Agnus dei, miserere…

di Giuseppe Guggino

In occasione dei centocinquanta anni dalla prima esecuzione della Petite Messe Solennelle di Rossini l’Orchestra Sinfonica Siciliana la ripropone con un quartetto di allievi di Simone Alaimo, capitanato dallo stesso, e la buona direzione di Alberto Maniaci.

PALERMO, 23 maggio 2014 - Che sia della “musica benedetta o della benedetta musica” come si chiedeva Rossini in un dialogo alla pari con il Padre eterno, come solo un dio della musica avrebbe potruto permettersi, probabilmente non lo sapremo mai; di certo è musica modernissima, che non dimostra affatto i suoi 150 anni! Sebbene la ricorrenza faccia riferimento alla versione originale per due pianoforti e harmonium, quattro soli e dodici coristi (tra uomini, donne e castrati), l’Orchestra Sinfonica Siciliana propone la versione orchestrata da Rossini tre anni dopo, a qualche mese dalla sua morte. Le mani di Alberto Maniaci, giovane ed estremamente promettente direttore palermitano, trattano il capolavoro con la cura che merita ed esige; l’omogeneità che sa ottenere dalla compagine orchestrale è ammirevole, così come lo sono le intenzioni dinamiche che riesce a concretizzare con il Coro Symphosium diretto Enzo Marino (non composto solo da elementi intonatissimi). Anche la capacità di attendere qualche solista che si attarda troppo in una presa di fiato fanno di lui un elemento di sicuro interesse per il prossimo futuro, a cui si perdona benvolentieri un gesto talvolta esageratamente poco composto e qualche sonorità bruckneriana; quello che si perdona meno è la mancanza di polso negli arbitri filologici concessi al quartetto di voci, provenienti dalla scuola di canto del venerando Simone Alaimo, già basso-baritono giustamente celebrato, oggi anche docente e infaticabile organizzatore musicale. Per quel poco che s’è ascoltato dal soprano Paola Alaimo (giacché il Crucifixus transitava al mezzosoprano) la strada da percorrere è ancora lunga. Il tenore Angelo Villari, di età non proprio accademica, esibisce un bel colore ma la totale assenza di possibilità di canto a mezza voce senza perdita di appoggio. Il mezzosoprano Loredana Megna, l’elemento di maggiore interesse anche se lo strumento non è ancora molto sonoro nei gravi, si segnala per un buon legato appena sporcato da un eccesso di portamenti specie nel Crucifixus.

Simone Alaimo esibisce ancora un mezzo accettabile almeno nei centri, sebbene nel Quoniam tanto trilli che gruppetti siano eseguiti piuttosto metafisicamente e i gravi siano ormai evanescenti; quello che non è accettabile, invece, è la trovata da primadonna di voler cantare l’Agnus Dei, non tanto per pedanti questioni di rispetto della volontà del compositore, quanto perché la scrittura (pensata per un contralto) insiste con molti Mi su un registro dove il venerando baritono palermitano è costretto ad un’emissione ariosa e priva di smalto. Ma si sa, l’Agnus Dei toglie tutti i peccati del mondo, pure quelli di vanità. Replica sabato 24 alle 17:30.