L’Ape musicale

rivista di musica, arti, cultura

 

In un vecchio palco della Scala

di Roberta Pedrotti

Gli Italian Harmonists, artisti del coro del Teatro alla Scala, propongono a Pesaro, per l'annuale appuntamento del Rof "Rossinimania", un programma ironico e raffinato dal titolo Classicheggiando con Rossini.

PESARO, 15 agosto 2019 - Giocare con la musica è una cosa assai seria: il gioco, per riuscire, richiede abilità, spirito, fantasia, profonda conoscenza delle regole e delle strutture più profonde. Nel Nord Europa e nei paesi anglosassoni, dove il canto corale è parte integrante anche delle attività scolastiche, il gioco di reinvenzione per ensemble vocali ha dato vita a una florida tradizione e a gruppi come i King's Singers, The Swingle Singers e i Comedian Harmonists, tutti longevi, fra diverse vicende, variazioni, sospensioni e rinascite. In Italia, invece, questo tipo di gioco musicale ha avuto minore fortuna, esempi anche eccelsi, ma più isolati, nonostante le radici antiche dell'armonizzazione nelle polifonie del madrigale, nelle sue tecniche e nella sua teatralità e poetica. 

Un gruppo di artisti del coro della Scala di Milano ha deciso di cimentarsi nell'arraggiangiamento per ensemble vocale sul modello dei Comedian Harmonists, lo storico gruppo tedesco (cinque voci maschili e un pianista) fenomenale sia nell'elaborazione del repertorio classico, sia in quello del cabaret e dello swing (impossibile non amare pezzi come Mein kleiner grüner Kaktus), ma colpito duramente dal nazismo anche per le origini ebraiche di tre componenti. Gli emuli nostrani hanno scelto il nome di Italian Harmonists e hanno proposto a Pesaro un programma interamente classico, fra arrangiamenti storici dei tedeschi e nuove elaborazioni, da Boccherini a Schubert, Schumann e Brahms per arrivare a una ricca carrellata rossiniana, alla Barcarolle da Les contes d'Hoffmann e alla sinfonia di Nabucco. Pezzi puramente strumentali offrono occasione di imitazioni sonore e onomatopee, ammiccanti, ironici o travolgenti di umorismo, come nella Danza ungherese di Brahms. Le pagine vocali di origine solistica si amplificano e riteatralizzano, proprio alla maniera del madrigale, sia Der Lindenbaum dalla Winterreise o la cavatina di Figaro, la malinconia del Viandante o lo spirito del Factotum. Si avvicendano canoni, sezioni omoritmiche, omofoniche, dialogiche, porzioni solistiche, sempre ben dosate nel gioco musicale di rielaborazione, trasformazione, ampliamento.

In Italia, abbiamo, detto, la tradizione dei gruppi vocali sofisticati e ironici è meno florida che in altri paesi, ma ha avuto musicisti meravigliosi, come quelli del Quartetto Cetra. Massimiliano Di Fino, Luca Di Gioia, Andrea Semeraro, Giorgio Tiboni e Sandro Chiri, con Jader Costa al piano, li ricordano nel primo fuori programma e intonano In un vecchio palco della Scala, un piccolo inno per ogni melomane, un capolavoro di citazioni e finezze musicali che rinnovano una storia cominciata almeno con Gesualdo, Marenzio, Monteverdi (no, non si esagera: le armonizzazioni dei Cetra sono un prodigio di chiarezza, intelligenza e teatralità). Non si potrebbe dare chiusura migliore, più leggera e significativa, omaggio al quadrato alla grande tradizione italiana e alla verve dello storico gruppo tedesco, oltre che a capolavori del repertorio classico, strumentale, liederistico e operistico. Ma siamo anche nella mattina di Ferragosto, e va benissimo, poi, un congedo festoso con Voglio vivere così. Dopotutto, non solo i Comedian Harmonists (e i Cetra) cantavano canzoni, ma senza l'elaborazione di temi popolari anche le grandi cattedrali polifoniche antiche sarebbero ben poca cosa.


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