Il tempo di Billy

 di Giuliana Dal Piaz

Lo Stratford Festival riserva anche uno spazio al teatro musicale e propone quest'anno Billy Eliott, musical che pur ambientato all'epoca di Margaret Thatcher riesce a essere ancora tristemente attuale.

STRATFORD, 3 luglio 2019 - È parso molto strano assistere a questo spettacolo nell’ambito di quello che, in Canada, rappresenta la prosa per antonomasia, lo Stratford Festival. Ma, da molti anni ormai, le stagioni del Festival hanno aperto un piccolo spazio al teatro musicale (uno o due spettacoli su dieci o dodici) e vale la pena vedere questo, che conta sulla musica di un compositore contemporaneo di gran nome come Elton John. Si tratta di un genere che incontra chiaramente un enorme favore tra il pubblico. In fondo, il musical non è altro che la trasformazione in chiave moderna dell’opera lirica o dell’operetta di un tempo: protagonisti in prevalenza giovani o giovanissimi, storie e musiche contemporanee, ritmi cinematografici. È accaduto con Il Fantasma dell’Opera, con Lion King, con Mamma mia! e con questo Billy Elliott, in scena a Londra e poi a Broadway per moltissimi anni.

Anche dopo la visione, continuo a pensare che i teatri di Stratford non siano particolarmente adatti al musical: la loro acustica è concepita per la prosa, col palcoscenico circondato su tre lati dal pubblico. In essi, la musica fortemente amplificata diventa soverchiante, e risulta difficile apprezzare l’autentica qualità delle voci, che sembrano essere tanto più apprezzate quanto più acute e sonore.

La storia di Billy Elliott è nota, grazie all’omonimo film del 2000. Drammatizza gli eventi del lungo sciopero (1984-85) proclamato da 142.000 minatori britannici, che portò a scontri anche violenti: vi furono cinque morti, centoventitré feriti e più di undicimila arresti. Alla fine dello sciopero, durato più di un anno e con più di ventisei milioni di giornate di lavoro perse, l’industria carbonifera inglese era praticamente distrutta: delle 174 miniere esistenti all’inizio degli anni ’80, dieci anni fa ne restavano attive solo sei.

C’è chi ha definito quest’opera una “pièce d’epoca” malgrado racconti fatti di solo quarant’anni fa, tal è la velocità con cui si muove la società contemporanea e il concetto di Storia profondamente influenzato dall’avvento di Internet e dei social media: tutto quanto esisteva “prima”, appartiene a un mondo diverso, superato. La produzione di Donna Feore – una lunga esperienza sia nella regia d’opera sia in quella del musical – suggerisce, invece, che quell’epoca sia tuttora in corso: “Crediamo di aver superato questo genere di cose, nel 2019. Ma non è vero. Guardiamoci intorno. La General Motors ha appena chiuso uno stabilimento ad Oshawa, mettendo per strada quasi tremila persone. A Los Angeles, trentaduemila insegnanti sono scesi in sciopero, e ottocentomila persone hanno sofferto direttamente, negli U.S.A., le conseguenze dello ‘shutdown’ governativo. Stiamo prendendo coscienza di una realtà che fa riflettere, quella di coloro che vivono alla giornata senza sicurezza [...] La distruzione di una comunità. Billy Elliott parla di questo. [...] quando un mondo sta finendo, è quando è tempo di esaminarlo. [...perché] il teatro riguarda principalmente la società”. Billy Elliott è il ragazzo di undici anni che vive e osserva questo drammatico uragano. “È solo un ragazzino – dice Feore – ma osserviamo tutto il percorso della storia attraverso i suoi occhi. Lui rappresenta per noi la speranza. Lui risana la propria comunità. [...] Billy vuole barriere da superare. Vuole sapere a chi o a cosa appartiene. Non sa come fa quel che fa, non sa nemmeno perché. Sa solo che deve farlo”. Mrs. Wilkinson, l’insegnante di danza che spinge Billy a studiare e praticare balletto, è l’eroina della storia. Un’altra donna, in cambio, ne è il genio malvagio: Margaret Thatcher, Primo Ministro inglese all’epoca dello sciopero, quella che promosse la politica economica liberista in Gran Bretagna (e nel mondo) ponendo fine alle politiche sociali; quella che manda la polizia a reprimere sciopero e proteste, quella a cui i minatori in sciopero da mesi augurano ironicamente – all’inizio del secondo Atto – “Buon Natale, Maggie Thatcher: stiamo celebrando tutti, oggi, perché ci avviciniamo di un giorno alla tua morte”. Richard Ouzounian, ex direttore associato dello Stratford Festival proprio dopo gli avvenimenti narrati, racconta che, quando la Thatcher morì, il musical era in cartellone a Londra e la squadra artistica e tecnica della produzione fece votare dal pubblico se voleva o meno che questa canzone venisse inclusa nello spettacolo la sera della sua morte. La stragrande maggioranza votò perché la canzone fosse regolarmente eseguita.

Considerate le limitazioni del palcoscenico nel Festival Theatre di Stratford, la produzione è straordinaria. Ballerini e cantanti eseguono le coreografie – anch’esse opera di Donna Feore – con grande abilità e dedizione professionale. La partitura musicale è molto bella, gli interpreti sono bravi, soprattutto il giovanissimo Nolen Dubuc nella parte di Billy Elliott, ma molto convincenti anche il padre Dan Chameroy e Blythe Wilson, nella parte della vociferante insegnante di danza, Mrs. Wilkinson. Molto applaudito lo spettacolo anche in virtù della presa immediata, epidermica di musical di successo ha sul pubblico.

Foto di scena: Cylla von Tiedemann

 

BILLY ELLIOT THE MUSICAL di Lee Hall, musiche di Elton John, messa in scena originariamente da Stephen Daldry – Festival Theatre, Stratford, dal 16 aprile al 3 novembre.

Regia e coreografie: Donna Feore. Direzione musicale: Franklin Brasz. Scene: Michael Gianfrancesco. Costumi: Dana Osborne. Luci: Michael Walton. Regia del suono: Peter McBoyle.

Personaggi e interpreti:

Billy Elliott – Nolen Dubuc

Papà Elliott – Dan Chameroy

Mrs. Wilkinson – Blythe Wilson

La nonna – Marion Adler

Tony Elliott (fratello maggiore di Billy) – Robert Markus

Mum (la defunta madre di Billy) – Vanessa Sears

Billy da grande – Colton Curtis

Michael (il miglior amico di Billy) – Emerson Gamble

Minatori, poliziotti antisommossa, alunni della scuola di box e di balletto, mogli dei minatori.