Memoria e profezia

di Luigi Raso

Torna la musica al San Carlo con una lettura maiuscola della prima sinfonia di Mahler firmata da Juraj Valčuha. Un Titano, il suo, alieno da scorciatoie trionfalistiche e tanto elegante nel dipanare filigrane armoniche e contrappuntistiche quanto mobile, variegata, incandescente.

NAPOLI, 27 settembre 2020 - Superata l’emozione di aver rivisto la magnifica sala del San Carlo finalmente ripopolata dal proprio pubblico, e con l’orchestra schierata - seppur prudenzialmente distanziata - sul palcoscenico, è il risveglio della natura del primo movimento, Langsam, Schleppend, Wie ein Naturlaut; im Aanfag sehr gemächlich; belebtes Zeitmass (Lentamente, trascinato, come un suono della natura; all'inizio molto tranquillo), dalla Prima sinfonia “Titano” di Gustav Mahler a riportare l’orchestra, e al gran completo, presso la propria casa.

Nella sala del Niccolini pubblico e orchestra si erano salutati, lo scorso 22 febbraio, al termine dell’interessantissimo concerto diretto da Dennis Russell Davies (leggi la recensione), inconsapevoli che si sarebbero ritrovati soltanto dopo sette lunghi mesi. Ad interrompere il lungo digiuno musicale, l’intermezzo estivo in Piazza del Plebiscito; ma il ritrovare i velluti rossi, gli stucchi e gli ori del San Carlo ci inducono a confidare in un progressivo ritorno alla normalità.

E così, dopo la sospensione sonora dell’incipit del primo movimento della Sinfonia - un lungo e misterioso pedale degli archi, sospeso nell’attesa dell’ignoto - è il leggiadro risveglio della natura, il quale, imitando il canto degli uccelli, infonde all’intero movimento ilarità e genuina cantabilità. Ed è proprio il fluire popolaresco della melodia (citazione e la rielaborazione del secondo dei Lieder eines fahrenden Gesellen) introdotta dai violoncelli a evocare la rinascita e il risveglio in tutti noi.

Si tiene ben lontano dalla tentazione di scorciatoie trionfalistiche la concezione della Prima sinfonia e la concertazione di Juraj Valčuha, il quale plasma, dirigendo senza bacchetta, un’orchestra sempre precisa e duttile. Vediamo Valčuha “accarezzare” la compagine orchestrale, sempre alla ricerca delle giuste dinamiche e del colore più appropriato, del rubato più appropriato e dell’attacco più preciso. Ne risulta una lettura di estrema eleganza, variegata, incline a mostrarci in filigrana la struttura armonica e contrappuntistica della partitura.

L’incisività e la perentorietà dell’attacco del secondo movimento, Kräftig bewegt, dock nicht zu schnell (Vigorosamente mosso, ma non troppo veloce), che Valčuha chiede e ottiene dalla propria orchestra, si stempera, nel procedere del movimento, nell’incedere lieve e danzante delle danze contadine morave: è il mondo di Gustav Mahler che perentorio riaffiora alla memoria dell’Autore. È invece interamente lavorata di fine cesello la reminescenza, storpiata dall’approssimazione della memoria, del valzer viennese: qui Valčuha e l’orchestra si ritagliano un’oasi di consolante nostalgia, con sonorità prossime a quelle cameristiche; un’agogica estremamente mobile e la perfetta fusione delle sonorità orchestrali rendono l’evocazione del valzer la gemma dell’interno movimento.

La perfetta forma dell’Orchestra del San Carlo - encomiabile in tutte le sezioni per precisione, qualità e duttilità del suono e per la spiccata attitudine ad assecondare anche le più piccole dinamiche - rende il terzo movimento, Feierlich und gemessen, ohne zu schleppen (Solenne e misurato senza trascinare), probabilmente il più prettamente mahleriano dell’intera sinfonia, il luogo musicale nel quale si scompone e ricompone il mondo del compositore boemo. Qui percepiamo il passato e il presente del mondo di Gustav Mahler; ma soprattutto, grazie alla straordinaria vis prophetica di Mahlerche la storia del “Secolo breve” ha tragicamente confermato, ne intravediamo il futuro. 

Juraj Valčuha è particolarmente attento a mostrarci con nitida precisione sonora la scomposizione di quel mondo del quale è egli stesso geograficamente e culturalmente figlio: si avverte l’intima assonanza e la profonda capacità di indagare quella temperie culturale. Risuona quanto mai lugubre la melodia che storpia il celebre canone Bruder Martin, il nostro Fra’ Martino; ma è l’intero movimento a configurarsi come un crescendo di tensione, un continuo scricchiolio di cocci di un universo che si compone e scompone. Si percepisce, quindi, attenzione e cura per ogni minimo particolare, per ogni sonorità e strumento, pur senza mai perdere la bussola dell’unitarietà formale del tutto: l’irrompere improvviso, dall’effetto sarcastico e straniante, degli echi di musica Klezmer è preparata con cura, perfettamente incastonata nel corpus del movimento.

A mettere a tacere la ridda di reminescenze è il tumultuoso e tellurico attacco del quarto e ultimo movimento, Stürmisch bewegt. Energisch (Tempestosamente agitato), con il quale Valčuha e l’orchestra scaricano fonicamente le tensione accumulata nei precedenti movimenti: è un attacco barbarico, quasi anticipatore delle celebri martellate della Sesta sinfonia “Tragica”, che si stempera nel successivo meraviglioso tema affidato agli archi, dal lirismo emotivamente incandescente e dagli echi tipicamente cajkovskijani. Per introdurre il tema, Valčuha crea una sospensione che gronda mistero. Gli archi cantano con emozionante intensità; il gesto del direttore slovacco si fa infuocato, il respiro dell’orchestra incalzante. Il fraseggio variopinto e incisivo indirizza il procedere musicale verso atmosfere sonore che deflagrano nel lirismo incandescente.

Il crescendo di tensione, con agogica sempre più stringente, ci conduce al finale trionfalistico: i clangori degli ottoni e delle percussioni sembrano l’annuncio della nuova epoca nella quale però si innesta, a mo’ di ricordo, il Naturlaut, il suono della natura iniziale. Ma è soltanto una temporanea sospensione, meravigliosamente evidenziata dalla diminuzione delle dinamiche e dall’assottigliamento delle sonorità orchestrali da Valčuha: la connotazione trionfalistica si riaffaccerà presto, ancor più sbalzata, amplificata dal sapiente contrasto delle dinamiche. A conclusione dell’inarrestabile e trascinante crescendo di eccitazione impresso da Valčuha all’intera compagine orchestrale, la sezione dei corni, come prescritto, si alza in piedi come a suggellare il trionfo finale.

Estremamente calorosi e, soprattutto, prolungati sono gli applausi che salutano questa pregevolissima interpretazione della Prima sinfonia di Gustav Mahler.

Le norme anti Covid-19 ci stanno abituando a un rigido ridimensionamento del numero degli spettatori e il loro distanziamento; tuttavia, la qualità dell’esecuzione e la lunga astinenza dalla frequentazione del teatro rendono gli applausi ancor più affettuosi e beneauguranti, tesi a dimostrare la sincera vicinanza del pubblico al proprio teatro, all’orchestra e al direttore musicale, più volte richiamato sul palcoscenico.

Il primo concerto al San Carlo dopo il lungo lockdown è un vero trionfo.

La musica sinfonica nel San Carlo ha ritrovato la sua casa; tra pochi giorni (il 2 il 4 ottobre) toccherà alla lirica, con Die Zauberflöte eseguito in forma di concerto.