jonas kaufmann, maria agresta

Otello, l’uomo

di Valentina Anzani

Jonas Kaufmann debutta nel ruolo di Otello in una Royal Opera House gremita, nella nuova produzione di Keith Warner.

Londra, 21 giugno 2017 Chi è Otello? Un eroe, un innamorato, un assassino? A nessuna di queste categorie si può ascrivere l’Otello dell’attuale attesissima produzione alla Royal Opera House. L’allestimento ha suscitato impressioni contrastanti: accanto a un univoco successo per lo Iago di Marco Vratogna, a una direzione entusiasmante di Antonio Pappano e a qualche dissenso per la regia, è il personaggio eponimo debuttato da Jonas Kaufmann a essere decifrato con maggiore difficoltà. Sembra che, per Kaufmann, Otello sia prima di tutto un uomo: come tale è fatto di carne, ossa e sentimenti, impossibilitato a controllare le circostanze, ed è così che il tenore ha caratterizzato il suo debutto sul palco londinese. Il suo è un Otello intimo, ripiegato su sé stesso anche sotto il profilo vocale: attraversa la partitura senza mai impugnarla con risolutezza, ma piuttosto si rifugia nella cupezza del registro grave, in un rilucere brunito nell’acuto con fare introspettivo, se non addirittura trattenuto. È la voce di un Otello che non è presente a sé stesso, succube di un processo di distruzione che lo divora inesorabilmente dall’interno, gli piega le membra, gli distorce il bel volto: orfano delle proprie sicurezze, egli vaga tormentato e perseguitato da riflessi di sé in cui non si riconosce.

D’altronde Marco Vratogna (subentrato a tre settimane dalla prima all’annunciato Ludovic Tézier) è uno Iago rovinoso, vocalmente imperioso, e se a volte il timbro appare leggermente nasale, è funzionale alla delineazione acustica di un malvagio pieno d’invidia. Il vigore della sua forza centripeta non risparmia nessuno: è lui che simpossessa della scena, e da buon intrigante diabolico istiga Cassio – carismatico Fréderic Antoun –, malconsiglia Desdemona – una Maria Agresta elegiaca e commovente, applauditissima –, e infine muove i fili della coscienza di Otello, riducendolo a maschera e ombra.

L’allestimento scenico (Keith Warner) è costruito su calcolate suggestioni minimaliste, fondate sulla dicotomia tra buio e luce: le scene (Boris Kudlička) sono poco più che un palcoscenico vuoto che quinte mobili incorniciano come diaframmi, mentre gli abiti di foggia squisitamente elisabettiana (Kaspar Glarner) sono nei gradienti del grigio e del nero. Al contrario quello di Desdemona – e tutto ciò che come lei è legato a Venezia – è bianco e brillante, d’un bianco che però solo nel primo duetto con il neo sposo è illuminato di armonia e calore, ma che ben presto si rattrista: il graduale intetrarsi della luce (Bruno Poet) è parallelo all’inarrestabile sgretolarsi della fiducia di Otello in lei e in sé stesso, all’assottigliarsi della sua volontà, al disvelamento del suo essere fragile. Ed ecco la chiave di lettura di quest’Otello: Kaufmann, privandolo del temperamento indomito dell’eroe, non l’ha però privato di mordente. L’ha invece liberato da ideali d’integrità morale e stereotipi di eroismo che tenderebbero altrimenti a inibire una lettura psicologica approfondita del personaggio nelle sue inclinazioni più umane. È un Otello la cui debolezza è stata l’incapacità di affrontare le insicurezze che l’amare porta seco, non l’amare quello sì invece, autentico atto di coraggio.

Lo spettacolo sarà trasmesso nei cinema italiani in diretta via satellite mercoledì 28 giugno alle ore 20.15 (elenco sale su www.nexodigital.it).

foto Catherine Ashmore