Tenero Rataplan

 di Roberta Pedrotti

Convince anche con la compagnia alternativa La fille du régiment al Comunale di Bologna diretta da Yves Abel. Protagonisti, in questo caso, Chiara Notarnicola, Giorgio Misseri e Alex Martini.

Leggi la recensione della prima con Torosyan, Mironov e Longhi

BOLOGNA, 10 novembre 2018 - Secondo debutto, con nuovi protagonisti, per La fille du régiment a Bologna e, passato l'impettito turno Prima, di fronte a un pubblico più rilassato e caloroso com'è quello del turno C, del sabato pomeriggio. In un clima piacevolmente disteso, si apprezzano ulteriori finezze nella recitazione di Nicolò Ceriani (Hortensius), si focalizza ancor meglio l'attenzione su Daniela Mazzucato e la sua Crakentorp (certo, un piccolo ampliamento della parte, per valorizzare la presenza della diva italiana dell'operetta si sarebbe anche potuto pensare...), si nota la maggior disinvoltura della Berkenfield di Claudia Marchi, ma anche la partecipazione di Giuseppe Caramia (un Caporal).

Soprattutto, però, l'attenzione si focalizza sui nuovi arrivati nei ruoli principali, e in particolare sulla Marie di Chiara Notarnicola. Il giovane soprano, infatti, proveniente dalla Scuola dell'Opera già apprezzato in qualche concerto e in qualche piccola parte nella stagione, si è trovato a debuttare nel ruolo eponimo con un brevissimo preavviso, sostituendo una collega indisposta e studiando la parte in pochi giorni. Il risultato conferma felicemente il talento di Notarnicola, che supera qualche comprensibile, occasionale cautela, mettendo in luce una vocalità fresca e ben organizzata, una musicalità sicura e la giusta miscela di sensibilità e brio. Applausi meritatissimi per lei, ma anche per Giorgio Misseri, che rende bene il carattere acerbo del tenero giovanotto arruolatosi per amore dimostrando di possedere, oltre alla figura, l'estensione, il colore e il peso vocale giusti per Tonio. Anche per lui si tratta di un debutto e sicuramente potrà affinarsi con maggior scioltezza: intanto i momenti di lieve timidezza condivisi dalla coppia protagonista contribuiscono a caratterizzarli delicatamente.

Nei panni di Sulpice apprezziamo poi Alex Martini, dotato di bel timbro e vocalità interessante. Tutti si inseriscono senza problemi nel disegno registico di Emilio Sagi.

Sul podio, Yves Abel ribadisce tutte le carte vincenti della sua concertazione, la conoscenza profonda del repertorio francese e l'abilità nel giocare anche con la grandeur e un linguaggio musicale serio che permea, con ironia tutta parigina, la partitura. L'opera scorre come un buon vino; dello champagne non ha solo il perlage, ma anche, se non soprattutto, il corpo, la struttura complessa, forte e armonica di profumi e aromi. Alleggerisce, scatta, accenta con una fantasia che non pecca mai d'arbitrio e ci fa sognare un Offenbach (qualunque Offenbach: sia Pomme d'Api o siano Les contes d'Hoffmann) diretto con quest'articolazione vivida e smagliante. Dal ranz de vaches iniziale allo scintillante inno dell'epilogo, Yves Abel diverte, fa teatro, fa musica con grande intelligenza e sostiene a dovere, complice e guida, entrambe le compagnie lasciando a ciascuna il proprio respiro.

Applausi calorosi per tutti e pubblico, giustamente, sorridente all'uscita.