Musica e perfezione con Levi e Lifits

di Alberto Spano

Pianista e direttore in stato di grazia instaurano una formidabile unità d'intenti per un concerto da ricordare, nell'audace stagione al Paladozza al tempo del Covid.

BOLOGNA, 15 ottobre 2020 – Un concerto perfetto. Così si potrebbe sintetizzare la bella serata con l’Orchestra del Teatro Comunale di Bologna diretta da Yoel Levi con la partecipazione del pianista Michail Lifits, quarto appuntamento sinfonico ospitato al PalaDozza di Bologna, era post-Covid. Dopo quasi un mese di frequentazione di questa singolare sala di concerto, nata per il basket ma ora riadattata alla musica classica con coraggiosa audacia dalla dirigenza del teatro, bisogna riconoscere che molto si è migliorato in termini di diffusione del suono. Meno spaesati e più consapevoli nella loro prestazione paiono i professori dell’orchestra, continue messe a punto dell’impianto elettronico di amplificazione sono nel frattempo intervenute, oltre ad una decisa capacità di assuefazione del pubblico alla riverberata e un po’ confusionaria acustica dell’enorme e altissima costruzione, tanto da poterci offrire serate di alto livello performativo, col conforto continuo della sicurezza e del distanziamento fisico secondo le più severe norme anti-Covid. Non è cosa da poco, e continuo resta il sentimento di riconoscenza nei confronti di chi si è assunta la quasi folle decisione di trasferire qui la stagione post lockdown del teatro, lirica e sinfonica.

Sarà poi che pianista e direttore sono in un particolare stato di grazia, e che fra loro si è instaurata una formidabile unità di intenti interpretativi, fatto sta che è difficile immaginare oggigiorno una esecuzione più felice del Primo Concerto in sol minore per pianoforte e orchestra op. 25 di Felix Mendelssohn-Bartholdy di quella ascoltata l’altra sera.

Il settantenne direttore israeliano Yoel Levi, già allievo di due immensi maestri quali Franco Ferrara e Kirill Kondrashin, nonché vincitore del Concorso Internazionale di Besançon e assistente per sei anni di Lorin Maazel, è uno di quei musicisti che possiede il dono della naturalezza e della grazia. Entra nella musica di Mendelssohn abbattendo ogni barriera tecnica, tutto fluisce con lui con accecante proprietà. L’orchestra lo segue come trasfigurata, ogni strumentista si sente come all’interno di un vortice formale che lo protegge e avvolge, dando il meglio di sé e liberando singolarmente le mai sopite virtù strumentali. Gli va dietro con incredibile scioltezza il trentottenne pianista uzbeko naturalizzato tedesco Michail Lifits, che qui suona esattamente dieci anni dopo il suo quasi invisibile esordio solistico sotto le due torri nel 2010, quale fresco vincitore del Concorso Pianistico “Ferruccio Busoni” di Bolzano. Cosa vuole dire la maturazione di una carriera: lo ricordavamo allora provetto esecutore in punta di forchetta, con quella tipica perfezione un po’ anodina di chi sbaraglia i concorsi, lo ritroviamo ora un poeta sensibilissimo della tastiera che non ha perso un ette di quella perfezione tecnica che gli consentì la vittoria, ma con una aggiunta carica emotiva e un peso sonoro che ha pochi confronti oggi con i suoi coetanei. Levi e Lifits assieme offrono un approccio estremamente fluido e toccante a questo difficilissimo concerto di Mendelssohn, sempre in bilico fra romanticismo lirico e brillantezza Biedermier. Lifits lo affronta spavaldo con sovrana armonia, senza la benché minima sbavatura e con una spettacolare rifinitura del gioco puramente pianistico (il famoso jeux perlé), quale non udivamo così riuscito in concerto dai tempi di Nikita Magaloff. Impressione confermata nell’affascinante bis col Notturno postumo in do diesis minore di Chopin, offerto con un raffinato rubato d’altri tempi.

Yoel Levi continua poi a cavare il miglior suono possibile dall’orchestra e la migliore concentrazione espressiva, con geniali spunti ed evidenze strumentali, nella Sinfonia n. 3 in mi bemolle maggiore op. 55 “Eroica” di Beethoven. Una lettura estremamente coerente e matura, frutto di una familiarità assoluta col testo e un approfondimento musicale di rara sagacia. La macchina orchestrale è con Levi sempre sotto controllo, tutto funziona come un meraviglioso meccanismo perfettamente oliato, fino a fare emergere la musica nella sua più totale purezza. Financo a piegare la problematica acustica del luogo al proprio volere, con sbalorditiva sensibilità di adattamento.

Un concerto memorabile da segnare fra i migliori nella storia del Teatro Comunale di Bologna.

foto Ranzi/Casaluci