L’Ape musicale

rivista di musica, arti, cultura

 

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Jonas Kaufmann

Sachs and the City 

di Suzanne Daumann

Grande esecuzione musicale diretta da Kirill Petrenko con un cast d'alto profilo in cui splende la stella di Jonas Kaufmann, ma messa in scena poco convincente per i Meistersinger a Monaco di Baviera.

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Monaco di Baviera, 28 luglio 2016 - In questa produzione poco ispirata e poco ispirante, firmata David Bösch, la bella e nobile Norimberga è una cittadina in condizioni pietose: la scenografia del secondo atto consiste in immobili stile anni Settanta, tristi e banali, con le loro antenne paraboliche e un distributore di sigarette. Per il resto, ci si dovrà accontentare d'un complesso di ponteggi attorno a una specie di ring da boxe, decorato e illuminato in occasione della gara dei Maestri Cantori. L'assenza d'ispirazione in questo impianto riduce la vicenda alla sua drammaturgia basilare: un giovane maschio alfa arriva nella banda, il vecchio maschio alfa riconosce all'istante le sue qualità e lo prende sotto la sua ala. Il vecchio maschio beta non comprende nulla di quel che avviene e sarà ben ridicolizzato. Il giovane maschio alfa sposa la giovane femmina alfa, vivono felici e hanno molti bambini… Il secondo soggetto, l'eterna diatriba sulla correlazione fra sapere artigianale e talento puro nelle arti, non è mai veramente affrontato. Tenuto conto dell'ambientazione insipida, si può supporre che il regista si identifichi principalmente con Walther von Stoltzing, il nuovo arrivato spensierato e telentuoso. Ma ecco la differenza: Stoltzing è ispirato dalle belle cose che Wagner scrive per lui...

La casa di Hans Sachs è un laboratorio ambulante, in un furgone da street-food. Piccolo, certo, ma ci si domanda: perché? E perché Sachs sarebbe un ubriacone? Di certo è divertente vedere la giovane Stoltzing ingozzarsi con il suo cappuccini dopo la fuga fallita, ma a quale scopo? Sachs è l'incarnazione stessa dell'integrità e dell'onestà; ha sufficiente discernimento e autocontrollo per incoraggiare Walther e rinunciare a Evchen. È lui a orchestrare il tutto, è lui il maestro artigiano per eccellenza - come potrebbe essere un alcolista?

I Maestri Cantori sono noiosi come ciò che li circonda, vestono da tempo abiti obsoleti grigi e marroni: sembrano aggrapparsi a un passato lontano, e, quando il futuro arriva, non lo vedono di buon occhio. Ciò, almeno, è coerente con il senso dalla vicenda.

Fortunatamente, Kirill Petrenko e la Bayrische Staatsorchester, al pari di una compagnia di canto magnifica, fanno scintillare tutta la produzione, almeno sotto il profilo musicale. Con la sua abituale energia, Petrenko rivela e sottolinea molte bellezze nel dettaglio della partitura. Nemmeno loro possono compensare il languire del primo atto, né possono farlo le gag occasionali della messa in scena: in un'epoca in cui ciascuno si sente libero di tagliare impunemente anche le opere di Mozart ci si domanda se nessuno possa tagliare un po' di uesto primo atto.

Wolfgang Koch, voce baritonale calda e potente, è un meraviglioso Hans Sachs, che sottolinea tutta la gamma d'emozioni del suo personaggio, permette di comprenderlo e identificarsi in lui. Il baritono Martin Gantner è, a sua volta, meraviglioso nei panni di Sixtus Beckmesser, toccante, ridicolo ed esasperante ad un tempo; nell'abito dorato che porta per la gara dei cantori, è il solo elemento brillante dello spettacolo. Jonas Kaufmann è Walther von Stoltzing, il nuovo che avanza, pieno di talento e privo di rispetto, spensierato e un po' naif. Il concorso gli interessa solamente come mezzo per conquistare la mano di colei della quale già possiede il cuore. Kaufmann, che ha ben compiuto i suoi quarant'anni, sembra far parte di quei personaggi che non credono al passare degli anni e la cui giovinezza non finisce mai: ogni suo movimento sulla scena è impregnato di energia giovanile ed è totalmente credibile nel suo ruolo. Certo, ha la musica più bella dell'opera a disposizione e le rende giustizia: con il suo timbro particolare, caldo, forte, luminoso, con il suo pianissimo particolare, ogni suo intervento è una delizia. Attore formidabile, abbaglia e diverte nei suoi interventi. Sarah Jakubiak, voce morbida e leggera, in ogni movimento affascinante e naturale, è la sua Evchen. Okka von der Damerau è Magdalene, spigliata nella recitazione e nel canto. Il giovane tenore Benjamin Bruns impressiona e convince nella parte dell'apprendista David. Il quintetto del terzo atto, “Selig wie die Sonne”, quando tutte le voci meravigliosamente si riuniscono, è un momento di bellezza serena e sublime. Peccato, Veit Pogner ha così pochi interventi: ci sarebbe piaciuto ascoltare di più l'eleganza baritonale di Christoph Fischesser.

Una serata divertente, a conti fatti, ma niente che ci accompagni a lungo mentre rientriamo a casa; nessuna nuova idea sull'interiorità dei personaggi o le loro interazioni. In una parola: tutto spento.

foto Wilfried Hösl


 

 

 
 
 

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