L’Ape musicale

rivista di musica, arti, cultura

 

Incubo d’una sera di fine estate

 di Giuseppe Guggino

Sera di fine estate dall’alta temperatura emozionale al Teatro Massimo grazie al collaudato tandem formato da Ian Bostridge e Julius Drake, impegnati nella Winterreise di Schubert. Pubblico non numeroso, purtroppo.

Palermo, 12 ottobre 2019 - L’atmosfera di sogno d’inverno è ben lontana in una sera palermitana a estate non ancora del tutto archiviata. Eppure il tepore di una sala – peraltro tutt’altro che affollata – è piegato da Julius Drake e Ian Bostridge sin dal loro ingresso. Senza mai lasciare il proscenio, il tenore inglese inanella i 24 lieder dell’estremo ciclo schubertiano in una lettura fortemente drammatizzata; la visione della Winterreise di Bostridge, estrinsecata in innumerevoli esecuzioni dal vivo che ne costellano la carriera, oltre che con tre incisioni in studio (con lo stesso Drake, con Leif Ove Andsnes e Thomas Adès al pianoforte) e una monografia, recentemente edita anche in Italia per i tipi del Saggiatore, è che si tratti di una miniera da esplorare, fatta di sostrati emotivi prima ancora che espressivi. Negli anni l’approccio si è fatto via via più radicale e parallelamente il dato anagrafico ha cominciato a far sentire il suo peso; cosicché se la ricerca del bello fine a sé stesso non è mai stato l’obiettivo di un tale orientamento interpretativo – professato con assoluta coerenza –, la vocalità quanto mai peculiare e l’emissione tecnicamente eterodossa del carismatico si rivelano ancor oggi capaci di una grande comunicatività espressiva, nonostante sovente ne faccia le spese la compostezza o negli ultimi lieder compaia qualche fissità non sempre ben risolta nel recupero della corretta intonazione (come nell’organetto che chiude il ciclo). Ciò che conta è che il tour de force, pur in una sala che non invita alla concentrazione, non tradisce il senso del ciclo, restituendo pienamente, al netto di qualche eccesso, la dimensione della ricerca, del percorso, del viaggio. Incubo, ossessione, allucinazione come prolungamento della dimensione del sogno.

E poco importa se sia inverno o fine estate, quanto al pianoforte siede (in forma strepitosa) il miglior pianista di oggi in questo repertorio: il tocco magico ma al contempo asciutto illumina ogni indicazione della scrittura schubertina fra staccati, rapinosi abbellimenti, improvvise smorzature; e allora l’inverno gela subito la schiena dell’ascoltatore. Anche di quello palermitano, in una sera di fine estate.


 

 

 
 
 

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