Di canditi e di confetti

 di Antonino Trotta

È pensata per i più piccoli ma piace anche agli adulti: così lo spettacolo La fiaba di Cenerentola, frutto della terza edizione dell’encomiabile progetto !WOW! World. Orchestra. Wonderful. (Bambini e musica con la favolosa orchestra della Rai), presenta Rossini al pubblico di domani.

Torino, 12 Gennaio 2019 – Che oggi il mondo della musica classica e del teatro in generale soffra di un lento e preoccupante ricambio generazionale, con proporzioni anagrafiche piuttosto squilibrate nelle file delle platee, è sotto gli occhi di tutti. Tanto si dice e tanto si scrive sulla diseducazione musicale in Italia (è agghiacciante immaginare un adolescente conseguire la maturità classica o scientifica intendendo Verdi e Rossini come anonimi dedicatari di piazze e vie) e sull’inefficacia dei preposti, ai quali si imputa prima di tutto una scarsa mira progettuale. Allorquando presenti, infatti, le istituzioni culturali – o presunte tali – sembrano sempre più concentrate sulle strategie per privilegiare un pubblico ancora inesistente e meno attente alla proficua formazione di chi potrà in pratica godere di tali benefici. Quando poi la macchina statale si attiva con iniziative di istruzione collaterale, il pericolo in cui si incorre è quello di trasformare i programmi “per ragazzi” in manuali “for dummies” che, attingendo a idee posticce e linguaggi rabberciati, rischiano di sortire l’effetto contrario. Senza cedere ad alcuna politica di traduzione o rimaneggiamento corruttivo, lo speciale progetto !WOW! World. Orchestra. Wonderful., giunto alla terza edizione, presenta La fiaba di Cenerentola, versione in pillole – anzi in canditi e confetti – del capolavoro rossiniano a un pubblico giovanissimo e curioso.

Superato l’imbarazzo di mescolarsi a centinaia di marmocchietti, la sorpresa, in effetti, è, per varie ragioni, grande. Costruito ad arte, con una realizzazione scenotecnica di innegabile fascino e una dialogica fluida tra i nodi della celeberrima fiaba, lo spettacolo, affidato alle cure registiche di Manu Lalli, avvicina con stuporosa partecipazione i bambini all’opera, rendendoli protagonisti nelle parti corali (la mesta canzone di Cenerentola «Una volta c’era un Re», ad esempio, è cantata dal Coro di Voci Bianche delle scuole di Torino e Provincia diretto da Andrea Sardi) e in piccoli cammei d’insieme. Ad assicurare la coerenza del discorso teatrale scende in campo l’irrinunciabile fata turchina (Chiara Casalbuoni), voce narrante tra un numero musicale e l’altro, che in parte eredita il testo del libretto di Jacopo Ferretti. Dal lavoro congiunto Lalli-La Malfa nasce infatti una sorta di singspiel tutto italiano, dalla durata di sessanta minuti, con i recitativi secchi arrangiati in parti puramente parlate – come quelle assegnate a Cecilia Russo (Clorinda) e Gabriele Zini (Tisbe en travesti) – e le arie principali dell’opera – piuttosto ridotte all’osso – impegnate a tessere la trama musicale (ma i tagli sono accettabili di buon grado giacché si ricorre spesso ad ago e filo anche nelle “versioni per adulti”). Le scenografie di Angelo Bellora, accentuate dalle luci di Riccardo Topazio, ricreano, grazie anche allo sviluppo in verticale del palcoscenico dell’Auditorium Rai, un’atmosfera fiabesca, di ispirazione Disney, in perfetta armonia con la natura della rappresentazione e con gli splendidi costumi di Bianca Puca.

Molto soddisfacente il versante musicale dello spettacolo, a cui va riconosciuto il merito di aver escluso l’amplificazione elettronica durante gli interventi vocali e strumentali perché già la novità della percezione tridimensionale del suono impreziosisce l’esperienza operistica e porge, al pubblico novizio, una prospettiva di ascolto completamente differente. Alla guida dell’Orchestra Sinfonica Nazionale della Rai, Giuseppe La Malfa offre una concertazione atta a valorizzare l’aspetto più brioso del dettato rossiniano e investe dunque sull’enfasi dello slancio ritmico, della brillantezza timbrica (in cui l’OSN Rai eccelle) e della travolgente verve del Cigno di Pesaro.

Ben figurano i giovanissimi cantanti dell’Accademia del Maggio Musicale Fiorentino. Voce smaltata calda e brunita, agilità sgranate, buon controllo delle dinamiche e registro acuto graffiante, Marta Pluda sa plasmare l’incantevole ruolo di Cenerentola miscelando all’occorrenza grinta e lirismo. Antonio Garès ha un timbro piacevole e la giusta dose di squillo che, unitamente al porgere appassionato delle frasi (nel duetto con Cenerentola), danno risalto al suo nobile Don Ramiro. A William Hernandez è riserbato l’onore di eseguire per intero la cavatina di Dandini («Come un’ape ne’ giorni d’aprile»), con grande soddisfazioni dei presenti che hanno apprezzato la linea di canto sicura e pulita, la musicalità e la teatralità dell’accattivante fraseggio e la spavalderia nelle infiorettature della stretta. Adriano Gramigni, Don Magnifico, canta con gusto e dirompente carica attoriale, forte di una voce solida e interessante nel colore, dimostrando inoltre una intelligente gestione dei fiati.

Volgendo lo sguardo alle poltrone dell’auditorio ci si rende conto che, forse al pari dei bambini, gli adulti rimangono intrappolati nella fatata ragnatela tessuta da Rossini: c’è chi scatta una foto o chi prova a rubare un video, chi siede irrigidito e chi allunga il collo per carpire il dettaglio dell’attrezzeria di scena, chi ascolta composto e chi agita la testa seguendo il ritmo. Insomma, l’interesse generale suggerisce che forse anche il presente andrebbe meglio curato. In una simile occasione, comunque, il fiume d’applausi non può che essere una misura dell’indiscutibile gradimento attestato da adulti e piccini. Per valutare il successo di questo encomiabile progetto, però, occorrerà aspettare qualche anno.

foto Maria Vernetti