L’Ape musicale

rivista di musica, arti, cultura

 

Zubin Mehta e Krassimira Stoyanova

Tutto Strauss con Mehta alla Scala

 di Francesco Lora

Un programma monografico con Vier letzte Lieder, Till Eulenspiegels lustige Streiche e Also sprach Zarathustra illustra la passione straussiana di Mehta, in attesa del Ronsenkavalier che egli dirigerà tra breve a Milano e presentando nella Stoyanova la relativa Feldmarschallin.

MILANO, 14 maggio 2016 – Tra i vecchi leoni del podio con ampia versatilità di repertorio, Zubin Mehta è forse quello con la più solida specializzazione in Richard Strauss: non fa mai mancare il compositore amato nei propri progetti, lo affianca a Beethoven, Verdi, Čajkovskij e Puccini, si stacca dunque da chi, tutto dedito al tardo Romanticismo tedesco e al relativo primo Novecento, lo crederebbe contaminato se praticato in altra compagnia. Invitando Mehta per un concerto nella stagione sinfonica, e presumibilmente lasciandogli carta bianca, il Teatro alla Scala si è così procurato un programma favorito: una monografia straussiana con il ciclo dei Vier letzte Lieder e i poemi sinfonici Till Eulenspiegels lustige Streiche e Also sprach Zarathustra, composizioni che danno adito a differenti approcci interpretativi dello stesso autore; teatro colmo e lunghi applausi nella prima serata, 14 maggio, nonché nelle repliche dei due giorni successivi.

Pensando al futuro prossimo, gli orecchi si drizzano intorno ai Lieder: piace intenderli come un antipasto al Rosenkavalier che Mehta dirigerà, tra il 4 giugno e il 2 luglio alla Scala stessa, avendo sul palcoscenico la medesima primadonna che ora li intona. Krassimira Stoyanova non monta in cattedra per prodigio tecnico, ispirazione retorica e varietà espressiva: si presenta per il soprano lirico che è, viepiù ispessito nel corpo vocale, un poco indurito nel registro acuto, capace di cantare questo testamento artistico di Strauss con continuità e semplicità, rinunciando dopo poche battute a una sofisticazione di porgere che non le apparterrebbe; avremo con probabilità una Feldmarschallin non troppo impensierita dal passaggio alla generazione dei padri di famiglia. Quanto a Mehta, tiene sotto gli occhi la partitura solo nei Lieder, e soprattutto lì si conferma più direttore nel pieno dominio istantaneo dell’orchestra che concertatore foriero di richieste particolari e impensate in corso di prove; accompagna il canto con un alone asciutto e svelto, senza indugiare sulle frasi cruciali e senza riscuotere colori già concordati: il suo Strauss non conosce l’abbandono. Anche l’esecuzione dei Till Eulenspiegels lustige Streiche, del resto, trova il suo indirizzo interpretativo nella virtuosistica esibizione delle qualità dell’Orchestra del Teatro alla Scala, prima per via sottile di prima parte in prima parte, poi nella dialettica entro i contrasti esotici dell’organico massimo con Also sprach Zarathustra. E ci si inorgoglisce ad ascoltare come lo sfarzo di questa macchina sonora, premiata negli ultimi anni dall’ingresso di nuove e valenti leve, sempre meno abbia da invidiare alle orchestre mitteleuropee; e come sempre conservi, tuttavia, il canto molle e la calda pasta dell’eredità musicale italiana.

foto Brescia Amisano


 

 

 
 
 

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