ariodante di handel

La solitudine dell'innocenza

 di Giuliana dal Piaz

Giunge a Toronto Ariodante di Händel in coproduzione con Aix-en-Provence, Amsterdam e Chicago.

TORONTO, 22 ottobre 2016 - Seconda opera in cartellone, nella Stagione 2016-2017 della Canadian Opera Company, è Ariodante, opera seria in tre atti di Georg Friderich Händel, in coproduzione con il Festival di Aix-en-Provence, la De Nederladense Opera di Amsterdam e la Lyric Opera di Chicago. La regia è curata da Richard Jones, coadiuvato da Benjamin Davis, le scene e i costumi di Ultz, mentre l'ottima Orchestra della COC è ben guidata qui dal suo direttore stabile, Johannes Debus, e il coro dalla sempre magistrale Sandra Horst. Un ruolo particolarmente importante in questa produzione è quello della coreografa inglese Lucy Burge, che gestisce i movimenti di tutti i personaggi ma soprattutto del coro, i cui membri manovrano anche le marionette. Collabora poi per la prima volta con la Canadian Opera Company il direttore alle luci Mimi Jordan Sherin.

Eseguita per la prima volta al Covent Garden di Londra nel 1735, Ariodante rappresenta, con l'altra contemporanea opera seria Alcina, una svolta determinante nella produzione musicale di Händel, e prelude a quanto avverrà dopo di lui nel mondo del melodramma, con l'avvento di Gluck e di Mozart. Il libretto dell'opera è anonimo ma basato sulla Ginevra, principessa di Scozia di Antonio Salvi, a sua volta ispirata a un episodio minore dell'Orlando furioso: Ginevra (il soprano canadese Jane Archibald), figlia del Re di Scozia (il baritono norvegese Johannes Weisser), ama riamata - e con il pieno consenso paterno - il guerriero Ariodante (il mezzosoprano inglese Alice Coote), ma è insidiata dal malvagio Duca d'Albania, Polinesso (il mezzosoprano armeno Varduhi Abrahamyan), che aspira alla successione al trono scozzese grazie al matrimonio con la principessa. Approfittando dell'infatuazione che ha per lui Dalinda (il soprano canadese Ambur Braid), dama di compagnia di Ginevra, Polinesso fa credere ad Ariodante che la fidanzata non sia pura come tutti pensano, bensì la sua amante. Sul punto di uccidersi per la disperazione, Ariodante viene trattenuto dal fratello Lurcanio (il tenore canadese Owen McCausland), che lo incita piuttosto alla vendetta. Uno scudiero annuncia che Ariodante si è suicidato, gettandosi in mare. Lurcanio denuncia con un biglietto al re l'infedeltà di Ginevra, ne invoca la punizione e si dichiara pronto a sostenere la propria accusa con le armi. L'unico a farsi avanti per difendere la principessa nel Giudizio di Dio è proprio Polinesso, che spera così di conquistarne la mano e l'eredità. Nel duello, però, Lurcanio ferisce a morte Polinesso. Il re stesso sta per assumere la difesa di Ginevra quando Ariodante compare a rivendicarla per sé: non era morto nei flutti e ha appreso gli ultimi eventi da Dalinda, che gli ha confessato tutto. L'innocenza di Ginevra è confermata dalla duplice confessione della dama e di Polinesso morente. A questo punto, la pace torna nel reame e possono aver luogo le nozze, doppie, in quanto Dalinda ha deciso di accettare la corte di Lucarnio, precedentemente respinto per amore di Polinesso. 

Mentre il coro conclude gioiosamente il terz'atto, tuttavia, Ginevra ci propone un finale a sorpresa -l 'unico vero colpo di genio ibseniano di questa messa in scena- : invece di unirsi al giubilo generale, lei, della cui fedeltà e integrità tutti hanno dubitato, fa la valigia e si allontana alla chetichella. 

Gli intermezzi di danza che Händel aveva inserito (e successivamente eliminato) in Ariodante -  e che rappresentavano soprattutto i sogni prima gioiosi, poi spaventosi di Ginevra - sono qui sostituiti dalle pantomime delle marionette di Finn Caldwell e Nick Barnes, manovrate con grande naturalezza dai membri del coro.

Si opta per un'epoca moderna, l'azione è situata in un'imprecisata isola (parola che nei sottotitoli in inglese sostituisce quella del testo originale, "regno"). L'unico accenno alla Scozia ci viene dal kilt indossato dal personaggio del re/padre e dalla bandierina - croce di sant'andrea bianca su fondo azzurro - che appare fuggevolmente alla fine di ogni atto. È parsa apprezzabile l'idea di riunire i luoghi e i tempi dell'azione teatrale in un unico scenario, diviso in tre comparti: l'ingresso/cucina la cui porta dà all'esterno e al "dietro le quinte"; la sala del trono/sala riunioni/giardino; la camera da letto di Ginevra. Molto indovinato il dettaglio delle serrature metalliche che simulano l'apertura di porte a vetri. Nel comparto centrale, ovviamente, lo spazio è notevolmente ridotto, portando alla stilizzazione di numerose azioni sceniche e obbligando alla precisione millimetrica dei movimenti.

L'opera rappresenta una società medievale fortemente maschilista, in cui l'illibatezza femminile costituisce un valore assoluto la cui violazione è punibile con la morte e in cui si accetta il "giudizio di Dio" come prova di innocenza o collpevolezza. Lo spettacolo enfatizza questo aspetto mostrando le donne emarginate dalle funzioni religiose e dalla confidenza paritaria che gli uomini dimostrano al sacerdote. Risulta, però, inconguente la scelta di ambientare la vicenda in un'epoca relativamente recente in cui tali principî non sono certamente più in vigore. Inspiegabile anche la trasformazione di Polinesso in una sorta di prete calvinista che domina i suoi concittadini con prediche infiammate: questa soluzione toglie al suo complotto il motivo dell'aspirazione al trono e riduce la sua malvagità alla pura libidine.

Tale scelta è stata così giustificata dal critico canadese Stephan Bonfield: «Händel fu obbligato dalle richieste di pubblico e librettisti a trovare nuove vie di espressione musicale. Allo stesso modo, noi rispondiamo oggigiorno a tale evoluzione nella vita artistica del compositore con uno scenario che possa gettare una luce più appropriata sul dramma umano che Händel cercò di rappresentare in maniera innovativa con la sua musica. Noi spesso modernizziamo e aggiorniamo le opere perché in un certo senso vi siamo costretti, non per semplice desiderio di novità, ma perché lo stesso processo creativo interno del compositore richiede un'analoga risposta creativa da parte dei nostri registi e artisti». Da parte mia, continuo a pensare che questo discorso non si possa applicare alla musica e a considerare questo tipo di manipolazione delle grandi opere del passato come prodotto di arroganza e superficiale disprezzo per la storia. Lo è per opere in prosa come quelle shakespeariane, ma ancor più per quelle in cui l'elemento principale, che dovrebbe fungere da guida unica, è la musica.    

Detto ciò, per fortuna a riscattare ogni cosa è la proprio musica di Händel, che così bene sottolinea il dramma della solitudine, sofferta in un modo o nell'altro da tutti i personaggi.

Bravissima Jane Archibald nel ruolo di Ginevra; musicalmente bravo ma teatralmente poco convincente il mezzosoprano Alice Coote come Ariodante; bravissimo e pieno di humour il mezzosoprano Varduhi Abrahamyan.

Non mi ha convinto il soprano Ambur Braid, alla cui Dalinda manca continuità vocale e che teatralmente eccede tratteggiando una servetta incolore. Il baritono Johannes Weisser e il tenore Owen Macausland sono parsi vocalmente adeguati.

Un unico cast si fa carico di tutte le repliche: sette in totale, dalla prima del 16 ottobre al 4 novembre.