L’Ape musicale

rivista di musica, arti, cultura

 

Il tempo dei sogni infranti

di Andrea R. G. Pedrotti

P. I. Čajkovskij

Evgenij Onegin

Netrebko, Kwiecien, Beczala, Volkova, Diadkova, Tanovitski, Graham-Hall

direttore Valery Gergiev regia Deborah Warner/ Fiona Shaw orchestra e coro della Metropolitan Opera House New York, 5 ottobre 2013

2DVD Deutsche Grammophon, 2014

0440 073 5114 72 2 DVD 0440 073 5115 4 Blu-ray

A breve distanza dalla messa in scena del Met, la Deutsche Grammophon mette in distribuzione la produzione inaugurale della stagione 2013/2014 del teatro statunitense, ovvero Evgenij Onegin di Čajkovskij.

Si è trattato di un allestimento di altissimo livello sotto ogni punto di vista. L'opera prende spunto dall'omonimo romanzo in versi di Alexandr Puškin, emblema tipico del romanticismo russo, che ebbe luce nel 1825, in un epoca in cui il sentimento, non solo l'amore, ma anche l'onore e l'orgoglio e i grandi ideali di costume dominavano. La regista Deborah Warner trasporta efficacemente la vicenda nella Russia imperiale della fine del diciannovesimo secolo; idea molto intelligente sia considerando che il compositore portò in scena la sua opera per la prima volta nel 1879, ultimando un lavoro principiato nel 1877, sia considerando le emozioni senza tempo che permeano l’intero capolavoro.

L'impatto visivo offre efficacemente l'umanità nonché, nella scena iniziale, il senso della normalità di una benestante famiglia della campagna russa. Fin dal principio la quotidianità, permeata dalla lietezza e dalla pace tipica degli ambienti rurali, delle due figlie della vedova Larina (qui interpretata da Elena Zaremba) - Tatiana, romantica, melanconica e riflessiva, e Olga, giovane allegra ed esuberante - viene scossa dal giungere dei giovani Evgenij Onegin e Vladimir Lenskij, anch'essi ben caratterizzati da Deborah Warner, che, nella regia, tende a sottolineare il puro amore incantato del tenore per Olga e l'atteggiamento di crudele scherno del baritono nei confronti di Tatiana. Sapiente il cambio di luci, atto a dare sia l’idea dell’imbrunire, sia la situazione morale cui doveva trovarsi Tatiana, dove Anna Netrebko, dopo la scena e il duetto con la vecchia balia Filipevna (qui ottimamente interpretata da Larissa Diadkova) si prodiga magistralmente nell’aria della lettera, esibendo una proprietà di fraseggio e di espressione che si sono potuti assai raramente apprezzare: la lunga veglia fatta di dubbi, ripensamenti e sofferenze è resa al meglio in tutte le sue parti. L’intensità del momento è sottolineata, inoltre, da un’ottima recitazione, mai eccessiva e d’impatto anche nei più piccoli movimenti. L’alba del nuovo giorno rappresenta il momento peggiore per Tatiana: Onegin, reso perfettamente da Mariusz Kwiecien, con un atteggiamento intriso di narcisistica sicumera, decide di umiliare la povera ragazza, col crudele scherno contrapposto al suo sincero sentimento, forte della convinzione di aver completamente assoggettato la giovane. La scena si chiude con Tatiana immobile, quasi pietrificata, a ricevere da Onegin uno sprezzante e disprezzante bacio d’addio.

Il secondo atto si apre con la grande festa, condita dal bel canto francese di Triquet, ben eseguito anche scenicamente da John Graham-Hall, presso l’abitazione dei Larin: danze e balli impreziosiscono un tipico salotto di fine Ottocento, consono alle possibilità di proprietari terrieri del tempo. I costumi non sono da gran gala, ma da ricevimento sobrio ed elegante al tempo stesso; qui si compie l’evento che cambierà definitivamente le sorti delle vite di tutti i protagonisti: Onegin, senza mai tradire la sua natura, invita alle danze Olga (un’appropriatissima Oksana Volkova), scatenando le ire del suo spasimante, Lenskij, il quale, in preda a una folle gelosia, in una scena dalla grandissima tensione drammatica, sfida a duello Onegin, rinnegando l’antica amicizia che li legava fin dall’infanzia. Ha inizio il vero dramma e la svolta delle esistenze dei personaggi, che non vivono più la fase della fanciullezza, vinta da orgoglio e istinto. Deborah Warner, con ottima lettura di tutti i caratteri e seguendo al meglio la musica di Čajkovskij, muta completamente l’atmosfera di questa festa, rendendo le luci più cupe e con un sapiente atteggiamento scenico di tutto il coro, incentra l’attenzione sullo scontro fra i due contendenti. L’evolversi degli eventi si compie nel rossore di un’alba cupa, dove Lenskij prima della disfida, che - sa - gli sarà fatale, accompagnato dal suo secondo Zaretskij (Richard Bernstein), si tormenta in pensieri d’amore e morte, offrendo al pubblico l’aria più bella e celebre di tutta l’opera, quel “Kuda, kuda!” che permette a Piotr Beczala di sfoggiare tutte le sue buone doti di tenore lirico; l’atmosfera non può che avvincere completamente chi assista a questo tragico momento. La scena brulla e la luce soffusa aiutano molto a comprendere il gelo emotivo della situazione, col suo apice nel colpo sparato da Onegin, il quale disperato vede morire per mano sua e fra le sue braccia il vecchio amico.

Passano gli anni e nel terzo atto ben si comprende come tutto sia mutato: i ricevimenti non sono più in intimi ambienti rurali, ma bensì in grandi saloni colonnati, con balli adatti all’alta società russa che li poneva in essere. Bellissima la polacca del corpo di ballo del Metropolitan, di estrema eleganza e raffinatezza i costumi. Onegin è abbandonato a se stesso, pensa agli anni passati, e annoiato beve avidamente bicchieri di champagne e lancia occhiate d’intesa, mostrando di essere maturato ben poco, nonostante gli ormai ventisei anni, alle dame presenti. Tutti gli elementi architettonici della scena fanno da stacco fra Tatiana e Onegin: lei lo scorge, ne è comprensibilmente turbata, ma, forte della estrema dignità che l’ha sempre caratterizzata, affronta la situazione con grande eleganza. Il principe Gremin (Alexei Tanovitski) è sposato da ormai due anni con l’ex ragazza di campagna, che la Netrebko rende in tutta la sua maturazione. Il turbamento nel rivedere la donna che un tempo l’aveva tanto amato, presentatagli dall’attuale consorte di lei, è sconvolgente per Onegin, il quale scorge nel suo sguardo la stessa Tatiana d’un tempo. Mariusz Kwiecien fa dell’arioso, già di per sé splendida pagina, un momento memorabile, in un’esplosione di dolore e sentimento. L’ultimo quadro è per Tatiana una vera e propria rivincita: ella si presenta elegantissima, cinta da uno splendido abito nero e un’elegante veletta sul viso, più risoluta che mai, all’incontro con Onegin. In questo attimo si coglie tutto il carisma e l’arte di una eccezionale cantante come Anna Netrebko e ben si comprende la ragione per cui la Metropolitan Opera House abbia deciso di concedersi l’onore di averla come protagonista di ben tre serate inaugurali consecutive e quali siano i meriti della sua sfolgorante carriera. Ora è Onegin a umiliarsi: la implora abbracciandole le ginocchia, ma lei, non con crudeltà, ma con grande orgoglio e senso del dovere, gli rende l’antico bacio di gioventù, abbandonandolo, pur amandolo ancora. Il protagonista dell’opera, artefice della sua rovina, si accascia a terra, macerato da dolore. Tutto la magnificenza di questo capolavoro non poteva esser meglio concertata da un direttore che non fosse Valery Gergiev: perfetto interprete della partitura, sa cogliere ogni suono, ogni sfumatura, ogni dinamica con perfetto stile. Ottima la prova del coro, diretto da Donald Palumbo. Il cast è completato da David Crawford, nel ruolo del Capitano. Per la parte visiva Deborah Warner si è avvalsa della collaborazione registica di Fiona Shaw; le bellissime, appropriate, efficaci e mai sovraccariche scene sono di Tom Pye, i bellissimi costumi di Choloe Obolensky (assistito da Luca Castigliolo), le luci di Jean Kalman. La coreografia, adeguata e ben eseguita, è di Kim Brandstrup. Il DVD è curato da Ian William Galloway e Finn Ross. L’ottima ripresa video è della recita del 5 ottobre 2013.


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