Nabucco a Firenze

Ardore e suggestione

 di Rossella Rossi

Ripreso a Firenze il suggestivo allestimento di Nabucco a cura di Leo Muscato. Come due anni fa, torna sul podio Renato Palumbo, che imprime alla partitura più irruenza che introspezione. Molto apprezzato il cast vocale.

FIRENZE, 20 dicembre 2016 - Opera della rinascita biografica ed artistica di Verdi, Nabucco ha i tratti febbrili e concitati che ricorreranno nella seguente produzione verdiana. Dopo soli due anni dalla sua ultima rappresentazione nel gennaio del 2014, il Teatro dell’Opera di Firenze lo ha riproposto martedì 20 dicembre per un totale di quattro recite pressoché esaurite già da giorni in ogni ordine di palchi e galleria.

Un bellissimo effetto visivo, vedere il teatro così affollato, segno di un profondo attaccamento alla tradizione del melodramma. E alla tradizione si è ispirata anche la regia di Leo Muscato, nata per Cagliari, insignita del premio Abbiati e già approdata a Firenze due anni fa, che si attiene in massima parte alla lettera del libretto senza osare traslazioni e sperimentalismi: il Nabucco di questa edizione fiorentina si svolge interamente in un tempio di Salomone evocato, nelle scene di Tiziano Santi, da mura altissime nelle quali si aprono squarci e fessure di luce chiave simbolica di una riconquistata libertà a portata di mano, quasi un’esortazione a non fermarsi davanti all’apparenza del limite. L'illuminazione, di Alessandro Verazzi, fa poi il resto, creando luci ed ombre, anfratti e superfici riflettenti che incorniciano le masse corali e i solisti rigorosamente trasportati indietro di 2500 anni. Raffinati panneggi e colori sabbiati, calzari di cuoio, divise militari a cura di Sivia Aymonino suggeriscono atmosfere da kolossal d’antan, ma i dettagli sono così accurati che lo spettatore finisce per crederci.

La direzione di Renato Palumbo è attenta alla definizione dell’agogica strumentale e del fraseggio, molto curati i soli: flauto, trombone, violoncello, quartetto d’archi che indicano già i tratti fondamentali della sensibilità verdiana per l'orchestrazione. Un po’ meno riuscite alcune parti d’insieme, dove si va quasi incontro a sonorità non sempre sorvegliate, in cui il concertatore sembra prediligere una visione irruente e incalzante, legata al contesto risorgimentale e a esuberanti radici rossiniane, decurtando però l’opera di una lettura più introspettiva e meditativa.

Di grande spessore l’intero cast vocale. Brillano l’Abigaille di Susanna Branchini, che ha vocalità granitica e possente negli acuti senza per questo venir meno alle doti di agilità che il ruolo richiede, e lo Zaccaria di Riccardo Zanellato, che ha un timbro verdiano, luminoso e duttile e che si misura abilmente tra accenti di mistica interiorità e la solennità della profezia. Ottima anche la prova di Dimitri Platanias che disegna un Nabucco severo e visionario dalla spiccata drammaticità, ieratico e commovente nella conversione finale. La coppia Ismaele-Fenena, Paolo Antognetti e Anna Malavasi, rappresenta in maniera convincente il coté amoroso dell’opera, mentre Elena Borin è una misurata Anna di contro alla modesta prova di Stefano Consolini (Abdallo).

Elogi per l’orchestra che esibisce un suono brunito e ben rispondente alle esigenze del palcoscenico e applausi a scena aperta anche per il coro sapientemente istruito da Lorenzo Fratini, questa volta più che mai spina dorsale di uno spettacolo ben congegnato che ha riscosso l’unanime plauso del pubblico.