Disordini a Cipro

 di  Andrea R. G. Pedrotti

Non convince la nuova produzione di Otello alla Wiener Staatsoper, con la regia debole e confusionaria di Adrian Noble e la concertazione poco autorevole di Myung-Whun Chung. Nel cast, fra l'Otello indisposto di Aleksandrs Antonenko e lo Jago sopra le righe di Vladislav Sulimsky, spiccano gli elementi stabili dell'Ensemble del teatro, a partire dalla Desdemona di Olga Bezsmertna.

VIENNA, 24 giugno 2019 - Ogni stagione alla Wiener Staatsoper vengono programmate un minimo di quattro Premieren d'opera (il balletto ne conta un paio), ognuna con un minimo di sei settimane di prove a disposizione per ogni titolo, mentre i bozzetti per i tecnici del teatro devono essere consegnati con circa tre anni di anticipo.

Fatta salva questa premessa, è logico che se il risultato complessivo risulta modesto, se non addirittura mediocre, i motivi del mancato successo vanno ricercati non in mende strutturali o organizzative, ma in scelte artistiche che, negli ultimi anni, non si sono dimostrate all'altezza - ovvimente parliamo delle Premieren- del rango di teatro come la Wiener Staatsoper.

La nuova produzione di Otello affidata al regista Adrian Noble non ha fatto, purtroppo, eccezione, a causa di un'idea di base debole e alquanto confusionaria. Il pubblico, infatti, viene accolto da un grande telo, sul quale campeggia uno stemma dalle fattezze ibride fra quello dell'esercito britannico e il Leone di San Marco, preludio dell'ambientazione storica che viene trasposta in una stilizzata Inghilterra tardo vittoriana, quale novella Repubblica marinara.

I costumi, piuttosto generici, parrebbero presi da una versione teatrale di Mary Poppins: è poco chiaro perché il coro femminile debba essere vestito a lutto nella prima scena e mantenga il medesimo abito anche nei momenti più lieti dell'atto. Anche i movimenti non appaiono particolarmente curati: alcuni soldati si rivolgono fra loro il saluto militare all'inglese (palmo aperto accanto alla fronte), altri con una gestualità più simile a quella delle forze armate italiane (pollice non visibile e punta delle dita di taglio fino all'altezza del sopracciglio). Un altro errore è il sistematico far accavallare le gambe ai coristi in scena, quando si trovavano in posizione assisa: si sa che tale abitudine era considerata assai volgare a i tempi, specialmente in epoca vittoriana e in particolar modo da parte del gentil sesso.

Non esiste uno scavo psicologico sui personaggi: Jago è drammaticamente inesistente (l'anacronistica “risatazza” dopo il Credo era decisamente evitabile), non è né malvagio, né viscido, né insinuante, appare piuttosto come un simpatico soldato che narra fole per cui sorridere e poco altro. Discorso simile per Desdemona, che viene privata del carattere, trasformandosi in una donna eccessivamente languida, sottomessa, elegiaca, ma priva di qualsivoglia forza vitale. Parimenti Otello non viene caratterizzato se non come un uomo violento, che crede alla prima cosa che gli viene narrata a proposito della moglie, ma senza troppo abilità. Nel terzetto con Cassio e Jago, quest'ultimo gli mostra il fazzoletto incriminato sbandierandolo a gran distanza e fugacemente, tanto fugacemente e tanto a distanza da farlo apparire indistinguibile da un cencio qualsiasi. Fa quasi sorridere, nel IV atto, l'inseguimento attorno al letto di Otello ai danni di Desdemona.

Non convince del tutto nemmeno la concertazione di Myung-Whun Chung, che palesa alcuni bei colori e interessante intensità nei momenti d'assieme (principio dell'opera e finale terzo soprattutto), ma manca d'una precisa linea coerente. Il concertatore coreano non segue con la dovuta attenzione i protagonisti (Antonenko su tutti), apparendo sovente distratto e fin troppo superficiale in un gesto che non riesce a trasmettere unità al dramma. Di contro l'orchestra, come sempre, suona magnificamente, sia in buca, sia per quanto riguarda l'organico di palcoscenico. Al termine il direttore è l'unico fra gli artisti a ricevere alcune (isolate, ma sonore) contestazioni, che lo convincono a non partecipare alla seconda uscita degli interpreti, questa volta a sipario chiuso. Parimenti all'orchestra, a convincere resta la qualità effettiva dell'organico stabile, grazie alla bellissima prova del coro della Wiener Staatsoper, diretto nell'occasione da Thomas Lang.

Poco da dire sull'Otello di Aleksandrs Antonenko, che desta molte perplessità fin dall”Esultate” iniziale, fino a un'esecuzione della frase “Venere splende” in chiusa del duetto “Già nella notte densa” con una palese perdita dell'appoggio che gli fa guadagnare alcuni “bu” dalla sala. Anche terzo e quarto atto non appaiono sufficienti, ma l'annuncio, nell'intervallo, di un'indisposizione pone fine a qualsiasi considerazione negativa. Certamente, data la prova gravemente deficitaria, sarebbe stato consigliabile pensare a una sostituzione o a un annuncio in principio e non a opera iniziata.

Assai deludente lo Jago di Vladislav Sulimsky che non riesce mai a convincere a causa di un'interpretazione fin troppo scolastica, che il baritono russo cerca di correggere (peggiorandola in realtà) con effetti anacronistici (abbiamo già parlato della “risatazza”) e ampiamente fuori stile, che sarebbero stati da limitare da parte del maestro concertatore. Assai grave, considerando la magnificenza del testo poetico, è che Sulimsky si sia trovato a pasticciare sovente con i mirabili versi di Arrigo Boito.

Le migliori impressioni musicali sono giunte dagli elementi dell'ensemble presenti in locandina. Olga Bezsmertna (Desdemona) canta molto bene e in bello stile, impreziosito da alcuni filati assai ben eseguiti e talune morbidezze d'emissione assolutamente degne di menzione. A causa di una produzione infelice manca un personaggio che acquisisce personalità solo negli ultimi due atti.

A convincere è anche il secondo artista della casa: Jinnxu Ziahou (Cassio) possiede una splendida voce di tenore lirico, ben gestita tecnicamente. Il tenore è ancora un po' grezzo dal punto di vista interpretativo, ma le qualità musicali sono indiscutibili.

Completavano il cast il bravo Jongmin Park (Lodovico), Leonardo Navarro (Roderigo), Manuel Walser (Montano), Alejandro Pizarro-Eniquez (araldo) e Margarita Gritskova (Emilia).

Bianca (in un costume da odalisca) era Katharina Billrhart, la cui peculiarità scenica era agitare un bianco fazzoletto innanzi allo sguardo di Cassio, forse per confermare nella sua idea che il bianco velo poi consegnatogli non fosse di Desdemona, ma della vezzosa amante.

Le scene erano di Dick Bird, le luci di Jean Kalman, gli effetti speciali di scena (una tempesta proiettata sul fondo del palcoscenico) eBasil Twist, il maestro d'armi Malcolm Ranson e l'assistente alla regia Joanne Pearce.

foto © Wiener Staatsoper GmbH / Michael Pöhn