Benvenuta Joyce, e a presto!

di José Noé Mercado

Joyce DiDonato si esibisce per la prima volta nella capitale messicana ed è un trionfo. La sua classe e la sua comunicativa conquistano il pubblico in un programma articolato e intelligente, fra Rossini, Mozart, Händel, Hasse, Obradors e Hahn.

CITTA' del MESSICO, 4 febbraio 2014 - Dopo il suo debutto messicano, il primo febbraio, nell'ambito del Festival Alfonso Ortiz Tirado, ad Álamos, Sonora, il celebre mezzosoprano statunitense Joyce DiDonato (Kansas, 1969) si è esibito il 4 dello stesso mese presso il Teatro del Palacio de Bellas Artes, con un recital nel quale musicalità, passione e raffinatezza intepretativa hanno regnato incontrastate.

Visibilmente soddisfatta per l'accoglienza tributatale dagli appassionati in Messico anche sul web, il mezzosoprano ha conquistato i presenti dal suo primo apparire sul palco per orffrie il ciclo delle Canciones clásicas españolas di Fernando Obradors, che se poteva far discutere per la dizione, ma ci ha deliziati e travolti già dalle prime note, con una voce tecnicamente purissima, chiara e precisa nell'emissione.

A partire da questi primi brani si è subito messo in luce l'accompagnamento al piano di David Zobel, che brillava per discrezione e ed eleganza, tanto quanto il carisma e la simpatia della DiDonato.

La cantante ha illustrato ogni sezione del programma, non senza grazia e una peronalità calorosa e comunicativa.

Il mezzosoprano ha espresso la medesima comunicativa, poi, in “Assisa a’ piè d’un salice” dall'Otello di Rossini, così come in “Voi che sapete” e “Deh vieni non tardar”, dalle Nozze di Figaro di Mozart, che sono stati il preludio del momento clou del recital: l'interpretazione di “Una voce poco fa” dal Barbiere di Siviglia rossiniano, in cui da un lirismo sfumato, intimo, è passata alla dimostrazione virtuosistica di una coloratura frizzante e vivace, con una splendente cadenza personale.

La bravura nelle agilità e nell'ornamentazione barocca, delineate con un'esattezza di primissimo ordine, seguiva dopo l'intervallo con “Morte col fiero aspetto” da Antonio e Cleopatra di Hasse e “Piangerò la sorte mia” da Giulio Cesare di Händel.

Il buon gusto di Joyce DiDonato sfolorava nuovamente, non solo nel canto, ma anche nell'organizzazione tematica e nello sviluppo del programma .

La serata, nella quale ha saputo commuovere il pubblico con la stessa naturalezza con cui lo ha mosso al riso con le sue chiacchiere, è giunta al termine con il ciclo di lieder Venezia del franco-terdesco-venezuelano Reynaldo Hahn.

Il concerto è stato coronato, dopo un emozionante “Happy Birthday” per il pianista David Zobel, al cui canto si è unito il pubblico incitato dalla stessa artista, dalla “Canción al árbol del olvido” dell'argentino Alberto Ginastera e dal rondò dalla Cenerentola di Rossini “Nacqui all’affanno… Non più mesta” che ha fatto esplodere di gioia parte del pubblico, come una bottiglia di champagne.

Un debutto straordinario per Joyce DiDonato. Splendente. Senza inutili smancerie. La cantante ha espresso il desiderio di tornare in altre occasioni. Ugualmente gli appassionati l'attendono con entusiasmo.