L’Ape musicale

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Otello a occhi chiusi

 di Luis Gutierrez

Alle mille mende della messa in scena compensa una buona resa musicale, la migliore da diverso tempo a questa parte, per l'Otello verdiano al Palacio de Bellas Artes.

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CITTA' del MESSICO, 7 novembre 2017 - Otello è, senza dubbio, un vertice della storia dell'opera. Allo stesso modo è, senza dubbio, fra le opere tratte da Shakespeare, quella capace di mantenere una potenza simile all'originale. Per questo ritengo che ogni regista che si rispetti dovrebbe prepararsi alla messa in scena studiando Othello a fondo, leggendo con gran cura il libretto di Arrigo Boito, la corrispondenza fra questi e Giuseppe Verdi, e, già è chiedere assai, studiare la partitura, foss'anche solo nella riduzione canto e piano.

A partire da Un ballo in maschera, Ricordi pubblicò opuscoli di Disposizioni sceniche come tracce da seguire per i teatri italiani che allestissero opere di Verdi in sua assenza. Il più dettagliato di tutti è quello dedicato a Otello. Se i registi leggessero questo documento capirebbero molto circa le ragioni del libretto e, soprattutto, della musica di questo capolavoro. Queste Disposizioni sceniche non sono coercitive, bensì una guida in cui Verdi inseriva tutte le innovazioni tecnologiche della sue epoca per trasmettere al pubblico le sue intenzioni e la sua concezione dell'opera. Sono certo che oggi un opuscolo con queste caratteristiche conterrebbe tutte le innovazioni tecniche degli ultimi centotrenta anni, così come molte delle interpretazioni dell'opera di Shakespeare. A mio parere la lettura di tale strumento non significa che ci si debba attenere rigorosamente a quanto descritto in esso, ma può essere di grande aiuto per definire i contorni della tragedia di Otello, Iago e Desdemona in forma libera e creativa, senza perdere di vista o contraddire le "intenzioni" dell'autore. Naturalmente, la collaborazione fra Verdi e Boito è stata molto intensa, tuttavia anche in questo caso non ho dubbi sul fatto che il compositore sia il drammaturgo. 

Perchè questa premessa, mi si chiederà? Risponderò che, da quel che si è visto sulla scena del Palacio de Bellas Artes, è chiaro che il regista, Luis Miguel Lombana, non abbia letto Othello, non abbia studiato il libretto di Boito né letto la partitura di Verdi, né, lo scommetterei mille a uno, si sia preso la briga di leggere la Disposizione scenica. Non mi si chieda che di citare due esempi: l'abito a amazzone di Desdemona nel duetto del primo atto implica che si trovasse sulla nave di Otello, altrimenti non credo che la tenuta da cavallerizza sia il più indicato per sedurre un generale vittorioso – qualcuno mi dirà che ci sono feticismi che non conosco – e se così fosse, che viaggiasse con lo sposo, non avrebbe senso che Iago persuadesse Otello del fatto che Desdemona, pur stando con lui, lo avesse tradito con Cassio, che stava a terra. Di questo son certo perché è lui che canta “Or la folgor lo svela... È la nave del Duce… Erge il rostro dall’onda.”; l'altro esempio riguarda uno dei momenti culminanti, forse l'apice, della tragedia nel finale del terzo atto, quando Iago esclama “Ecco il Leone!” – in questa produzione si trova all'estremità della scena, incosciente, vinto da una convulsione – ma l'alfiere è molto rispettoso dell'autorità del suo superiore e decide di andarsene dalla parte opposta, senza dimostrare la sua vittoria calpestando la testa del Moro. E sempre parlando del Moro, Don Luis Miguel decide di mostrarci un Otello bianco come gli abitanti della Lituania. Non è necessario che appaia come centrafricano, ma almeno scuro di carnagione. Se si è pensato che una allusione al colore della pelle si sarebbe potuta considerare razzista, si è fatto esattamente il contrario: evitare questa caratteristica fisica dell'eroe eponimo e razzista in senso stretto. Il regista, d'altra parte, non dimentica che Otello è saraceno nel mostrarlo mentre brandisce una scimitarra nel quarto atto.

Per concludere riguardo l'allestimento, incluse le scene e i costumi, rispettivamente di Adrián Martínez Frausto ed Estela Fagoaga, o la “coreografia dei combattimenti” a cura di José Carriedo e Américo del Río – durante lo scontro fra Cassio e Montano, altri otto soldati, alcuni con casacche azzurre come i moschettieri e altri rossi come le guardie di Richelieu, partecipano all'azione con le spade per divenire poi servi onnipresenti –, è un lavoro sterile il cui maggior merito è quello di non aver troppo disturbato. 

Otello non è un personaggio facile da interpretare perchè richiede una voce più espressiva che bella, gran resistenza e capacità di dominare completamente la dinamica. Dal suo ingresso, il più spettacolare della storia dell'opera, in cui con voce stentorea proclama “Esultate…” con tutta la forza possibile, fino all'epilogo in cui  “un altro bacio…” si deve cantare a mezzavoce e pp. Inoltre, deve essere un attore consumato, che all'inizio dell'opera torna vincitore del nemico e della natura e a poco a poco si tramuta in un relitto umano. Durante il quarto atto diviene una belva selvaggia capace di compiere un atto deplorevole assassinando chi ama e a sua volta lo ama. Oggi ho visto un Otello più violento del solito, non so se per sua iniziativa o su indicazione del regista, mantenendo questa violenza per tutta la durata dell'opera. Il tenore lituano Kristian Benedikt ha offerto una eccellente prova vocale. Probabilmente sarà ancor migliore quando presterà maggior cura al dominio della dinamica. 

Il baritono italiano Giuseppe Altomare è stato uno Iago malvagio e intelligente, più intelligente che malvagio. Come sappiamo la scrittura è più declamatoria di quella di Otello e forse più difficile dato l'impressionante quantità di colori richiesti. La sua dottrina, il “Credo”, è stata davvero impressionante, tanto che non è mancato chi ha interrotto con applausi il flusso musicale del secondo atto. La sua recitazione è stata ineccepibile.

Pur avendo avuto interpreti eccellenti per Otello e Iago, la stella della serata è stata la giovane russa Elena Stikhina, che ha incarnato una grandiosa Desdemona. Fin dal duetto del primo atto ha esibito una voce bella, potente e generosa molto adatta al ruolo. Negli atti centrali è cresciuta in drammaticità per culminare, infine, in una splendida Canzone del salice seguita dall'Ave Maria. Nondimeno impeccabile la recitazione nonostante le limitazioni imposte dalla regia. In aggionta a quanto già detto del primo atto, nella scena dell'umiliazione del terzo, Otello le dà un ceffone che, nonostante passi a quasi un metro dal suo volto, la scaglia a terra senza se e senza ma. Ecco un altro momento di cui Lombana non ha compreso l'importanza psicologica e drammatica, o si è ispirato al colpo fantasma con cui Cassius Clay ha fatto cadere Sonny Liston.

Le parti secondarie sono state ben eseguite, specialmente Cassio, interpretato da Andrés Carrillo, e Montano, cantato da Tomás Castellanos – un cattivo “È l’alato Leon” può rovinare una recita; Encarnación Vázquez come Emilia, Enrique Guzmán come Roderigo, Alejandro López come Lodovico e David Echeverría quale Araldo non hanno sfigurato.

Erano molti anni che non si rendeva atto di una bella prova dell'orchestra del Teatro de Bellas Artes; per fortuna in questo caso è stata eccellente. Gli ottoni e violoncelli nel primo atto sono stati spettacolari. Perché non è sempre così?

Il Coro del Teatro de Bellas Artes, questa volta preparato da Pablo Varela, dopo un inizio incerto nella tempesa è andato migliorando in “Fuoco di gioia!” ed è stato ottimo nel terzo atto. Durante la serenata del secondo anche le voci bianche del Grupo Coral Ágape, dirette da Carlos Alberto Vázquez, hanno convinto.

In conclusione, mi soffermo sul maestro concertatore, Srba Dinic, comcome sul vero eroe della serata, capace di trarre dall'orchestra, dai cori e dai solisti quella che è stata, a mio parere, la miglior resa musicale di cui abbia avuto esperienza al Palacio de Bellas Artes da parecchio tempo.

Applausi, infine, agli interpreti di questo Otello e contestazioni ai responsabili della messa in scena, che, contro la tradizione di salire dopo ogni recita al momento dei ringraziamenti, non lo ha fatto oggi; avranno avuto qualche motivo per deciderlo.  


 

 

 
 
 

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