Come la prima volta

 di Suzanne Daumann

Sembra di scoprire per la prima volta il Don Giovanni di Mozart in questa nuova produzione che lascia con il fiato sospeso: merito dei registi Patrice Caurier e Moshe Leiser, del direttore Mark Shanahan e di un agguerrito cast giovane.

NANTES, 6 marzo 2016 - Don Giovanni di Mozart, l'opera delle opere, tamente vista, ascoltata, messa in scena che si danno per scontati i personaggi e le loro storie , può ancora riservare delle sorprese.

La messa in scena ben ponderata da Patrice Caurier e Moshe Leiser, con le scene semplici ed efficaci di Christian Fenouillat, i costumi evocativi di Agostino Cavalca e le luci di Christophe Forey, fa vibrare nuovamente questo vecchio, vecchio dramma psicologico. La concertazione di Mark Shanahan, piena d'energia drammatica, sempre raffinata e delicata, è un puro piacere. I recitativi, siano essi secchi (un plauso a Hélène Peyrat al cembalo) o accompagnati, sono vero e proprio teatro musicale, impeccabile sotto ogni punto di vista. Esprimono tutta la forza del loro contenuto;  Nikolaus Harnoncourt ci ha appena lasciati, ed è di conforto vedere qui ben viva la sua eredità.

Una compagnia giovane e motivata si offre senza riserve. Don Giovanni, sovente un po' inafferrabile, è qui un giovane uomo alla ricerca di un'immediata gratificazione per colmare il suo vuoto interiore. Donne, droghe, poco importa, basta che intorno a lui ci sia stordimento. Il giovane baritono John Chest, già apprezzato in Die Tote Stadt di Korngold, interpreta con foga il libertino. Timbro chiaro e autorevole, possiede il carisma e la presenza per rendere credibile questo giovanotto, principe della notte del suo quartiere. Quartiere rappresentato dalla facciata azzura di un immobile moderno, con atrio, citofono, scale e ascensore, attraverso cui avverranno la maggior parte delle entrate e delle uscite. Una porta carrabile dà su un parcheggio dove si svolgerà la festa che chiude il primo atto. All'inizio, è qui che Leporello cammina avanti indietro borbottando, finché non capitombola Don Giovanni in mutande, gli abiti sotto braccio, e arriva Donna Anna, e quindi il Commendatore (Andrew Greenan), a dare inizio al dramma. Da questo momento, ci si dimentica di conoscere a memoria quest'opera, si segue lo sviluppo della trama col fiato sospeso. Ruben Drole, baritono dal caldo timbro di velluto nero, canta Leporello con sensibilità e dolcezza. I rapporti fra lui e Don Giovanni sono immediatamente molto fisici e un po' torbidi, e si vedrà che Leporello ama veramente il suo padrone: l'aria del Catalogo, dapprima indirizzata a Donna Elvira, prende poco a poco accenti dolorosi. Rinat Shahan, mezzosoprano, incarna Elvira e nella grande aria del secondo atto s'abbandona in maniera travolgente allo sconforto. Del tutto convincente anche la coppia Masetto/ Zerlina composta da Ross Ramgobin ed Élodie Kimmel.

La coppia Donna Anna/Don Ottavio, interpretata con cura encomiabile da Gabrielle Philiponet e Philippe Talbot, manca un po' di smalto, per quanto risultino toccanti nel loro dramma: di fronte all'omicidio del padre da parte di Don Giovanni, che forse in segreto non le dispiace proprio, Anna fatica a decidere di sposarsi con Ottavio. Nel coro finale – e non si sa se questo giunge come un anticlimax benevolo o inquietante dopo una discesa agli inferi assolutamente folgorante, in cui l'ultimo grido di Don Giovanni si muta in singhiozzo – il loro futuro sembra sembra proprio compromesso.

Il finale si svolge al cimitero: Giovanni che si fa una pera d'eroina, il Commendatore sorge dalla tomba, e tutto assume logicamente i contorni di una brutta allucinazione dovuta a un'overdose e, musicalmente sottolineata con un incalzare irresistibile, nous prend bien aux tripes. Sconvolgente spaccato della reale condizione umana, questo Don Giovanni merita assolutamente d'esser visto.

Prossime recite: giovedì 10 e sabato 12 marzo a Nantes, Théâtre Graslin, mercoledi 4, venerdi 6 e domenica 8 maggio a Angers, Grand Théâtre.

foto Jef Rabillon