Buon compleanno, Gaetano

di Roberta Pedrotti

Le candeline si possono spegnere a distanza e si può brindare in musica anche con le mascherine e via streaming. Lo dimostra il galà GaetAMO Bergamo per il dies natalis del compositore con gli artisti impegnati nel Festival Donizetti Opera. 

BERGAMO, 29 novembre 2020 - Mentre c'è chi si lamenta di non poter far feste e banchetti in pandemia, il compleanno di Donizetti si può ben festeggiare a distanza con un galà in streaming, tutti in mascherina tranne i cantanti quando le distanze lo permettono (quindi viso scoperto per arie e duetti, protetto per il brindisi finale dal Campanello, in cui i cast al completo si uniscono in coro).

Per poter festeggiare presto di persona, i calici si possono ben alzare e le candeline spegnere senza bruciare le tappe e sfruttando la tecnologia. Anzi, nella serata trasmessa dal 29 novembre sulla web tv di Donizetti Opera abbiamo la possibilità di veder sfruttati diversi spazi e strutture sceniche, con Celso Albelo che si aggira fra le tombe degli avi e osserva le faci del castello sui ponteggi del Marino Faliero, da cui viene anche l'orrida testa da seppia simpaticamente brandita dal Belcore di Christian Federici quando arruola Nemorino/Giorgio Misseri, Michele Pertusi e Fabio Maria Capitanucci a duettare nel Teatro Sociale della Città alta, Anna Bolena o Dulcamara ad aggirarsi sul gran prato delle Nozze in villa, la cui varia attrezzeria rinasce per celebrare non sfarzosi matrimoni ma il più importante, qui, dei genetliaci: quello cui devono la vita tutte le pagine cantate e suonate.

Si comincia, a mo' di ouverture, con la Sonata per violino e pianoforte affidata a Daniela Pellegrino e a Stefano Montanari, che per l'occasione posa la bacchetta e non siede al clavicembalo, ma riprende in mano l'archetto e sfodera le sue qualità di raffinato solista. Il suo tipico look anticonvenzionale sembra fatto apposta per contrastare con l'azzurro squillante del pianoforte Zanta, dove si alternano con ottimi risultati Pellegrino e Ugo Mahieux.

Celso Albelo è un Edgardo passionale anche nell'abbandono dell'epilogo, con squillo e belle sfumature. Gli succede a bordo di una vettura elettrica Omar Montanari come Dulcamara, poi Francesca Dotto con un “Al dolce guidami” legato con morbidezza, fluido nella coloratura, chiaro nell'accento. Carmela Remigio è spiritosa e musicalissima nella Canocchia dalle Nuits d'été à Pausilippe, mentre Annalisa Stroppa sarebbe un'interprete perfetta della Favorite, ma ascoltare ancora “O mio Fernando” ricorda l'urgenza di gettare per sempre alle ortiche una traduzione brutta e fuorviante. Si incrociano quindi l'Elisir d'amore e Don Pasquale con un'aria e un duetto a testa. Dave Monaco, che avevamo apprezzato nelle poche battute riservate a Leoni nel Faliero, ora può sfoggiare più liberamente la sua bella voce in “Una furtiva lagrima”, mentre con “Bella siccome un angelo” Bogdan Baciu passa un po' più in sordina. Nel duetto fra Nemorino e Belcore, Federici conferma anche in parte schiettamente baritonale la buona impressione destata nel Faliero, mentre Misseri, un po' rigido, sembra non liberare pienamente il proprio potenziale. Accanto al Malatesta di Fabio Maria Capitanucci, Michele Pertusi offre la consueta lectio magistralis di canto, stile, e vis comica degna dei grandi attori dell'età dell'oro della commedia all'italiana (già che oggi ricorre pure l'anniversario della scomparsa di Mario Monicelli, oltre che di Puccini). Poi, si torna in contesti serissimi, con il severo e concentrato Roberto Frontali impegnato come Nottingham nel Roberto Devereux.

Il prefinale è riservato a due opposti nella produzione cameristica donizettiana: il Lamento in morte di Bellini intonato da un'ispirata Manuela Custer, dalla musicalità sempre intelligente, e Amor marinaro con un'accattivante Gaia Petrone, di cui si apprezza il calore del timbro.

Poi arriva Riccardo Frizza in frac e mascherina griffata Donizetti Opera, l'imperatore Giustiniano di Belisario (il basso Simon Lim) si trasforma nell'Enrico del Campanello e tutti in abiti quotidiani e mascherina ben indossata (se cantando si abbassa, subito si sistema) brindano “Mesci, mesci e sperda il vento | ogni cura, ogni lamento”

La serata, musicalmente varia e fluida, con un efficace sfruttamento degli spazi, era curata drammaturgicamente da Alberto Mattioli e presentata con professionale eleganza da Cristina Parodi e dal direttore artistico Francesco Micheli, sempre travolto dalla passione per Donizetti. I loro interventi fanno da collante nel montaggio dei vari brani registrati separatamente e raggruppati in quattro aree tematiche (il colera, le donne, il riso, l'Italia). Resta invece qualche dubbio su alcune affermazioni un po' enfatiche, che fanno quasi passare l'idea, per esempio, che sia Donizetti il primo ad aver dato spazio a grandi personaggi e interpreti femminili (senza nulla togliere a Bolena, Borgia, Norina, Adina, Lucia o Elisabetta, qualcuna prima di loro c'è stata...), così come l'accorpare l'aria dal Roberto Devereux nel sottotitolo “Donizetti e l'Italia” sembra un po' forzato. Soprattutto, non è chiaro perché Donizetti Opera sia stato definito da Parodi “l'unico festival in Europa che è stato fatto durante la pandemia”: e il Rossini Opera Festival, che proprio in questi giorni ha trasmesso in diretta la sua edizioni autunnale? E, nei mesi scorsi ma sempre con il Covid in circolazione, Parma, ancora Pesaro, Verona, Macerata, Salisburgo, Martina Franca, Torre del Lago..? Una stecca, pazienza: di sicuro fra le note di Donizetti non ne abbiamo sentite e da questo festival, come da tutti i festival che hanno saputo reinventarsi in questi mesi, serberemo solo bei ricordi di passione, tenacia e speranza in un momento tragico.