Kristjan Järvi

Minimalismo e massimalismo

 di Anna Costalonga

Per gli ottant'anni di Steve Reich la MDR Orchester e il suo direttore stabile Kristjan Järvi  propongono un programma che alterna, sempre con ottimi risultati, opere del maestro del Minimalismo a partiture d'ampio respiro come il Quarto concerto per pianoforte e orchestra di Rachmaninov (solista Denis Kozhukhin) e la Quarta sinfonia di Schumann.

LIPSIA, 2 ottobre 2016 - Steve Reich due anni fa è stato composer in residence alla MDR ORchester e da questa collaborazione è nato il cd Duet, edito da Sony, con la prima assoluta delle versioni orchestrali di Daniel Variations & You Are (variations). Oggi la stessa orchestra ne celebra gli ottant'anni e in quest'occasione il direttore stabile Kristjan Järvi ha scelto di dirigere Variations for Winds Strings and Keyboard del 1979 e Duet per due violini e orchestra, quest’ultimo brano presente anche nel CD appena uscito.

In apertura di serata, abbiamo dunque Variations for Winds, Strings and Keyboard: siamo sommersi da una omogenea sonorità. L'orchestra riesce molto bene a calibrare volumi, a rimanere sempre in una costante ariosità, e grande è il lavoro dei fiati, che non cessano mai il loro cinguettio continuo per tutti i dieci minuti dell'opera. L'effetto di questa continua ripetizione è, come è noto, assimilabile a certi rituali orientali e, infatti, dal vivo ci si sente catapultati in un impercettibile mantra ipnotico. In tal senso la capacità dell'orchestra di rendere con tale omogeneità. levigatezza ed eleganza queste Variations è stata davvero sorprendente e bisogna renderne merito a Kristjan Järvi.

Dal 2012 direttore stabile della MDR Orchester, l'orchestra della radiotelevisione del Centro Germania (Mitteldeutscher Rundfunk), già successore di Jun Märkl e ancora prima di Fabio Luisi, Kristjan Järvi, fratello di Paavo Järvi e figlio di Neeme Järvi, fondatore della Baltic Symphonic Orchestra e dell’Absolut Ensemble, sta offrendo con l'orchestra della MDR un repertorio molto inusuale - oltre a quello più tradizionale e popolare già tipico di questa orchestra (ma di molte altre, pure) - concentrandosi per la maggior parte sulla contaminazione fra generi differenti e musica contemporanea da continenti diversi, con il risultato di creare così degli accostamenti impensati e suggestivi. Così come è avvenuto in questo caso, con l'accostamento del primo brano di Steve Reich al Quarto concerto di Rachmaninov interpretato dal giovane pianista russo Denis Kozhukhin.

Notevolissimo, ipervirtuoso come i suoi coetanei Danil Triifonov e Yulianna Avdeeva, ultimi epigoni di una scuola russa che non delude mai, il biondo pianista di Novgorod ci ha offerto una performance spettacolare. Certo il suo pianismo, oltre che straordinariamente virtuoso, è molto ritmico e percussivo, magari troppo energico, troppo irruento per alcuni: molti storceranno il naso forse, ma è indubbio che questo giovane sia un grandissimo talento , e poi, - perché no?  - l'irruenza in Rach ci sta, eccome. E, a proposito di irruenza, grande prova orchestrale anche in questo Quarto, in cui Järvi con efficacia notevole è riuscito a far interloquire l'assieme con il solista. Si rimane ancora una volta meravigliati per la potenza e bellezza del suono di quest'orchestra - che non ha nulla a che invidiare ad altre più famose europee - e, da quando Järvi ne è il direttore, anche dalla sua duttilità nell'affrontare repertori non tradizionali.

È davvero un piacere poter assistere a un capolavoro del repertorio pianistico suonato con una maestria simile e con tanto fuoco, sia da parte del solista sia di tutti i musicisti sul palco. Järvi non fa mai calare la tensione del discorso orchestrale, e così, al suon già all'orecchio piacevole e omogeneo fin dalle prime battute, via via si aggiunge una sempre maggiore presenza, nel secondo e soprattutto nel terzo movimento, in cui il complesso della MDR può esplodere in tutta la sua affascinante vitalità e ricchezza timbrica.

Dopo questo trionfale Quarto Concerto di Rachmaninov, Kozhukhin si esibisce in un bis di tutt'altro stampo, non virtuosistico, ma d'espressione: la classicissima Melodia dall'Orfeo di Gluck, nella trascrizione di Sgambati, alla quale ha saputo infondere mestizia e malinconia nella scelta di un tempo opportunamente rallentato, in un giusto ritorno alla sensibilità dopo tante esplosioni d'artificio.

In apertura della seconda parte del programma, ancora un brano di Steve Reich: Duet for Two Violins and String Orchestra, pezzo originariamente dedicato a Yehudi Menuhin e che qui ha visto duettare i due Kapellmeister dell’orchestra dell’MDR, Waltraut Wächter e Andreas Hauptmann. Lodevole la loro prova, come quella dell'orchestra, ancora una volta omogenea e ben calibrata nei volumi. In più, al dialogo dei due violini che si rincorrono a vicenda in continue variazion, pur rimanendo quasi...sullo stesso posto, Kristjan Järvi unisce una pulsazione orchestrale, come se fosse un battito dall’interno, una pulsazione intima che si avvicina in un crescendo quasi impercettibile fino a inglobare il duetto dei due solisti in un ultimo accordo finale.

Dal minimalismo si passa a un massimalismo, se si puó dir così: quello romantico della Quarta sinfonia di Robert Schumann.

Eccoci ritornati a un repertorio più consueto e legato alla storia musicale di Lipsia - proprio nella sala della Gewandhaus in cui questa sinfonia vide la sua première. Ancora una volta, nel farne splendere la vitalità, Järvi non lascia mai calare la tensione con una gestualità forse poco ortodossa, ma funzionale alla potenza e, in alcuni tratti, alla notevole intensità e drammaticità del discorso musicale. E davvero impressiona, fra i possibili esempi, la ripresa del primo tema nel primo movimento, per forza e compattezza. 

Siamo passati davvero da un minimalismo a un massimalismo - non tanto per il tipo di scrittura, quanto per la concezione dell’interpretazione; siamo passati cioè a un’interpretazione, se vogliamo, più romantica, soggettiva, di slancio; se vogliamo anche a una irruenza non più contenuta, a tratti anche strabordante e magari, per alcuni detrattori blasé o per gli ossessionati dalla filologia,  al limite della ineleganza, del frastuono o dell'errore storico! E, tuttavia, sempre vitalissima e generosa.

Kristjan Järvi è esattamente un direttore generoso, ma anche preciso, con una ben distinta personalità. Siamo lontani dalle algide figure direttoriali, modelli di bon-ton, di uno stile deromanticizzato, frenato, attento a non esagerare in “inutili sentimentalismi”, anzi, ne siamo proprio agli antipodi. Ma per fortuna! Paradossalmente, proprio questo “massimalismo” interpretativo riesce a dare il meglio nel repertorio “minimalista”- repertorio che, ancora più paradossalmente, difficilmente viene affrontatoda direttori appartenenti alla sopracitata tipologia interpretativa... “minimalista”.

Credo che un migliore augurio, così minimal-massimalista, di buon ottantesimo compleanno a Steve Reich non potesse davvero darsi.