L’Ape musicale

rivista di musica, arti, cultura

 

Dans l’esclavage d’un human body

di Valentina Anzani

È tornato in scena al Teatro Ridotto di Bologna SAKURA FALLS. Porno Teo Splatter, spettacolo teatrale scritto da Luca Forestani e diretto da Massimiliano Briarava, ipnotico per gli innumerevoli livelli di interpretazione e sconvolgente per le innovazioni linguistiche.

Bologna, 6 giugno 2014 – È frastornati l’aggettivo che più definisce lo stato emotivo di coloro che la sera del 6 giugno scorso sono usciti dal Teatro Ridotto di Laveno, sobborgo ai limiti di Bologna, teatrino che ad ogni visita riserva un’emozione e una scoperta. Nell’intimità di uno spazio limitato, davanti a un centinaio di spettatori, i quindici attori di RÊW - Rocking Entertainment Wonders hanno riportato in scena, per una nuova tornata di repliche, terza dallo scorso febbraio, lo spettacolo teatrale SAKURA FALLS. Porno Teo Splatter. Parlare di repliche è però riduttivo, considerando la continua ricerca – iniziata più di due anni fa – di nuove modalità espressive che caratterizza il gruppo, i cui risultati si riflettono in uno spettacolo ritrovato ad ogni incontro più evoluto.

La vicenda vorrebbe iniziare con il IV atto perduto dell’Otello, in cui Desdemona (Enrico Ruscelli), novella Orfeo, scende agli inferi per ritrovare tra i dannati l’amato (Paolo Cupido), per poi proseguire in una trama complessa e affascinante che sarebbe riduttivo dipanare in questa sede. L’azione è scaturita dal buio, creando un sortilegio denso di parole, suoni, gesti e simboli che, lavorando su molteplici livelli di comprensione, hanno portato a un’attrazione ipnotica verso il bombardamento di suggestioni visive e uditive che gli attori hanno propinato al pubblico. La scena si affollava di dannati, demoni, amanti non corrisposti, assassini, un ingenuo accecato dal proprio amore, una geisha sedotta e seduttrice, un drammaturgo sovrano del male. Una vicenda triangolare tra Otello-Morisu, Desdemona-Sachiko e Shakespeare-Ui Iriyama si intrecciava ad altre azioni parallele che si svolgevano contemporaneamente.

I dannati, ognuno incarnazione di un diverso peccato capitale, paiono tutti generati da Ui Iriyama (Massimiliano Briarava), loro padre e creatore, che li fa tanto schiavi da trasformarli in mobilio. Diversa tra questi è Nana (Valeria Billi), piccola e graziosa creatura: soffre sin dall’inizio senza che ci si riesca a spiegare il perché: non soffrono forse tutti i dannati, gli schiavi? Lei è diversa, Eco innamorata di Otello-Morisu, che in virtù di questo sentimento può trascendere la propria posizione di sottoposta: una volta che avrà perso tutto, sarà colei che in un anelito à la Robespierre spingerà gli altri dannati alla rivolta. La porta dell’inferno diventerà ghigliottina degli oppressori, salvo poi scoprire che tutto «Non fu che un Nightmare!». Una voce fuori campo metterà fine allo spettacolo con le stesse parole con cui Ui Iriyama aveva aveva interrotto la rappresentazione teatrale di cui era regista: dannati, demoni e lo stesso Ui Iriyama, che si credeva sovrano delle volontà di ognuno degli altri, dipendono da una legge superiore.

L’autore del testo, il drammaturgo, si camuffa sotto lo pseudonimo di Luca Forestani, mentre usa il nome di Enrico Ruscelli per l’interprete del personaggio in scena, così da mantere distinte due identità a seconda del ruolo che ricopre all’interno della produzione. Per il suo testo ha coniato una lingua universale e interculturale che ha chiamato desperanto, babele di idiomi che seleziona le parole da una lingua piuttosto che da un’altra in base alla maggiore o minore potenza che esse hanno acquisito in ognuna. L’autore ha consegnato molta parte del proprio testo al canto, in composizioni anch’esse di sua invenzione che invadono l’azione come elemento di vibrazione costante. Deposte le armi dello scrittore, ha creato Sachiko-Desdemona, rivelandosi sublime nella gestualità e magnetico nell’espressione verbale. Sensualissimo nella sua androginia, ha messo a nudo la fragilità del proprio personaggio, muovendosi elegante e perfettamente a proprio agio sui coturni e nell’ingombrante kimono da geisha.

Massimiliano Briarava, regista e attore, è subentrato a Pietro Piva (presente in tutte le precedenti repliche) nell’interpretazione del ruolo di Ui Iriyama, cambiando radicalmente il carattere del personaggio. L’ha privato di ogni manierismo per conferirgli forza, virilità, e ironia. Non più oscurato dalla pluralità di dialoghi e azioni sovrapposte, il personaggio è emerso in tutta la sua potenza. Indimenticabile è il suo sguardo intenso che, persino dal fondo della scena, perforava la selva di attori che si muovevano davanti a lui.

L’Otello-Morisu di Paolo Cupido è apparso enorme e imponente, con la sua pelle brunita, i tatuaggi, le fibre muscolari visibili una per una, e la voce che catturava e graffiava fin nel centro della pancia. I dannati (Clio Abbate, Tommaso Coppola, Alberto Furlini, Paolo Gorgoni, Francesco Mauri, Irma Ridolfini) che si affannavano intorno a lui, erano corpi e voce, generatori di canti della più semplice polifonia, come quelli che nascono nelle civiltà tribali, o come improvvisano i bimbi. Tra di loro un corifeo, impersonato da Michele Zaccaria, è l’unico personaggio buffo della tragedia, che comunque è intessuta di numerosi interventi comici. A completare il quadro vi erano quattro demoni puttane (Giulia Bonfiglioli, Flavia Gramaccioni, Nicole Guerzoni, Cecilia Lorenzetti), spudorate e volgari amanti del diavolo, sempre sensuali nonostante i toni aspri e le risa esagerate che uscivano dalle maschere che portavano.

È stato uno spettacolo pieno di fascino, creato in uno spazio scenico semplice in cui erano i piccoli particolari a essere pieni di significato, valorizzati in modo da far emergere gli innumerevoli riferimenti letterari, artistici e filosofici che disseminano la pièce. Un esempio tra tanti è il ruolo assunto da uno stesso pezzo di stoffa bianca, che è stato straccio, fazzoletto da naso, sbuffo del colletto, ha coperto pudenda esposte; passato di mano in mano, di corpo in corpo, è stato corpo del delitto: il fazzoletto del tradimento di Jago. Fondamentali sono state le luci di Fedra Boscaro e Marco Gigliotti: l’intelligenza estrema con cui erano gestite le ha rese ulteriore testo utile a decifrare l’azione. Oltre che sulla componente scenica e visiva, l’impronta del regista Massimiliano Briarava è evidente soprattutto sui propri attori: l’approccio maieutico che caratterizza il rapporto che sempre stabilisce con i suoi collaboratori ha permesso che i personaggi, per quanto numerosi, fossero tutti costruiti con la massima cura e dotati di una propria individualità, sforzo davvero ammirevole se si considera che lo spettacolo si è condensato in poco più di un’ora cronometrica.

Nulla di quanto è stato rappresentato può essere giudicato, né la violenza – esplicita e occulta –, né le provocazioni, né i sentimenti – puri o meschini che si siano rivelati –, perché la narrazione si svolge in un luogo in cui vigono le regole dell'assurdo. L’inferno? Sorge il dubbio che non sia l’inferno poi tanto diverso dalla realtà: l’amore, il tradimento, la volontà di evasione dalla regola morale non sono forse parte del nostro quotidiano?

Ci si aspettano ora i nuovi risultati della continua ricerca di soluzioni interpretative: ad ogni ripresa dello spettacolo si è assistito a modifiche micro e macroscopiche, che hanno coinvolto toni, azioni, luci, fino alla sostituzione di interpreti. L’impressione predominante è che tutte le linee multiple sovrapposte raggiungano ogni volta un livello ulteriore di definizione. SAKURA FALLS è una serie di onde magnetiche in movimento, che attrae contaminazioni e ne fa dono al pubblico sotto forma di suggestioni: che lo spettacolo continui.

 


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