E il Moro strangolò il suo amore

 di Luis Gutierrez

Ripresa, al Teatro de Bellas Artes, la produzione di Otello che aveva debuttato nel 2017. Un evento straordinario, per le consuetudini della Compañía Nacional de Ópera , che ha visto protagonisti Lorenzo Decaro, Giuseppe Altomare ed Elisabeth Caballero con l'ottima concertazione di  Gavriel Heine.

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CITTA' del MESSICO, 11 luglio 2019 - La produzione di Otello che debuttò nel novembre 2017 è stata riproposta dopo poco più di un anno e mezzo, il che, senza dubbio, è una buona notizia, giacché la Compañía Nacional de Ópera non ha l'abitudine di riprendere gli spettacoli e credo che sia per di più un record per la CNO il programmare otto recite, quattro nel 2017 e quattro nel 2019. La replcia a cui ho assistito è stata l'ultima di questo ciclo e il teatro risultava praticamente pieno.

Il regista Luis Miguel Lombana è tornato a presentare una scena a base di colonne in un ambiente assai oscuro. Ha deciso di mantenere alcune idee, come l'abito da amazzone di Desdemona nel duetto del primo atto. Questo costume più militare che casalingo mi fa pensare che si incontrasse con Otello in battaglia; se non è così, resto del parere che una tenuta per montare a cavallo non sia la più indicata per sedurre un Generale che torna vittorioso - e qualcuno mi dirà che ci sono feticismi che ignoro -, d'altro canto, se avesse viaggiato con il suo sposo non avrebbe senso che Jago possa convincere Otell che Desdemona, che era al suo fianco, l'avesse tradito con Casso, che stava a terra. Siamo certi di ciò perché canta ‘Or la folgor lo svela... È la nave del Duce… Ergi il rostro dall’onda.’; inoltre, nella terza scena dell'atti, i ciprioti cantano un coro di giubilo predisponendosi a trascorrere la serata,  ‘Fuoco di gioia’, in cui brilla per la sua assenza qualsivoglia accenno di fuoco simulato o almeno suggerito. Devo dire che Lombana ha apportato modifiche alla sua produzione molto accurate; in uno dei momenti culminanti, forse l'apice, dell'opera nel terzo atto Jago esclama “Chi può vietar che questa fronte prema col mio tallone? … Ecco il Leone!” – Otello si trova da un lato della scena, privo di coscienza e preso da convulsioni – non dimostra il piacere che procura l'umiliazione del moro cui calpesta il capo, sebbene questa volta non abbandoni rispettosamente la scena come avveniva un anno e mezzo fa, ma resti con l'odiato superiore finché non cala il sipario. Un'altra variazione, importante e benvenuta, è stata la rivisitazione della morte, che avviene per strangolamento, la forma più personale possibile di assassinare chi si ama. 

In questa occasione, Don Luis Miguel ha deciso di mostrarci Otello d'incarnato moresco, a differenza di quanto avveniva in origine, quando il Moro di Venezia aveva il viso del colore di una principessa nordica.

Il lavoro di scenografo, costumista e cura luci di Adrián Martínez Frausto, Laura Rode ed Estela Fagoaga rispettivamente consisteva nel ritoccare gli elementi originali, mantenendo pregi e difetti.

Il seguente paragrafo è un autoimprestito.

“Otello non è un personaggio facile da interpretare, poiché richiede na voce più espresiva che bella, molta resistenza e capacità di dominare completamente la dinamica. Dalla sua apparizione, la più spettacolare della storia dell'opera, in cui con voce stentorea dichiara ‘Esultate…’ con tutta la forza possibile, fino al finale dell'opera in cui ‘un altro bacio…’ si deve cantare a mezza voce e pp. Inoltre, deve essere un attore consumato che all'inizio dell'opera ritorna vincitore sul nemico e sulla natura, e poco a poco si trasforma in un relitto umano. Durante il quarto atto si è trasformato in un animale selvaggio capace di compiere un atto orribile assassinando chi ama e a sua volta lo ama.”

Il tenore italiano Lorenzo Decaro ha una presenza che fa pensare al generale veneziano che da vincitore militare è sconfitto dalle sue emozioni e dagli intrighi dell'alfiere; vocalmente ha fatto il suo ingresso con uno splendido “Esultate…” ma il suo canto non ha saputo piegarsi alla dolcezza del duetto del finale primo, né, per contro, rendere lo sviluppo della gelosia istigata da Jago. La sua recitazione non è parda convincente, il che può aver influito nella scarsa credibilità musicale del personaggio. In realtà il personaggio di Otello è sempre stato molto complesso da sviluppare.

Il baritono italiano Giuseppe Altomare è tornato a interpretare uno Jago tanto malvagio quanto intelligente. Il personaggio che ha plasmato è quello di un politico frustrato per non aver saputo realizzare i suoi progetti. Come sappiamo la parte musicale è più declamatoria rispetto a quella di otello e, probabilmente, più difficile data l'esigenza di colori nella partitura. Il suo catechismo, il “Credo”, è stato realmente impressionante, tanto che non è mancato chi interrompesse il flusso musicale con gli appalusi. La sua interpretazione non ammette appunti.

Elizabeth Caballero ha mdellato una Desdemona più che accettabile, direi brillante nel concertato del secondo atto, per poi regalarci una bella, bellissima  “Canzone del salice” seguiia dall'Ave Maria. La sua recitazione è stata impeccabile.

Le parti secondarie sono state ben eseguite, specialmente Cassio, interpretato da Andrés Carrillo, ed  Emilia, Grace Echauri. Luis Rodarte come Montano ha cantato un buon “È l’alato Leon”. Orlando Pineda come Roderigo, Alejandro López come Ludovico e Mariano Fernández come araldo hanno pure ben fatto. 

L'Orchestra del Teatro de Bellas Artes è tornata a offrire una prova eccellente. Ottoni e vuoloncelli nel primo atto sono stati spettacolari, il che ha fatto dimenticare la sbavatura iniziale di un corno.

Il Coro del Teatro de Bellas Artes, questa volta preparato da Stefano Ragusini, ha avuto una buona serata. Durante la serenata del secondo atto le voci bianche del  Grupo Coral Ágapehanno pure offerto una prova apprezzabile.

L'eroe della serata è stato il giovane maestro concertatore Gavriel Heine, capace di estrarre da orchestra, cori e solisti quella che è stata, a mio parere, una recita che mi sarei pentito di non aver visto.

foto Carlos Alvar


El Moro estrangulò su amor

 por Luis Gutierrez


Regresa, al Teatro de Bellas Artes, la producción de Otello estrenada en noviembre de 2017. En los protagonicos Lorenzo Decaro, Giuseppe Altomare ed Elisabeth Caballero; el héroe de la noche fue el joven director concertador Gavriel Heine.

CIUDAD de MEXICO, 11 de julio de 2019 - La producción de Otello estrenada en noviembre de 2017 fue repuesta poco más de año y medio, lo que es, sin duda, una buena noticia ya que la Compañía Nacional de Ópera no tiene por costumbre reponer las producciones, creo que ésta rompe el récord de la CNO al presentarse en ocho funciones, cuatro en 2017 y cuatro en 2019. La función a la que asistí fue la última de esta ocasión y el teatro estuvo prácticamente lleno.

El director de escena, Luis Miguel Lombana volvió a presentar una escena a base de columnas en un ambiente muy oscuro. Decidió mantener algunos conceptos, tales como el traje de amazona que Desdemona viste durante el dueto final del primer acto. Este vestuario más militar que casero, me hace pensar que ella se encontraba con Otello en la batalla; si no es así, sigo creyendo que un traje de montar no es el indicado para seducir al General que regresa victorioso –algunos me dirán que hay fetiches que no conozco–, por otro lado, si hubiese viajado con su esposo no tendría sentido que Iago convenciera a Otello que Desdemona, que estaba con él, le había sido infiel con Cassio, que estaba en tierra. Estoy seguro de esto último porque es él quien canta ‘Or la folgor lo svela... È la nave del Duce… Ergi il rostro dall’onda.’; antes de eso, en la tercera escena del acto, los chipriotas cantan un coro de alegría al disponerse a pasar la velada, ‘Fuoco di gioia’ durante el que brilla por su ausencia conspicua cualquier asomo de una fogata simulada o al menos una antorchita. Debo decir Lombana hizo modificaciones de su producción muy atinadas; durante uno de los momentos culminantes, quizá el punto álgido, de la ópera al final del tercer III, Iago exclama “Chi può vietar che questa fronte prema col mio tallone? … Ecco il Leone!” –Otello se encuentra en un extremo del escenario inconsciente vencido por una convulsión– no demuestra el placer que le proporciona la humillación del moro pisando su cabeza, aunque esta vez no abandona respetuosamente la escena, como sucedió hace año y medio, sino se queda al lado de su odiado superior al momento que baja el telón. Otro cambio, importante y bienvenido, fue el rediseño de la escena de la muerte, al hacerla por estrangulación, la forma más personal posible de asesinar al ser amado.

En esta ocasión, Don Luis Miguel decidió mostrarnos un Otello con la tez morena, a diferencia de lo sucedido originalmente cuando el Moro de Venecia su cara tenía el color de la cara de una princesa nórdica.

El trabajo de los diseñadores de escenografía, vestuario e iluminación de Adrián Martínez Frausto, Laura Rode y Estela Fagoaga respectivamente, fue retocar los elementos originales de la producción, manteniendo sus aciertos y defectos.

El siguiente párrafo es un autoplagio.

“Otello no es un personaje fácil de interpretar pues requiere de una voz más expresiva que bella, mucha estamina y capacidad de dominar la dinámica completamente. Desde su presentación, la más espectacular de la historia de toda la ópera, en la que con voz estentórea declara ‘Esultate…’ con toda la fuerza posible, hasta el final de la ópera en la que ‘un altro bacio…’ debe cantarse mezza voce y pp. Además, debe ser un actor consumado que al inicio la ópera retorna vencedor del enemigo y la naturaleza, y poco a poco se va convirtiendo en una piltrafa humana. Durante el acto IV ya se convierte en un animal salvaje capaz de ejecutar un acto deplorable asesinando a quien ama y que a su vez lo ama.”

El tenor italiano Lorenzo Decaro tiene la presencia que me hace pensar en el general veneciano que deriva de vencedor militar en perdedor ante sus emociones y la intriga de su alférez, entró vocalmente con un espléndido “Esultate…” pero su canto no fue capaz de expresar la dulzura del dueto final del primer acto, ni, contradictoriamente, el crecimiento de los celos instigados por Iago. Su actuación no fue convincente, lo cual pudo haber impactado en la falta de credibilidad musical del personaje. En realidad, el papel de Otello siempre ha sido muy difícil de lograr.

El barítono italiano Giuseppe Altomare regresó a interpretar un Iago tan malvado como inteligente en esta ocasión. El personaje que logró crear fue el de aquel político resentido social y políticamente por no haber logrado alcanzar sus metas. Como sabemos su parte musical es más declamatoria que la de Otello y, probablemente más difícil dado el impresionante número de cromatismos que le presenta la partitura. Su catecismo, el “Credo” fue realmente impresionante, tanto que no faltó quien interrumpiera con aplausos el flujo musical del acto. Su interpretación no mereció un pero.

Elizabeth Caballero moldeó una Desdemona más que aceptable, diría que brillante durante el concertante del tercer acto y al regalarnos una hermosa hermosísima “canción del sauce” seguida del Ave Maria. Su actuación fue impecable.

Los papeles secundarios fueron bien ejecutados, especialmente Cassio interpretado por Andrés Carrillo y Emilia por Grace Echauri. Luis Rodarte como Montano tuvo un buen “È l’alato Leon”. Orlando Pineda como Roderigo, Alejandro López como Ludovico y Mariano Fernández como el heraldo estuvieron bien-

La Orquesta del Teatro de Bellas Artes volvió a darnos una función excelente. Los metales y los violonchelos durante el acto I estuvieron espectaculares, lo que hizo pasar por alto la pifia inicial de uno de los cornos.

El Coro del Teatro de Bellas Artes, esta vez preparado por Stefano Ragusini, tuvo una muy buena noche. Durante la serenata del segundo acto el coro infantil Grupo Coral Ágape tuvo una buena actuación.

El héroe de la noche fue el joven director concertador Gavriel Heine, pues fue capaz de extraer de la orquesta, los coros y los solistas, la que fue, en mi opinión, una función a la que me arrepentiría el no haber asistido