L’Ape musicale

rivista di musica, arti, cultura

 

Oksana Dyka, Alessandro Corbelli

Un lucido fondo di lacca

 di Silvia Campana

La brulicante cartolina illustrata dell'allestimento di Zeffirelli non favorisce, anzi tende a soffocare, l'intimo dramma pucciniano, mentre Oksana Dyka, protagonista, delude esibendo mera forza vocale più che varietà espressiva e mobilità di fraseggio.

Verona, i video dal Festival Arena 2017

VERONA, 8 luglio 2017 - “Ma dal suo lucido fondo di lacca come con subito moto si stacca” canta Pinkerton nel I Atto di Madama Butterfly, descrivendo la sua novella sposa a un perplesso Sharpless e facendone intuire, attraverso un semplice ed apparentemente convenzionale verso, tutta la tormentata personalità.

Assai complessa e terribilmente inflazionata da una popolarità che negli anni si è spesso concentrata esclusivamente su ombrellini e occhi a mandorla, attraverso una genesi travagliata che ne tradisce la matrice prettamente teatrale, l'opera giunse, nella sua versione definitiva, ad abbinare alla ricchezza esotica della narrazione una forza emotiva di rara intensità che non può trovare vera definizione scenica se privata di un'esecuzione perfettamente coesa alla sua struttura drammaturgica.

La regia che Franco Zeffirelli creò per l'Arena di Verona nel 2004 (ripresa poi nel 2006, 2010 e 2014) cavalca l'aspetto più oleografico costruendo in mezzo al palcoscenico areniano una vera e propria collina, popolata da ogni sorta di personaggi, che si aprirà con l'entrata di Cio-Cio San rivelandone la casa.

L'aspetto vignettistico viene dunque a sovrapporsi prepotentemente a quello più intimo del dramma, soffocandolo in una selva di oggetti e variopinti quanto bellissimi costumi (Emi Wada). Non c'è posto in palcoscenico per il dolore dell'attesa né per la rigidità della solitudine, vera compagna di viaggio della protagonista, perché quel che cattura l'occhio e lo satura risulta essere tutto ciò che è fuori dal suo mondo (“noi siamo gente avvezza alle piccole cose”), dal quale la fanciulla cerca, attraverso Pinkerton, di fuggire.

Una visione, certo, spettacolare, ma che si riduce alla dimensione acquarellata e dai tratti fluidi, ma piatti, di certe stampe giapponesi, perdendo così definizione materica e contorno e questa popolarissima storia, per certi aspetti ancora attualissima, meriterebbe forse (anche in Arena) una chiave narrativa diversa, meno descrittiva e maggiormente empatica.

Il soprano Oksana Dyka possiede una vocalità particolare, la cui prima qualità non risulta essere la pastosità del timbro ma una certa asprezza nell'accento e monotonia espressiva che, per un personaggio come quello di Butterfly, non può e non deve essere condonata.

Non è, infatti, l'aspetto prettamente vocale a deludere - l'artista è precisa -  quanto quello teatrale, limite che viene fatalmente evidenziato soprattutto nel II e III Atto, dove prevale una mancanza di mobilità nel fraseggio a favore di una recitazione dominata da accenti forti e da una connotazione espressiva di stampo verista che poco ha da condividere con un personaggio che nell'infrangersi del suo personale “zoo di vetro” trova la sua tragedia

Marcello Giordani, impegnato nel ruolo di Pinkerton, univa alla sua consumata professionalità una qualità timbrica ancora ragguardevole per quanto, a tratti troppo 'stirata' in acuto e priva della consueta morbidezza e pastosità.

Bene sotto ogni profilo l'ottimo Alessandro Corbelli, impegnato nel ruolo di Sharpless che, sempre molto attento alla parola e all'azione scenica, donava una giusta caratterizzazione al ruolo, centrale per l'azione drammatica, del console, così come Silvia Beltrami che tratteggiava una Suzuki sostanzialmente corretta e vocalmente convincente.

Completavano il cast Francesco Pittari (Goro), Alice Marini (Kate), Nicolò Ceriani (Yamadori), Deyan Vatchkov (zio Bonzo), Marco Camastra (Commissario Imperiale), Dario Giorgelè (Ufficiale del registro), Tamta Tarieli (madre di Cio-Cio-San) e Marina Ogii (cugina di Cio-Cio-San).

Il maestro Jader Bignamini, dirigeva l'orchestra areniana con poca convinzione, con un risultato complessivo sostanzialmente monocorde e privo di una lettura omogenea e dinamicamente scolpita.

Ottimo il Coro della Fondazione diretto dal M° Vito Lombardi.

Arena non gremita ma pubblico soddisfatto per questa 'premiére' che speriamo, nel corso delle repliche, possa crescere in qualità ed espressività tanto vocale quanto scenica.

 

foto Ennevi


 

 

 
 
 

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