L’Ape musicale

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diana damrau, nicolas teste

Gli antichi splendori

 di Gustavo Gabriel Otero

Il recital di Diana Damrau, affiancata più che degnamente dal marito Nicolas Testé, riporta per una sera il Colón ai tempi in cui gli artisti internazionali erano di casa a Buenos Aires.

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BUENOS AIRES, 27 aprile 2017 - Il pubblico del Teatro Colón è avido di quegli artisti internazionali che fino a qualche anno fa erano di casa a Buenos Aires. Va da sé, dunque, la magnifica accoglienza riservata a questo concerto che ha segnato il debutto locale del soprano tedesco Diana Damrau insieme con il marito, il basso baritono Nicolás Testé.

Il recital era compreso nel ciclo, per lo più sinfonico, in abbonamento della Orquesta Filarmónica de Buenos Aires e la partecipazione dei professori è stata di livello adeguato, considerando che non si tratta di un organico avvezzo ad accompagnare cantanti. Sicuramente la bacchetta avvezza al repertorio lirico del maestro Mario Perusso è stata la chiave per questa soddisfacente prestazione. fue la clave de la muy solvente prestación musical.

La combinazione della voce sopranile con quella più grave maschile non è molto comune nei recital operistici. Si è optato, dunque, per diversi brani solistici e un solo duetto per concludere: quello da Porgy and Bess, di Gershwin. Ad ogni modo il programma è risultato accattivante, diversificato e con pezzi poco consueti. 

Dopo la sinfonia della Gazza ladra, Damrau ha fatto il suo ingresso salutata da un'ovazione già prima di emettere una sola nota. Lampante dimostrazione dell'eco dei successi della sua luminosa carriera. Per tutta risposta è giunta "Una voce poco fa" dal barbiere rossiniano con acuti notevoli, simpatia, spontaneità e qualche passo di danza.  Il suo secondo brano, "Nobles Seigneurs", assolo del paggio Urbain di Les Huguenots di Meyerbeer (concepito per soprano e solo in seguito adattato per contralto con l'inserimento di un'altra aria, "Non, vous n'avez jamais, je gage") è stato reso da Diana Damrau con buona dizione e perfette colorature.

Il basso barítono francese Nicolás Testé non è stato assolutamente una mera spalla per il soprano, guadagnando un meritato riconoscimento nel corso della serata, benché fosse evidente che la Diva era Damrau - con quattro cambi d'abito: rosso, nero, azzurro e ancora rosso - e Testé un artista assai pregevole

Nicolás Testé da una corretta Calunnia del Barbiere è passato a Les Huguenots con "Pif, Paf" con eleganza e stile, ma è stato con "Elle ne m'aime pas" del Don Carlos - forse per la prima volta presentato nell'originale francese nella sala del Colón - che ha toccato il suo momento migliore per interpretazione, sicurezza, accenti commuoventi. 

Nella seconda parte Testé ha completato una tavolozza ben assortita di personaggi con l'aria del Duca d'Arcos "Di sposo di padre" da Salvator Rosa di Antonio Carlos Gomes, e "Si, morir ella de'" di Alvise Badoero, da La Gioconda di Ponchielli, sempre cantate con precisione, stile e buon gusto.

Il programma è stato completato dai ballabili della Nuit de Walpurgis da Faust di Gounod, dal Baccanal di Samson et Dalila di Saint-Saëns e dall'ouverture di Candide, di Leonard Bernstein, tutte pagine in cui la Orquesta Filarmónica de Buenos Aires  ha offerto buone prestazioni, benché qualche sfasamento non sia mancato.

Diana Damrau con il suo grande carisma scenico ha interpretato anche un'esemplare "Amour, ranime mon courage", da Roméo et Juliette di Gounod, che ha chiuso la prima parte. Una sentita "Ombre légère" da Dinorah di Giacomo Meyerbeer e una travolgente "Ah, rendetemi la speme... Vien diletto" dai Puritani di Bellini, un altro apice della serata in cui ha conferito a Elvira accenti commuoventi ascendendo senza sforzo alle note sovracute.

Con "Bess you is my woman now" da Porgy and Bess di Gershwin i solisti hanno suggellato il recital e di fronte all'insistenza del pubblico hanno intonato ancora un'aria a tesa e un altro duetto: "O mio babbino caro" e "Vecchia zimarra" di Puccini e Somewhere da West Side Story di Leonard Bernstein.

Con le ovazioni di una sala pressoché esaurita si è chiusa una serata in cui il Colón è tornato agli antichi splendori offrendo sul suo palcoscenico la presenza di uno dei soprani più eclatanti del panorama attuale: Diana Damrau affiancata da un efficacissimo Nicolás Testé.


Volver a la gloria pasada

por Gustavo Gabriel Otero

Con el recital de Diana Damrau - junto a su marido, el muy adeguado bajo-barítono Nicolás Testé - el Colón volvió a estar a la altura de sus antecedentes, cuando figuras internacionales escasean en Buenos Aires.

Buenos Aires, 27 de abril de 2017 - El público del Teatro Colón está ávido de figuras internacionales que desde hace años escasean en Buenos Aires. Por eso la magnífica respuesta que tuvo este Concierto que marcó el debut local de la soprano alemana Diana Damrau junto a su marido, el bajo-barítono Nicolás Testé.

El recital se enmarcó dentro del Abono de la Orquesta Filarmónica de Buenos Aires -un Ciclo con repertorio mayoritariamente sinfónico- y la respuesta de los profesores de la orquesta fue de adecuado nivel teniendo en cuenta que no es un orgánico acostumbrado a acompañar cantantes. Seguramente la experimentada batuta en repertorio lírico del maestro Mario Perusso fue la clave de la muy solvente prestación musical.

La combinación de la voz de la soprano con la grave del varón no es la más común en los recitales de fragmentos operísticos. Se optó por diversos fragmentos solistas y sólo en el final por un dúo: el de Porgy and Bess, de Gershwin. Con todo el programa resultó atractivo, diferente y con obras poco transitadas.

Luego de la obertura de La gazza ladra, Damrau entró y fue ovacionada antes de emitir nota alguna. Trascendente demostración que el público conoce sobradamente su brillante y exitosa carrera. Respuesta de la emoción cantó con notables agudos, simpatía, espontaneidad y algún paso de danza ‘Una voce poco fa’ del Barbero rossiniano. Su siguiente intervención fue ‘Nobles Seigneurs’ momento solista del paje Urbain en Los Hugonotes de Meyerbeer (originalmente escrita para soprano y luego adaptado para alto con la inserción de otra aria, "Non, vous n'avez jamais, je gage"), que Diana Damrau acometió con buena dicción y coloraturas perfectas.

El bajo barítono francés Nicolás Testé de ninguna manera fue un ocasional acompañante de la soprano sino que fue ganando un merecido reconocimiento a medida que avanzó la noche, aunque es evidente que la Diva era Damrau - que hasta cambió cuatro veces su vestuario: rojo, negro, azul, y retorno al rojo- y Testé un muy adecuado artista.

Nicolás Testé de una correcta ‘Calunnia’ del Barbero, pasó a Los Hugonotes con ‘Pif, Paf' vertido con elegancia y estilo, pero fue en Elle ne m'aime pas’ del Don Carlos -que probablemente se escuchó por primera vez en su original francés en la sala del Colón- donde logró el mejor momento de la noche por compenetración, seguridad y conmovedores acentos.

En la segunda parte Testé completó una paleta de personajes bien servidos con el aria del Duca d'Arcos ‘Di sposo di padre’ de Salvator Rosa de Antonio Carlos Gomes, y ‘Si, morir ella dé’ aria del personaje de Alvise Badoero, de La Gioconda de Ponchielli, siempre cantadas con precisión, estilo y buen gusto.

El programa se completó con las danzas de la Noche de Walpurgis de Fausto de Gounod, la bacanal de Sansón y Dalila de Saint-Saëns y la obertura de Candide, de Leonard Bernstein, todos fragmentos donde la Orquesta Filarmónica de Buenos Aires efectuó muy buenas interpretaciones aunque algún desliz siempre se presente.

Diana Damrau con su gran carisma escénico, interpretó, también, una modélica ‘Amour, ranime mon courage’, de Roméo et Juliette de Gounod, que cerró la primera parte. Una sentida ‘Ombre légère’ de Dinorah de Giacomo Meyerbeer y una apabullante ‘Ah, rendetemi la speme... Vien diletto’ de I Puritani de Bellini, en otro de los mejores momentos de la noche por servir a Elvira con acentos conmovedores además de llegar sin esfuerzo a las notas sobreagudas.

Con ‘Bess you is my woman now’ de Porgy and Bess de Gershwin los solistas cerraron el recital y ante la insistencia del público cantaron una aria más cada uno y otro dúo: ‘O mio babbino caro’ y ‘Vecchia zimarra’, ambos fragmentos puccinianos; más ‘Somewhere’ de West Side Story de Leonard Bernstein.

Con las ovaciones de una sala casi colmada se cerró una noche donde el Colón volvió a estar a la altura de sus antecedentes brindando su escenario a una de las sopranos más trascendentes de este momento: Diana Damrau, junto a un muy eficaz Nicolás Testé.


 

 

 
 
 

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