L’Ape musicale

rivista di musica, arti, cultura

 

carmen, veronica simeoni

La passione di Carmen

 di Luigi Raso

Direttore artistico e concertatore, Daniel Oren pone la sua firma appassionata per un'inaugurazione di stagione nel segno dell'ardente atmosfera andalusa, in cui spiccano le voci di Veronica Simeoni e Alida Berti.

SALERNO, 28 aprile 2017 - “Ci muove la Passione” recita lo slogan del Teatro Municipale Giuseppe Verdi di Salerno, ora “teatro di tradizione” che per inaugurare la stagione lirica e concertistica sceglie Carmen di Georges Bizet..

La passione che anima tutte le maestranze che lavorano nel per il teatro salernitano si concretizza in uno spettacolo interessante, assemblato con cura e dedizione e che riscuote un meritato successo e applausi prolungati.

La responsabilità musicale poggia sulle spalle di Daniel Oren, direttore artistico del teatro, ma soprattutto sua anima, il quale, in questi primi dieci anni di direzione artistica, ha portato a Salerno grandi nomi (solo per citarne alcuni: Juan Diego Florez, Leo Nucci, Diana Damrau, Markus Werba, Desirée Rancatore, Maria Guleghina, Celso Albelo, Jessica Pratt, nonché registi come Franco Zeffirelli o Gigi Proietti) che calcano abitualmente i palcoscenici internazionali più blasonati.

Il maestro israeliano per questa produzione opta per l’originaria versione dell’opera con i dialoghi parlati e infiamma l’orchestra sin dal prélude dell’atto primo, stemperandola poi nell’abbandono lirico dell’Entr’acte all’atto III, salvo poi far ritorno alle sonorità abbacinate dal sole andaluso dell’atto IV. Sempre perfetto l’equilibrio tra la buca e quanto accade sul palcoscenico: Oren sorregge le voci, stende un manto strumentale sul quale adagiarle; la sua orchestra respira con i cantanti senza mai sovrastarli e soccorrendoli, attraverso il sapiente dosaggio dei volumi sonori e dei rallentando, qualora fossero in difficoltà. Un’agògica improntata a una narrazione serrata, ma senza mai rinunciare a evidenziare le bellezze strumentali e gli squarci lirici di cui è intrisa la partitura, tiene sempre desta l’attenzione dello spettatore. 

I compositori francesi dipingono la musica e  Carmen è senza dubbio uno dei migliori dipinti musicali della musica d'Oltralpe: il direttore rende efficacemente i colori orchestrali, ben assecondato e coadiuvato dalla Filarmonica Salernitana “Giuseppe Verdi”, compagine duttile, solida e affidabile, in costante crescita in questi anni di “cura Oren”.

Il rôle-titre è affidato a Veronica Simeoni, dalla voce ben timbrata, omogenea nei registri. L’emissione e l’appoggio del fiato ben controllati consentono al mezzosoprano romano di delineare una Carmen mellifluamente e luciferinamente seducente, aliena dai declamati eccessi veristici che spesso fanno da contorno, alterandolo, a questo ruolo; una Habanera sottilmente insinuante, a tratti quasi sussurrata, anticipa una Seguidille carnale ma calamitosa per l’irretito Josè; di grande intensità la scena della predizione della morte dalle carte dell’atto III, così come il tragico duetto finale.

Alida Berti veste i panni di Micaëla: voce dal timbro tendente al brunito, intensa la sua dolente interpretazione dell’aria del atto III (“Je dis que rien ne m’épouvante”) così come il duetto iniziale con Don Josè.

Il reparto delle voci maschili non sembra attestarsi allo stesso livello di quello femminile. Il Don Josè di Francesco Pio Galasso sfoggia voce timbricamente interessante, con acuti squillanti, ma giunge alquanto affaticato al termine del terzo atto e all'epilogo estremo, probabilmente a causa della tendenza a forzare eccessivamente in alto. Anche la caratterizzazione del personaggio meriterebbe qualcosa in più, e il fraseggio appare ancora troppo poco variegato; bene, comunque, l’aria del fiore, cantata con intensità e ben smorzata nel finale.  

Discorso analogo per l’Escamillo di Giulio Boschetti: voce robusta, linea di canto troppo poco sfumata e raffinata, con emissione a tratti forzata e tendente abitualmente al forte, ma ugualmente d’effetto nell’unica aria che il ruolo gli concede. 

Buone le parti secondarie, tutte ben amalgamate nell’affresco complessivo dell’opera e nella visione d’insieme del direttore. Si distinguono lo Zuniga dell’esperto Carlo Striuli, il Dancaire di Fabio Previati, la Mercédés e la Frasquita di Antonella Carpenito e Francesca Micarelli.

Preciso e in sintonia con l’orchestra il coro diretto da Tiziana Carlini, così come quello di voci bianche affidato alle cure di Silvana Noschese.

La parte visiva dello spettacolo è firmata da Renzo Giacchieri, regista e curatore delle luci, mentre Giusi Giustino disegna i meravigliosi costumi in perfetto stile andaluso; le coreografie, particolarmente articolate e appropriate, sono di Edmondo Tucci; Jean- Baptiste Warluzel è l’artista video dello spettacolo.

All’alzarsi del sipario è subito Siviglia, humus naturale dell’opera: le palme sul Guadalquivir, una taberna sivigliana, il cielo stellato e un ventaglio sono gli sfondi dei quattro atti dell’opera davanti a quali si dipana la tragica vicenda e poi la mantilla, il sombrero, il ventaglio, Siviglia, Andalusia, inequivocabilmente Spagna mediterranea.

Il regista dilata il palcoscenico salernitano, facendo procedere il conturbante coro delle sigaraie del primo quadro (“Dans l’air, nous suivons des yeux la fumée”) su passerelle posizionate sulla buca orchestrale. Parimenti all’inizio del quarto atto, Escamillo, Carmen, i banderilleros e i picadores sfilano dall’accesso principale della platea, salutati dallo sventolìo di fazzoletti bianchi (distribuiti durante il secondo intervallo) da parte del pubblico della platea e dei palchi. 

Al termine dell’opera applausi prolungati e convinti per tutti gli artefici dello spettacolo e una vera ovazione per Daniel Oren a coronare l'ottimo debutto di una stagione che promette tante sorprese.

 


 

 

 
 
 

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