Mozart tra Apollo e Dioniso

di Antonino Trotta

Ospite dell’edizione 2020 di MITO Settembre Musica, Michele Mariotti torna a dirigere l’Orchestra Sinfonica Nazionale della Rai.

Torino, 9 settembre 2020 – Tra la Sinfonia in sol minore n.25 (KV 183)e quella in sol maggiore n.27 (KV 199) passano appena una manciata di mesi eppure all’ascolto sembrano separate dalle scoperte di un’intera carriera: dalla seconda, luminosa e convenzionale, risultato della migliore metabolizzazione del modello haydniano, la prima si differenzia non solo per la presenza di artifizi strutturali innovativi – Stefano Catucci, che introduce il concerto, non manca di sottolineare la modernità di alcune invenzioni come il ritorno del primo tema nell’ultimo movimento, poi divenuto prassi nella pratica sinfonica successiva –, quanto per le idee nervose e febbrili che ne innervano il tessuto musicale, spingono verso la poetica dello Sturm und Drang e tracciano una netta linea di confine tra i lavori di produzione in serie e quelli invece, nell’accezione più romantica del termine, decisamente ispirati. Nell’universo mozartiano, del resto, il tempo scorre secondo le proprie regole e là dove la contemporaneità di queste due sinfonie potrebbe addirittura disorientarne la comprensione si nasconde forse la chiave per meglio gustare i frutti maturi del genio salisburghese. Di fatto Michele Mariotti, che per la virtuosa edizione di MITO 2020 torna a dirigere i magnifici complessi dell’Orchestra Sinfonica Nazionale della Rai, nella lettura delle due sinfonie in questione non tende solo ad accentuarne le evidenti differenze, piuttosto instrada l’esecuzione su un sentiero che dall’una porta all’altra con soluzioni di spontanea continuità.

Se infatti la n. 27, in apertura di serata, s’impone brillante per il suo carattere apollineo, il suo raffinato geometrismo, tutto articolato in un gioco di prospettive e angolazioni dall’amplissimo spettro dinamico e coloristico – l’intesa tra Mariotti e OSN Rai è eccellente: talvolta sembra incredibile, nonostante insieme essi siano già artefici di mirabilia, che a un gesto, quello del direttore, così sobrio possa conseguire una risposta, quella dell’orchestra, così pronta e varia; si lavora quindi di cesello su ogni frase sicché queste, nel loro rutilante apparire e scomparire, possano presentarsi sempre sotto una nuova luce –, è nella cellula caliginosa dell’Andantino grazioso, annunciata dai bicordi delle viole e lì posta per turbare la serenità emotiva dell’intera sinfonia, che Mariotti individua il punto di giuntura con lo spirito dionisiaco della “Piccola” e fraseggia con efficace enfasi teatrale. A quest’ultima il direttore pesarese si appresta senza alcuna velleità romantica e proprio conservando lo stile rigoroso e analitico egli addiviene al bandolo della matassa. Così si offre un Mozart, oltre che filologicamente corretto, autentico, in cui Dioniso si manifesta sottostando alle leggi di Apollo. Ecco allora che nessun dettaglio della vibrante partitura passa inosservato, né alcun pensiero rimane inespresso o svuotato del suo peso specifico nell’economia della sinfonia. E in una sinfonia scandita da contrasti che vanno al di là dei bruschi passaggi dal piano al forte – passaggi che, per inciso, sono resi con ineccepibile perizia tecnica –, tutto concorre ad animarne la drammaturgia: eccezionale, per fare un esempio, è la resa dello stesso tema con acciaccatura dell’Allegro con brio iniziale che, grazie ad uno spostamento d’accento, da tormentato e inqueto nell’esposizione sa farsi galante e mondano nella ripresa.

Tra le due sinfonie, infine, la celeberrima Danse des Esprits bienheureux da Orphée et Eurydice di Gluck è un’oasi di distesa cantabilità in cui ammirare i colori vaporosi dell’orchestra e lasciarsi coinvolgere dal canto malinconico evocato del flauto di Alberto Berletta. Teatro, nei limiti delle disposizioni vigenti, “pieno” e applausi convinti per tutti gli artisti.