tosca a Toronto

Le campane di San Pietro

 di Giuliana Dal Piaz

Una convincente (nonostante più di un problema con la pronuncia italiana nel cast) edizione di Tosca chiude felicemente la stagione della Canadian Opera Company e segna il debutto locale per l'esperta bacchetta di Keri-Lynn Wilson, nativa di Winnipeg.

TORONTO, 30 aprile 2017 - Come scrive nelle sue note il regista Paul Curran, in Tosca “c’è poco con cui abbagliare e impressionare o dietro cui nascondersi: Puccini ci ha già dato quasi tutto, i personaggi, i rapporti tra loro e un verismo credibile...” e ancora: “i personaggi sono costruiti battuta per battuta, frase per frase e dialogo per dialogo”. Curioso, però, che nel definire compito del regista quello di aiutare gli interpreti ad approfondire le sottigliezze dei proprî personaggi, Curran si ponga un paio di domande sbagliate in partenza: come conciliare la profonda religiosità di Tosca con la storia di ricatto sessuale e delitto? Come mai il libero pensatore Cavaradossi dipinge un quadro religioso in una chiesa, e dice: “è una protesta intima? Ritrae la Maddalena come una bionda dagli occhi azzurri solo per deferenza alla Famiglia Attavanti che lo paga?” Sembra quindi non cogliere il fatto che la vera contraddizione di Tosca non sta tanto nel fingere di cedere al ricatto sessuale e poi uccidere il suo persecutore (sta difendendo la sua “virtù”, cosa che la Chiesa non condannerebbe), ma nella passione e libertà con cui vive il suo amore per Mario; e d’altro canto forse non ricorda che la Maddalena non è dipinta per la Cappella Attavanti e che sul “mestiere” quotidiano, né nell'opera né nel dramma di Sardou, sembrano influire convinzioni politiche o religiose. Pazienza: Curran e lo scenografo/costumista Knight ci danno una messa in scena molto tradizionale, ottenendo la giusta aderenza tra la partitura e l’azione a cui il pubblico assiste. A voler essere pignoli, solo qualche appunto scenografico su quell’onnipresente pavimento a scacchi bianchi e neri (che non esiste né a Sant’Andrea della Valle né a Palazzo Farnese, né – tanto meno – sugli spalti di Castel Sant’Angelo!) e, nel secondo atto, sulla decorazione dello studio di Scarpia, che non è nello stile Neoclassico dominante in Italia, o sull’abito di Tosca abbigliata esattamente come Giuseppina Beauharnais nella cerimonia dell’Incoronazione, mentre nel 1800 Napoleone è ancora Primo Console; e infine sulla dubbia ricostruzione del bastione di Castel Sant’Angelo nel terzo atto.

Ma questi sono dettagli irrilevanti. La Canadian Opera Company chiude in bellezza la sua stagione 2016-2017, con una buona edizione dell’opera pucciniana, una delle più rappresentate al mondo e tra le più amate dal pubblico.

A differenza di quanto a volte detto, Tosca non è un’opera storica, malgrado l’estrema puntualizzazione temporale (indica addirittura il giorno preciso, coincidente con la battaglia di Marengo) ma un dramma umano, in cui le piccole storie dei personaggi si sviluppano sullo sfondo di precisi accadimenti storici, processo che Dahlhaus definisce lo «spostamento delle motivazioni drammatiche da un ambiente socialmente determinato ad affetti ‘genericamente umani’». In questa stessa prospettiva, il motivo religioso non sembra più solo uno degli ingredienti gettati nel calderone del dramma di Victorien Sardou, ma diventa uno dei fili conduttori dell’opera, insieme con la sensualità e il potere. L’elemento religioso non rappresenta una particolare critica della gerarchia ecclesiastica forma invece parte integrante della definizione dei due caratteri principali, con da un lato l’egocentrico bigottismo di Tosca (in “Vissi d’arte”, lamenta la mancata ricompensa alle sue buone azioni), che tiene assolutamente separata la sua pur sincera religiosità dalla sensualità con cui vive il rapporto d’amore, e dall’altro il bigottismo di Scarpia, per il quale l’apparente religiosità è solo uno strumento di maggior controllo sugli altri, con punte apertamente sacrileghe nel monologo finale del primo atto, in quel drammatico ed efficacissimo “Va, Tosca!” che si intreccia alle note del Te Deum e all’ostinato delle campane. Quelle campane sulle quali Puccini si sarebbe minuziosamente documentato e che sono così importanti in tutta la vicenda, che marcano il passo del tempo, dall’Angelus del primo atto ai quattro rintocchi che segnano l’avvicinarsi dell’esecuzione di Cavaradossi. 

E lo scorrere veloce del tempo complica per l’appunto la già complessa partitura pucciniana – tutta la tragedia si svolge in sole diciotto ore – , punteggiata dai temi dei personaggi: in primis dal motivo di Scarpia che, ripetuto ben ventisette volte nel corso dell’opera, fa della sua figura quella intenzionalmente dominante; dal tema dell’amore che accompagna Tosca e Mario; dal tetracordo che si intreccia a momenti col tema di Scarpia. Per la prima volta sul podio della Canadian Opera Company – proprio con l'opera che aveva segnato il suo debutto pucciniano e che ha già diretto con grande successo anche a Torre del Lago – l'esperta Keri-Lynn Wilson dà di Tosca una bellissima concertazione profondamente sentita, fin dai primi, formidabili, accordi. E l’Orchestra l’ha assecondata con un’interpretazione drammatica di grande livello.

Decisamente buono il cast vocale, malgrado le imperfezioni di pronuncia che hanno reso difficile seguire il testo nell’italiano originale: a eccezione del Sacrestano (Donato Di Stefano, l'unico madrelingua), solo Cavaradossi vanta una dizione davvero corretta e chiara. Il tenore Marcelo Puente è buon attore, ha ottima presenza scenica e una voce di rango e forza giusti, ma il timbro non è particolarmente bello, con vibrazioni metalliche nelle note più alte. Bella voce calda e piena, invece, quella del soprano Adrianne Pieczonka, padrona della parte e della scena al punto da riuscire a non inciampare nell’inopportuno strascico di mantello e vestito nel secondo atto, e da risultare sempre convincente nei duetti passionali. Il basso-baritono tedesco Markus Marquardt non ha la forza vocale né la presenza scenica che ci si aspetterebbe dal Barone Scarpia ma, buon professionista, riesce in ogni caso a non sfigurare nella triade dei protagonisti. Musa Ngqungwana, il basso che interpreta Angelotti, mostra chiari difetti di pronuncia e qualche incertezza teatrale, mentre, a parte la dizione difettosa, gli altri comprimarî, Spoletta (Joel Sorensen,), il citato Sacrestano di Di Stefano, Sciarrone (Giles Tomkins) e il carceriere (Bruno Roy) sono vocalmente e teatralmente convincenti.

Foto di scena di Michael Cooper e Gary Beechey

Four Seasons Centre for the Performing Arts. Stagione 2016-17 della Canadian Opera Company, 30 aprile-20 maggio. TOSCA di Giacomo Puccini, libretto di Giuseppe Giacosa e Luigi Illica, dal dramma di Victorien Sardou La Tosca. Regia: Paul Curran. Direzione musicale: Keri-Lynn Wilson. Maestro del Coro: Sandra Horst. Scene e costumi: Kevin Knight. Direzione luci: David Martin Jacques. Orchestra e Coro della Canadian Opera Company.

Interpreti: Floria Tosca – Adrianne Pieczonka; Mario Cavaradossi, pittore – Marcelo Puente; Barone Scarpia, Capo della polizia di Roma – Markus Marquardt; il Sacrestano di Sant’Andrea della Valle – Donato Di Stefano; Cesare Angelotti, ex console della Repubblica Romana – Musa Ngqungwana; Spoletta, poliziotto – Joel Sorensen; Sciarrone, gendarme – Giles Tomkins; carceriere – Bruno Roy.