Fra Storia e nostalgia

 di Luigi Raso

Salvatore Accardo e Michele Campanella chiudono le celebrazioni per i cento anni dell'Associazione Scarlatti con un concerto al teatro Mercadante di Napoli in cui si apprezza soprattutto l'intesa espressiva fra i due storici interpreti nella celebre sonata di Franck.

Napoli, 14 maggio 2019 - Si avverte una venatura di nostalgia per il tempo che è con discrezione e operosamente trascorso nell’ambiente raccolto Teatro Mercadante, dove, nel 1816, quando si chiamava Teatro del Fondo, vide la luce l’Otello di Rossini. La rassegna “100 anni di musica ininterrotta” celebrativa dei primi 100 anni di attività dell’Associazione Alessandro Scarlatti di Napoli si chiude con il recital di due artisti le cui vite artistiche si sono incrociate con quella della Scarlatti stessa: Salvatore Accardo e Michele Campanella.

Il violinista (classe 1941) debuttò per l’Associazione Scarlatti nel 1960, fresco di vittoria del concorso Paganini di Genova; nel 1971 diede vita, insieme a Gianni Eminente, alla fortunata rassegna delle “Settimane di musica d’insieme” a Villa Pignatelli: lo scopo era quello di rinnovare sensibilmente l’approccio del pubblico ai concerti e alle prassi concertistiche, puntando a coinvolgere soprattutto il pubblico giovanile intorno a concertisti di fama internazionale. Giovanissimo, a 23 anni, debuttò per la Scarlatti anche il pianista Michele Campanella; da allora seguì una lunga serie di concerti, tra i quali un approfondimento sulla forma sonata in sette concerti tra il 1998 e il 2000.

Due artisti che rappresentano dunque almeno la metà della vita dell’Associazione, salutati con calore e affetto familiare dal pubblico “di casa”.

Il programma della serata è aperto dalla Sonata per violino e pianoforte in do minore op. 30, n. 2 di Ludwig van Beethoven: è una sonata, composta nel 1802, dal colore introduttivo cupo, appassionato, dominata da un sapore elegiaco che trova compiuta realizzazione nell’Adagio cantabile del secondo movimento. Oggi non può certo aspettarsi da Salvatore Accardo quel violinismo impeccabile e funambolico che lo ha reso uno dei più grandi solisti italiani del ‘900; tuttavia, malgrado qualche incertezza, il musicista originario di Torre del Greco assicura una generale buona tenuta della sonata di Beethoven e cava dal suo Guarneri del Gesù “Hart” del 1730 suoni ora scuri, ora adamantini di rara intensità.

L’intesa musicale tra Accardo e Campanella non appare, però, immediatamente intensa, crescendo, invece, con il procedere del pezzo. La lettura complessiva, tuttavia, sembra priva proprio di quella spiccata tensione emotiva che è la cifra stilistica dell’innovativa sonata beethoveniana; il fraseggio del violino è poco articolato, almeno rispetto a ciò che richiede la tormentata e articolata scrittura che alterna slanci e abbandoni, drammaticità e abbandoni elegiaci. Campanella è preciso come sempre, ma non riesce a tuffarsi nella giusta temperie emotiva della sonata; si avverte qualche squilibrio fonico tra i fragorosi accordi del suo pianoforte e la voce del Guarneri del Gesù.

Decisamente più coinvolgente è la successiva Sonata per violino e pianoforte in la maggiore di César Franck, composizione di culto per tutti più grandi violinisti, a cominciare dal belga Eugène Ysaÿe che la tenne a battesimo nel 1886. Accardo e Campanella sin dall’inizio trovano la sintonia che era mancata in Beethoven; il discorso musicale è da subito fluido e coinvolgente, le sonorità del violino si fanno più corpose e precise, la partecipazione emotiva diventa più intensa e palpabile. Il cromatismo di Franck, di chiara derivazione wagneriana, induce, infatti, Campanella e Accardo a cercare colori evanescenti e un più duttile e cangiante fluire del percorso musicale. Il terzo movimento Recitativo-Fantasia: Ben moderato. Largamente con fantasia in la minore è esposto da Accardo con una declamazione e un successivo abbandono melodico ben sostenuto dal pianoforte di Campanella. Nel finale Allegretto poco mosso, un grazioso rondò alla francese nella tonalità di la maggiore, si stempera quella sinuosa vena nostalgica proustiana dalla quale è pervasa l’intera sonata e la serata stessa.

Il caloroso successo del folto pubblico impone un bis: si ritorna al Beethoven del meraviglioso, lirico e sussurrato, Adagio molto espressivo dalla Sonata per violino e pianoforte in la maggiore op. 30, n. 1.

Campanella saluta il pubblico, rinnova gli auguri alla Scarlatti, auspicando che la “musica vada avanti, che non si perda per strada in mezzo a tante cose che non vanno; e che questa grande musica resti con noi e con voi”.

Accardo ricorda con grandissimo affetto e commozione le Settimane di musica d’insieme e, in particolare, l’amico Gianni Eminente, “che è stato l’anima della Scarlatti per molti anni e che ha fatto tantissimo per la musica a Napoli”.

Ancora buon compleanno, Associazione Scarlatti! E arrivederci alla stagione numero 101.