Anita Hartig, Luca Pisaroni e Rachel Willis-Sørensen nelle Nozze di Figaro a New York

Andante mozartiano

 di Luis Gutierrez

Lezione di stile mozartiano da parte del direttore Fabio Luisi per una recita musicalmente difficile da scordare grazie alle prove di Luca Pisaroni, Anita Hartig, Rachel Willis-Sørensen e Isabel Leonard. Perplessità, invece, sulla messa in scena, e poco incisivo il Figaro di Mikhail Petrenko.

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NEW YORK, 16 marzo 2016 - Tutte le opere di Mozart, tutte, ruotano attorno a tre assi drammaturgici: il perdono, il triangolo amore-sesso-lussuria e il conflitto di classe, temi che ha egli stesso ha vissuto in diverse fasi della sua vita. E se in un'opera questi temi sono più evidenti, è nelle Nozze di Figaro, sicché qualora si ignori uno di essi nella messa in scena, essa risulterà carente, per essere gentili.

Beaumarchais scrisse Le Mariage de Figaro en 1781 come seguito a Le Barbier de Séville (1775). È molto facile intuire che il drammaturgo abbia steso le commedie esattamente nel tempo in cui sono ambientate, cioè nel ventennio che precede la Rivoluzione Francese. Dalle date di composizione, è plausibile supporre che Le Mariage si svolga sei anni dopo le nozze degli Almaviba, anni in cui possono essere avvenute molte cose, come la nascita di figli nessuno dei quali sopravvissuto, molte probabili infedeltà del Conte e un evidente raffreddamento dei sentimenti fra Rosina e "Lindoro". In Le Mariage appaiono due nuovi personaggi, Suzanne e Cherubin, e l'azione si sposta dallo spazio urbano di Siviglia a quello campagnolo del Castello di Aguasfrescas. Veniamo anche a sapere che il Conte d'Almaviva è il Gran Corregidor d'Andalusia, ossia il giudice supremo di una delle provincie più importanti del regno di Spagna.

Questa produzione delle Nozze di Figaro ha debuttato al Met due stagioni fa.

Il regista, Richard Eyre, ha deciso di mantenere l'azione a Siviglia, ma attualizzando l'azione qgli anni Trenta del Novecento, suppongo affinché il pubblico odierno comprenda meglio la morale, la filosofia e perfino la sociologia dell'opera. Questa non è una supposizione da poco, poiché gran parte del pubblico non ha chiara la differenza precisa fra il contesto sociale - per quel che riguarda quest'opera in particolare - del 1930 e del 1780. Un'altra parte del pubblico (me incluso) può, però, obbiettare che il potere del Gran Corregidor d'Andalusia prima della Rivoluzione Francese era incomparabilmente maggiore di quello di un giudice andaluso immediatamente prima o durante la guerra civile spagnola.

Capisco che molti registi cerchino l'attualizzazione nei loro allestimenti operistici per porsi in maniera personale di fronte a un tema drammatico specifico; credo che Don Giovanni sia attualizzabile senza perdere la sua essenza, e che abbia molto senso trasportare Così fan tutte ai giorni nostri. Alla base delle Nozze di Figaro, il potere assoluto dell'aristocrazia e il confronto sociale che ne scaturisce è molto più potente nel contesto appena precedente alla Rivoluzione Francese che attorno alla guerra civile spagnola. Conviene ricordare che prima di questo conflitto interno era la sinistra liberale a esercitare il potere in Spagna, sicché fu una reazione bigotta e retrograda a ribellarsi e vincere: una situazione totalmente opposta al momento in cui si collocano le commedie di Beaumarchais, i libretti di Da Ponte e le opere di Mozart. Michael Haneke, noto per le sue trasposizioni temporali nelle opere, ha affermato in occasione di un allestimento del Così, presentato con molto sueccesso in diversi teatri europei fra il 2014 e il 2015, che l'unica opera che non si possa né si debba attualizzare è Le nozze di Figaro, che il solo trasporla significa snaturarla.

Rob Howell ha disegnato scene e costumi. Il castello di Aguasfrescas è rappresentato da un'enorme struttura girevole con varie piattaforme che presentano i quattro ambienti in cui si svolge l'azione: l'appartamento di Figaro e Susanna, quello della Contessa, un enorme spazio che funziona, per così dire, come studio del conte, sala per la riconciliazione dei plebei e le nozze delle due coppie, e un giardino in cui non ci si preoccupa di dare un'illusione d'oscurità a circondare i personaggi, facendo sì che tutti gli incontri, gli scambi e le separazioni del Finale più bello della storia dell'opera si percepissero come fasulli. Le pareti sono adornate da gelosie che suggeriscono l'architettura moresca andalusa. Nello spettacolo alcuni punti rimangono irrisolti, talvolta insignificanti, ma a volte non trascurabili. Le stanze della Contessa sono chiuse ermeticamente all'uscita degli Almaviva per procurarsi gli attrezzi e aprire il guardarova in cui si trova Cherubino. Dopo che il paggio salta dalla finestra, questa rimane aperta, cosa di cui Almaviva non si accorge rientrando. O il regista ha dimenticato di farla chiudere, o, semplicemente, ha pensato che Almaviva fosse abbbastanza tonto da non accrogersene. Credo che una soluzione non richieda un computer di ultima generazione.

I costumi sono coerenti con l'epoca scelta e le luci di Paule Constable sono assai buone nei primi atti, ma non nel quarto, non suggerendo l'atmosfera notturna del giardino, per quanto l'illuminazione di questa scena sia oggettivamente difficile, doendo rendere l'azione visibile al pubblico dando, però, la suggestione dell'oscurità. Cherubino e Barbarina cnatano “Amanti costanti”, il che garantisce una buona interpretazione, benché dimostri una completa ignoranza della drammaturgia in un momento tanto cruciale come questo, in cui le fanciulle, non il paggio innamorato di tutte le donne dell'universo, ringraziano di non essere violentate dal potente.

Sir Richard ha patito la tendenza dei registi anglosassoni nel presentare un Don Basilio effemminato più che subdolo e spregevole e nello spostare l'aria della Contessa nel terzo atto, “Dove sono”, dalla collocazione originale in partitura dopo il sestetto a, invece, precederlo.

A mio parere, uno dei grandi peccati di chi realizza uno spettacolo d'opera è la volontà di divertire a tutti i costi l'illustre uditorio durante l'ouverture. Trattandosi di quella delle Nozze di Figaro, il peccato è mortale, e facendolo come è stato fatto qui mortale al quadrato. Vedere un'anticipazione della scenografia è irrilevante. Ho deciso che si dovesse ignorare ciò che avveniva sulla scena e nn me ne pento, ché l'esecuzione musicale è stata assai buona.

In questa occasione ho scoperto Anita Hartig, che ha cantato una Susanna d'antologia. Non parlerò della bellezza della sua voce e della sua intonazione perfetta, né tantomeno della sua impressionante levatura attoriale, che è molto più della bellezza delle gambe con cui seduce il conte: dirò solo che il momento culminante della serata è stata la sua aria del quarto atto, “Deh vieni non tardar, o gioia bella!”, cantata – per tradurre imperfettamente in parole quel che la musica esprime – facendo l'amore con il direttore Fabio Luisi in un'unità artistica che provocava brividi voluttuosi. Non posso che eslamare: che Susanna!

Isabel Leonard si è riconfermata il Cherubino dei giorni nostri. Quando intona “Voi che sapete”, quel meraviglioso sonetto dantesco che Da Ponte ha inserito nel secondo atto e nel quale Mozart dimistra cosa sia comporre per un organico minimo, mi sento di collocarla nel gruppo dei mezzosoprani di cui si parlerà con nostalgia e ammirazione in un futuro che mi auguro lontano. Come attrice è un adolescente con tutti i difetti e le virtù che può possedere un ragazzo di quattordici anni, specialmente se appartiene alle classi alte, come i paggi del XVIII secolo, cadetti aristocratici. Solo in un momento, durante il dialogo con la Contessa in abiti femminili – Oh Freud, una ragazza che canta un ruolo da ragazzo e che si deve camuffare da ragazza! – gli estrogeni reali vincevano la battaglia con il testosterone simulato, e per due o tre secondi ha cessato di essere il paggio sovreccitato per mostrarci il suo affascinante io femminile.

Rachel Willis-Sørensen ha parimenti cantato splendidamente la Contessa. Con molta sicurezza nei pezzi d'assieme, specialmente nel terzetto in cui sale al Do sovracuto è stata splendida e in “Canzonetta sull’aria” si è alternata con la Hartig componendo un biglietto indimenticabile. La sua interpretazione delle due arie è stata allo stesso modo d'ottima qualità.

Luca Pisaroni si è progressivamente impadronito del ruolo del conte. Ha bella voce, gran musicalità, presenza accattivante e maestrìa attoriale. È stato un Almaviva eccellente.

Come sappiamo, la perfezione non esiste e in questa occasione Mikhail Petrenko, Figaro, è stato l'anello debole della compagnia. Non posso dire che non abbia cantato bene o che la sua recitazione sia stata insufficiente, posso solo affermare che in nulla è parso il personaggio eponimo di quest'opera. Ciò è parso evidente sin dal primo duetto, in cui non solo è il tema di Susanna a dominare su quello di Figaro, ma è anche chiaro che la Hartig lo avrebbe dominato per tutta l'opera, come in effetti è avvenuto. Dopo giorni ricordo ancora vivamente le performance delle tre donne e di Pisaroni, mentre nell'uscire dal teatro già stavo scordando Petrenko.

Maurizio Muraro è uno dei grandi Bartolo di oggi ed è stato spettacolere in “La vendetta”. Suzanne Mentzer come Marcellina, Robert McPherson come Basilio, Paul Corona come Antonio, Scott Scully come Don Curzio e Ashley Emerson hanno contribuito a una recita che non dimenticherò facilmente.

Fabio Luis ha diretto una delle migliori esecuzioni musicali di quest'opera cui abbia assistito nella mia vita. Sono convinto che il modo in cui Luisi intende l'andante di Mozart sia incontrovertibile. La recita è stata trasmessa dal vivo, per cui dovrà esistere una registrazione che il Met dovrebbe mettere a disposizione dei direttori che siano interessati a sapere come staccare questo tempo nelle opere di Mozart.

In definitiva, nonostante la messa in scena, posso dire che dovrà passare molto tempo prima che possa sbiadirsi la memoria di questa serata.


Andante mozartiano

Lección de estilo mozartiano por el director Fabio Luisi en una función inolvidable por el musical, aun gracias a Luca Pisaroni, Anita Hartig, Rachel Willis-Sørensen y Isabel Leonard. Dudas, sin embargo, por la puesta de Richard Eyre y no muy incisivo Mikhail Petrenko como Figaro.

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NEW YORK, 16 marzo 2016 - Todas las óperas de Mozart, todas, se mueven alrededor de tres ejes dramatúrgicos: el perdón, el triángulo amor–sexo–lujuria y el conflicto de clases, temas que él vivió en diferentes etapas de su vida. Si en alguna de las óperas estos temas son más patentes, es en Le nozze di Figaro, así que si se ignora uno de ellos en su puesta en escena, ésta será deficiente, siendo piadosos al juzgarla.

Beaumarchais escribió Le Mariage de Figaro en 1781 como secuela a Le Barbier de Séville (1775). Es muy fácil intuir que el dramaturgo escribió las comedias en su realidad temporal, es decir durante la veintena de años que precedieron a la Revolución Francesa. Dadas las fechas de escritura de ambas comedias, es plausible pensar que Le Mariage se desarrolla seis años después de la boda de los Almaviva, años en los que pudieron suceder una infinidad de eventos tales como el nacimiento de algunos hijos, ninguno de ellos sobreviviente, muy posibles Infidelidades del conde y evidentes desamores entre Rosina y Lindoro. En Le Mariage aparecen dos nuevos personajes, Suzanne y Cherubin, y la acción se desplaza de la urbana Sevilla al campestre Castillo de Aguasfrescas. También sabemos que el conde de Almaviva es el Gran corregidor de Andalucía, es decir el juez supremo de una de las provincias más importantes y ricas del reino de España.

La producción actual de Le nozze di Figaro en el MET se estrenó hace dos temporadas.

El regista, Richard Eyre, decidió mantener la acción en Sevilla pero actualizando la acción a los 1930s, supongo para que el público de nuestros días entienda mejor la moral, filosofía y hasta sociología de la ópera. Esto es mucho suponer pues una gran parte del auditorio no dilucida la diferencia entre los 1930s y los 1780s en el contexto de esta ópera en particular. Otra parte del público (en la que me incluyo) puede objetar que el poder del Gran corregidor de Andalucía pre–Revolución Francesa era incomparablemente mayor que el de un juez andaluz inmediatamente antes o durante la guerra civil española.

Entiendo que muchos directores de escena quieran actualizar sus producciones de ópera para establecer una posición personal ante un tema dramático en particular; creo que Don Giovanni es actualizable sin perder la esencia de la ópera, y que Così fan tutte hace mucho sentido actualizándola a nuestros días. En el fondo de Le nozze di Figaro, el poder absoluto del aristócrata y la confrontación social que esto genera, son mucho más formidables en el contexto previo a la Revolución Francesa que en de antes o durante la guerra civil española. Habrá que recordar que antes de la guerra civil la izquierda liberal ejercía el poder en España, en tanto que la reacción mojigata y retrógrada fue la que se rebeló, y al final venció, lo que es una situación totalmente opuesta al momento en el que se llevaron a cabo las comedias de Beaumarchais, los libretos de Da Ponte y las óperas de Mozart. Michel Haneke conocido por sus disloques temporales de varias obras, afirmó durante su producción de Così, que se presentó con mucho éxito en varias casas europeas durante 2014 y 2015, que la única ópera que no puede, ni debe, actualizarse es Le nozze di Figaro, ya que el trasladarla en el tiempo la desnaturaliza.

Rob Howell diseñó escenografía y vestuario. El castillo de Aguasfrescas está representado por una enorme estructura giratoria de varias plataformas giratoria en la que se presentan cuatro ambientes en los que se desarrolla la obra: la habitación de Figaro y Susanna, la habitación de la condesa, un enorme espacio que funciona, es un decir, como despacho del conde, sala de reconciliación de los plebeyos y boda de las dos parejas, y un jardín en el que no se logra dar la apariencia de oscuridad que rodee a los personajes, haciendo que todos los encuentros y v desencuentros del Finale más bello de la historia de la ópera, se perciban absolutamente falsos. Las paredes están adornadas por celosías que sugieren la arquitectura morisca de Andalucía. La producción deja cabos sueltos, a veces insignificantes, pero a veces flagrantes. La habitación de la condesa queda cerrada herméticamente al salir los Almaviva por herramientas para abrir el vestidor donde se encuentra Cherubino. Después de que el paje salta por la ventana, ésta permanece abierta, lo que pasa desapercibido por Almaviva al regresar. O bien el director omitió hacer que se cerrara, o simplemente pensó que Almaviva es suficientemente tonto para no darse cuenta de ello. Creo que la solución técnica de esto no requiere de una computadora de alta velocidad.

El vestuario es coherente con el de los 1930’s y la iluminación de Paule Constable es muy buena en los tres primeros actos, pero mala en el cuarto pues no sugiere lo nocturnal del jardín aunque es cierto que la iluminación de este acto es muy difícil, pues debe dejar que el público vea a la acción, a la vez que sugiera la noche en el jardín. Cherubino y Barbarina cantaron “Amanti costanti”, lo que es garantía de una buena interpretación, aunque hace que se ignore por completo la dramaturgia en un momento tan crucial como éste, en el que las doncellas, no el paje enamorado de todas las mujeres del universo, agradecen no ser violadas por el poderoso.

Sir Richard adoleció de defectos de los directores anglosajones al presentar a un Basilio afeminado más que insidioso y despreciable y mover el aria de la condesa en el tercer acto, “Dove sono”, del orden original de la partitura en el que aparece después del sexteto, a precederlo.

En mi opinión, uno de los grandes pecados de los productores es divertir al respetable durante la obertura. Tratándose de la obertura de Le nozze di Figaro, el pecado es mortal, y haciéndolo con lo que presentó el director, el pecado fue mortal al cuadrado. Ver un tráiler de la escenografía es intrascendente. Decidí que debería ignorar lo que pasaba en el escenario, de lo que no me arrepiento pues la obertura estuvo muy bien interpretada.

Hoy descubrí a Anita Hartig, quien cantó una Susanna de antología. No hablaré de la belleza de su voz y su entonación perfecta, tampoco lo haré de su impresionante calidad actoral, es más tampoco de la belleza de las piernas con las que remata la seducción del conde, sólo digo que el momento culminante de la noche fue su aria del cuarto acto, “Deh vieni non tardar, o gioia bella!” que cantó –para expresar imperfectamente en palabras lo que la música transmite– haciendo el amor con el director Fabio Luisi al lograr una unión artística que me hizo estremecer por lo voluptuosa. No me queda más que exclamar ¡qué Susanna!

Isabel Leonard volvió a demostrar que es el Cherubino de nuestros días. Cuando cantó “Voi che sapete”, ese maravilloso soneto dantesco que Da Ponte intercaló en el segundo acto y con el que Mozart demuestra lo que es componer con una orquesta reducidísima, me hizo colocarla en el grupo de mezzosopranos de las que se hablará con añoranza y admiración en un futuro que espero esté muy lejano. Actoralmente es un adolescente con todos los defectos y virtudes que puede tener un joven a los 14 años, especialmente si pertenece a las clases altas, como pertenecían los pajes en el siglo XVIII pues eran cadetes de la aristocracia. Sólo en un momento, durante el diálogo con la condesa ya vestido como chica –¡Oh Freud, una chica que hace un papel de chico y que se disfraza como chica!– los estrógenos reales ganaron la batalla a la testosterona actuada, y dejo por dos o tres segundos de ser el paje cachondo para mostrarnos su hermoso yo femenino.

Rachel Willis-Sørensen también cantó espléndidamente a la condesa. Con mucha seguridad en los números de conjunto, especialmente en el terceto en el que su ascensión al Do sobreagudo fue espléndida y en “Canzonetta sull’aria” alternó frases con Hartig dando por resultado una carta inolvidable. Su interpretación de las arias del personaje fue también de muy buena calidad.

Luca Pisaroni se ha convertido poco a poco en el dueño del papel del conde. Tiene una hermosa voz, gran musicalidad, presencia atractiva y maestría actoral. Fue un Almaviva excelente.

Como sabemos, no existe la perfección y en esta ocasión Mikhail Petrenko como Figaro, fue el eslabón débil del reparto. No puedo decir que no haya cantado bien o que su actuación haya sido deficiente, sólo puedo afirmar que nunca llegó a ser el personaje epónimo de esta ópera. Esto se hizo patente desde el primer dueto, en el que no sólo es el tema de Susanna el que domina al de Figaro, sino fue claro que la Hartig lo dominaría a lo largo de toda la ópera como en efecto sucedió. Aún hoy recuerdo vívidamente el desempeño de las tres mujeres y el Pisaroni, en tanto que al salir del teatro ya no recordaba el de Petrenko.

Maurizio Muraro es uno de los grandes Bartolos del momento y logró cantar “La vendetta” espectacularmente. Sussane Mentzer como Marcellina, Robert McPherson como Basilio, Paul Corona como Antonio, Scott Scully como Don Curzio y Ashley Emerson cooperaron a lograr una función que tardaré en olvidar.

Fabio Luisi dirigió musicalmente una de las mejores funciones de esta ópera que he visto en mi vida. Estoy convencido que la forma en que Luisi entiende el andante de Mozart es incontrovertible. La función se transmitió en vivo por lo que debe de existir una grabación que el MET debería compartir con aquellos directores de obras de Mozart que estén interesados en conocer cómo interpretar este tempo.

En resumen, pese a la puesta en escena, puedo decir que pasará mucho tiempo para que olvide esta función.