chromatique» op.88 e il visionario Nocturne pour piano n°4.

A suggellare l’entusiasmo degli astanti è offerto il bis del duetto da Les Guelfes.


 

 

 
 
 

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