L’Ape musicale

rivista di musica, arti, cultura

 

Scuola di immedesimazione

 di Francesco Lora

Il recente recital bolognese di Anna Caterina Antonacci, per Musica Insieme, è stato ancora una volta dominato dalla Voix humaine: nel monologo di Poulenc, la cantante dà luogo a un progetto drammatico coerente e completo; anzi, assoluto.

BOLOGNA, 14 gennaio 2019 – Bologna, Brescia, Como, Cremona, Milano, Parma, Pavia, Roma e Torino (con benefico di aver dimenticato qualcosa): è impressionante il numero di città italiane che, negli ultimi tre anni, hanno ospitato La voix humaine di Cocteau/Poulenc in un’interpretazione di Anna Caterina Antonacci; nel 2019 si aggiungeranno ancora Pisa (in marzo) e Bari (in ottobre). Viene da sorridere a ripensare quando, nel 2016, si corse in massa all’Auditorium Paganini di Parma, per la stagione sinfonica della Fondazione Arturo Toscanini: l’Antonacci eseguiva il monologo per la prima volta in Italia, e si temeva che non ce ne sarebbe forse stata una seconda. Quella composizione presentata ovunque ha invece significato il rinnovo del rapporto tra le scene italiane e la massima nostra attrice goduta dal teatro lirico internazionale. Ella ne ha fatto non solo un caposaldo della propria attività teatrale, ma anche l’irrinunciabile cavallo di battaglia in sede concertistica: una sorta di corrispondente contemporaneo e immedesimativo, dunque, del Combattimento di Tancredi et Clorinda di Monteverdi, da lei presentato urbi et orbi come saggio di arte retorico-musicale barocca. E in forma di concerto, con l’Antonacci, ha per la verità luogo un progetto drammatico coerente e completo, il quale si fa preferire agli spettacoli stessi che registi come Ludovic Lagarde ed Emma Dante le hanno cucito addosso. Nel condividere sullo stesso piano il palcoscenico con direttore e orchestra, l’Antonacci indossa sempre la veste da camera stampata all’orientale che è un autentico costume, e porta sempre con sé il telefono (arancione) necessario a recitare la pièce. Come la si reciti, lo sa soltanto lei: senza Lagarde, senza la Dante, rimane la cantante con il più vivido registro centrale, rimane l’attrice di genio dalle imprendibili sfumature; l’idea intorno alla donna che supplica, esamina, soffre, mente, cela e ama attraverso il filtro della cornetta è sempre la stessa, chiara e lucida; ogni sera, le inflessioni che la realizzano sono sempre nuove, o come tali sempre si recepiscono, al colmo dell’ammirazione. L’Antonacci è scuola. Tanto si è sperimentato anche nel primo concerto del 2019, il 14 gennaio, nell’àmbito della rassegna bolognese di Musica Insieme: il salotto buono dell’arte dei suoni sotto le Due Torri, il raduno dei grandi nomi sotto spirito di quotidianità. Il soprano vi ha eseguito La voix humaine ridotta per pianoforte, accompagnata dal fedele e sfumato Donald Sulzen: è anche un modo per tornare alla prima, cameristica timbrica dell’opera, avanti che il compositore vi facesse fiorire sopra i colori della strumentazione. Spiace soltanto che, anche questa volta, sia stata tagliata la “sequenza del cane”: una serie di detestate battute che Denise Duval stessa, la prima interprete della parte e quasi una co-autrice, aveva ottenuto di far sparire come tributo di Poulenc. Questione di scelte e non di energie: nella stessa serata l’Antonacci ha del resto intonato anche liriche da camera di Respighi, Boulanger e Hahn, dando saggio di eleganza espositiva indipendente dall’incarnare un personaggio come pure di ulteriore travestimento vocale finalizzato ai caratteri in lingua veneziana. Qui si ha a che fare con la signora assoluta di tali virtuosismi, quella che per la donna della Voix humaine ha per esempio escogitato anche una vezzosa fonetica personale dall’evidente cadenza parigina. A Bologna, a Musica Insieme, questi sono gli invitati che si applaudono ritualmente il lunedì sera. E giusto una settimana più tardi, se serve la prova del nove, l’invitato era Krystian Zimerman, follemente magistrale nell’irraggiungibile estetizzazione della Sonata n. 3 op. 5 di Brahms e negli Scherzi nn. 1-4 opp. 20, 31, 39 e 54 di Chopin. Non sum dignus, mormorava tra sé chi è stato incaricato di recensire il disumano concerto pianistico bolognese: presentato con un identico programma all’Unione musicale di Torino il 23 gennaio, è già stato qui recensito da un miglior collega che allevia di non poco onere lo scrivente [leggi la recensione].

foto Maurizio Guermandi


 

 

 
 
 

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