L’Ape musicale

rivista di musica, arti, cultura

 

Il club dei cortigiani

 di Giuliana Dal Piaz

Alti e bassi nella compagnia di canto per un Rigoletto poco convincente nella lettura registica di Christopher Alden.

TORONTO,  27 gennaio 2018 - Metti una sera a teatro – in una città anglosassone e con regista statunitense – una delle opere più famose e più rappresentate del panorama lirico, e puoi ritrovarti con un dramma gotico dell’800, nel quale stenti a ritrovare lo spirito di Verdi e la potenza della sua musica. Non avevo visto finora nessuna messa in scena del newyorkino Christopher Alden, e mi ha disturbato la sua noncuranza per la Storia (nel Rinascimento, il sovrano esercitava apertamente il diritto di seduzione delle donne, dame o popolane che fossero), per gli autori della “storia” e della musica, e in ultima analisi per il pubblico. Ho sentito pochi applausi ieri sera e ho visto poche facce entusiaste all’uscita dal Four Seasons Centre. E sì che era un sabato pomeriggio, quando la grande maggioranza del pubblico va all’opera non perché ama o intende il repertorio lirico ma come a un intrattenimento chic, di livello superiore a quello del cinema.

Alden ha optato per un’unica vasta scena, inquadrata da boiseries e da un soffitto a cassettoni, che suggerisce un club anglossasone per uomini che, in abito da sera, bevono, fumano, leggono il giornale. Il Duca di Mantova è solo uno di loro, forse nemmeno il più ricco e potente, visto che quel tipo di club appare frequentato da personaggi eminenti della prima società industriale. Spogliato della sua qualità di “regnante” (che, ricordiamolo, nel testo originale di Victor Hugo era re Francesco I di Francia), non se ne comprende l'impunità e il potere di vita o morte sugli altri membri del circolo. Così com’è difficile comprendere il ruolo di Rigoletto, avulso da un ambiente di Corte in cui il buffone rappresentava accanto al Re un’istituzione, una sorta di “coscienza”, buona o cattiva che fosse, con una libertà di parola vietata agli altri cortigiani. Le incongruenze e le assurdità si moltiplicano sul palcoscenico del Fours Seasons Centre, teatro permanente della Canadian Opera Company: dalla figlia di Monterone, discinta e sghignazzante prefigurazione di Gilda, che ricompare al momento dell’esecuzione del padre (col cadavere dell’impiccato visibile quasi fino alla fine dell’opera) e come “ombra” consolatrice di Gilda morente; a Giovanna, dama di compagnia e guardiana di Gilda che diventa un’ onnipresente matrona, che apre e chiude il sipario di separazione del circolo dal mondo, suggerisce un intento di seduzione del Duca, e svolge un ruolo quasi liturgico nel suo imponente andirivieni. I membri del coro maschile, i soci del club, saltellano in scena spargendo petali di rosa dopo l’arresto di Monterone, o avanzano in fila per quattro, tutti drappeggiati di nero come becchini, per il rapimento di Gilda. Rigoletto è fisicamente sempre presente, a tratti seduto su una poltrona all’estrema destra del palcoscenico (Gilda gli copre la testa col suo scialle durante l’incontro col Duca-studente), e di là gestisce il rapporto con Sparafucile, apparso per la prima volta in scena come un commesso viaggiatore con tanto di valigetta. Quando finalmente scopre il corpo di Gilda dal lenzuolo bianco, che avrebbe dovuto avvolgere il cadavere del Duca, ne vola via una nuvoletta di petali di rosa: gentile pensiero di Maddalena e Sparafucile?

Con tutte queste alzate d’ingegno, sulle quali si frantuma costantemente l’attenzione del pubblico, soprattutto di quello non uso all’opera, la musica diventa la colonna sonora (bellissima, grandiosa, tragica o scoppiettante, ma pur sempre solo colonna sonora) di un film che, come suggerito apertamente dal direttore della Canadian Opera Company, Alexander Neef, risulta particolarmente attuale ai tempi del #MeToo. 

E arrivo finalmente alla musica. Impeccabile l’orchestra diretta dal mº Stephen Lord, che, indulgendo forse a una richiesta del regista, la fa tacere del tutto in un paio di momenti drammatici, e in un’occasione per varî minuti. Ottimo il coro, magistralmente diretto da Sandra Horst. Buono in generale, con qualche riserva, il cast, sia dal punto di vista vocale sia dal punto di vista teatrale. Gilda (la statunitense Anna Christy) è un discreto soprano, ma la sua voce non è matura per un ruolo verdiano e a tratti diventa stridula. Lo scozzese Roland Wood, protagonista, è buon attore e buon baritono, dalla voce potente ma gutturale, e non riesce sempre a rendere tutte le sfumature della complessa psicologia di Rigoletto. Tenore molto interessante il Duca di Mantova (lo statunitense Stephen Costello), questa sera – pare – raffreddato e vittima pertanto, nella seconda parte dello spettacolo, di un paio di stecche, una delle quali molto brutta (invece di fischiare, però, il pubblico canadese applaude, confortante...). Bravo il basso russo Goderdzi Janelidze (Sparafucile) al suo debutto locale, e bravi gli altri comprimari, tutti canadesi, a riprova delle buone voci che si vanno formando in questo paese. 

Foto di scena di Michael Cooper

Toronto, 27-01-2018, Fours Seasons Centre for the Performing Arts. Stagione 2017-18 della Canadian Opera Company in coproduzione con la English National Opera (20 gennaio-23 febbraio). RIGOLETTO, musica di Giuseppe VERDI, libretto di Francesco Maria Piave.

Direttore d’orchestra: Stephen Lord. Regia: Cristopher Alden. Scene e costumi: Michael Levine. Luci: Duane Schuler. Direttore del Coro: Sandra Horst. Coro e Orchestra della Canadian Opera Company.

Personaggi e interpreti:

Rigoletto – Roland Wood

Il Duca di Mantova – Stephen Costello

Gilda – Anna Christy

Monterone – Robert Pomakov

Sparafucile – Goderdzi Janelidze

Giovanna – Megan Latham

Maddalena – Carolyn Sproule


 

 

 
 
 

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