L’Ape musicale

rivista di musica, arti, cultura

 

Goethe, bulli e pupe

di Andrea R. G. Pedrotti

 Nella ripresa di Werther alla Staatsoper l'esuberanza di Vittorio Grigolo nei panni del protagonista finisce per evocare, più che Goethe e lo Sturm und Drang, le atmosfere di Grease ed Happy Days

Vienna 31 ottobre 2019 - L'atmosfera  viennese s'era fatta ideale per assistere alla trasposizione musicale, in gusto francese, del capolavoro di Goethe, Die Leiden des jungen Werthers: leggera nebbiolina, cartocci di caldarroste, freddo invernale, persone imbacuccate per strada. L'apoteosi del malinconico sentimento del romanticismo tedesco nell'indiscussa capitale della cultura mitteleuropea. 

Si passa dal guardaroba, mirando la scalinata che, secondo la leggenda, vide il primo incontro fra Rodolfo d'Asburgo-Lorena e la sventurata amante (una delle tante) Maria Vetsera; poi si entra in sala, fra viennesi e neofiti intenti a osservare la sala della Staatsoper, magari per la prima volta.

In questo clima che potrebbe dirsi iconico dello Sturm und Drang, ci troviamo, tuttavia proiettati d'improvviso nella ruggente America degli anni Cinquanta e Sessanta e sul palco vediamo aggirarsi, seppur in forma caricaturale, un personaggio che evidenzia lo struggimento di John Travolta nei panni di Danny Zuko. Si pensa: dopotutto anche Grease è un capolavoro, ma il rapporto amoroso fra Charlotte e Werther non sembra propriamente sovrapponibile a quello che il leader dei Tbirds provava nei confronti della giovane australiana Sandy Olsson. Non importa, ma lascia ancor più perplessi quando il tormentato poeta decide di leggere i versi di Ossian gestendo l'attacco come Arthur Fonzarelli, detto Fonzie, prima di dare la celeberrima botta al Jukebox di Arnold's e interpretando “Pourquoi me réveiller” con l'impeto di un Manrico intento a redarguire Charlotte per averlo destato a ore antelucane, dopo una notte brava. Si sa che nei College d'America il vizio di fare le ore piccole era una piaga derivata dalla poetica di Goethe. Dopotutto anche il rapporto con Charlotte è gestito visivamente come in una delle migliori imitazioni delle commedie americane, con l'impertinente giovane donna che nel terzo atto, biricchina come poche altre, dopo aver rifiutato un approccio da Werther afferra il viso del poeta e si prodiga in eccentrica manifestazione di passione con un lungo e intenso bacio. Siccome sembra che l'antipasto sia stato gradito, entrambi non disdegnano un accenno di amplesso, anch'esso non proprio emblematico del romanticismo tedesco, sul letto di morte.

Gli USA si manifestano ancora, quando durante gli applausi Werther, o meglio, l'interprete, decide di proporsi alla ribalta degli applausi quale eccentrico Freddy Mercury. 

Qualche tempo fa avevamo assistito al medesimo allestimento qui a Vienna, nella versione di Werther per baritono, e l'impressione era stata ben differente. Purtroppo tale mutamento drammaturgico è stato dovuto all'eccessiva, ridondante, esuberanza cinesica del protagonista, Vittorio Grigolo, che così ha vanificato l'opportunità che gli avrebbe offerto lo straordinario mezzo vocale donatogli dalla natura per sottolineare la psiche di un personaggio palesemente bipolare, a tratti schizofrenico, sicuramente Borderline. Werther è introverso, geniale, sofferente, incompreso, passionale, ma incapace di trasmettere con serenità il suo sentimento. Decisamente un personaggio diverso da Arthur Fonzarelli. 

Accanto a lui ben si distingue la Charlotte di Elena Maximova, che affronta la parte con corretta passionalità e bella partecipazione scenica, escludendo i momenti di recitazione con Grigolo, quando perdeva contatto con il personaggio. Applauditissima nei momenti solistici, si dimostra interprete vocalmente solida e affidabile.

Bene anche l'Albert di Adrian Eröd, mentre si distinguono con onore tutti gli altri artisti impegnati, a partire dalla giocosa Sophie di Ileana Tonca, Hans Peter Kammerer (Le Bailli), Benedikt Kobel (Schmidt) e Ayk Martirossian (Johann).

La regia di Andrei Serban, coadiuvato da Peter Pabst (scene e costumi) e Petra Reinhardt (costumi), prevede una scena sostanzialmente fissa, con un grande albero sullo sfondo, adibito a condominio, e l'intera azione scenica a svolgersi sui suoi rami  e attorno alle radici, compresa la dimora coniugale di Charlotte e Albert.

Corretta dal podio la prova del concertatore Frédéric Chaslin: ben controlla la sempre eccellente orchestra della Wiener Staatsoper, cercando, quando possibile, alcuni colori interessanti per un tiolo assai affine alle sue caratteristiche direttoriali.

Di assoluto livello il coro nei brevi momenti in cui veniva chiamato a prestare la sua opera.

© Wiener Staatsoper GmbH / Michael Pöhn


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