L’Ape musicale

rivista di musica, arti, cultura

 

Essenzialità e funzionalità

di Antonino Trotta

Ospite dell’Associazione Lingotto Musica, la Malmö Symphony Orchestra guidata dal direttore principale Robert Trevino debutta a Torino con pagine popolari di Brahms e Beethoven.

Torino, 4 febbraio 2020 – Essenziali e funzionali. Se già il nome dell’orchestra richiama quello di un’illustre cassettiera, i primi due aggettivi che vengono in mente dopo aver ascoltato la Malmö Symphony Orchestralasciano intendere, probabilmente a torto, che minimalismo ed efficacia siano per gli svedesi valori profondamente radicati anche al di là dello strepitoso modello di business.

Al concerto per violino e orchestra in re maggiore op. 77 siffatto paradigma interpretativo non giova tantissimo, nonostante Robert Trevino monti con sicurezza sul podio e Alena Baeva domini con assoluta padronanza tecnica, anche al netto di qualche minima sbavatura, l’impervia scrittura. Dei tre movimenti del concerto brahmsiano, l’Allegro non troppo iniziale è quello più problematico: il direttore Trevino gioca molto sui contrasti tra i melodiosi involi lirici e i possenti gonfiamenti di petto, assai netti sul piano dinamico e ancor più sul versante agogico. Tra direttore e solista, in ogni caso, sembra venir meno l’intesa e Baeva si inserisce timidamente in questo contesto ritmico stressato, mancando in parte il contatto con la solennità di respiro sinfonico che Brahms ristabilisce nel concerto per violino romantico. L’Adagio centrale, dove la scrittura orchestrale più rarefatta consente al violino solista di emergere in tutta la sua cantabilità, gioca invece a favore di Baeva che non manca di sfoggiare musicalità sensibile e intonazione da manuale, al contrario degli ottoni che invece inciampano in più di uno svarione. Infine l’Allegro giocoso, ma non troppo vivace conclusivo si fa palcoscenico di mirabolanti acrobazie in punta di archetto: Baeva rifiorisce in un fraseggio arguto, brillante, certamente non dimentico quei modi ungheresi così cari alla classicità viennese. Per lei gli applausi sono calorosissimi.

La musica cambia con la Settima di Beethoven, dove la sopracitata essenzialità dimostra qui di essere una carta assolutamente vincente. Anche perché, a onor del vero, la Malmö Symphony Orchestra Beethoven lo suona benissimo. L’interpretazione di Trevino non brilla per originalità né inventiva, questo è vero, ma ha il grande merito di fare bene tutto quel che c’è da fare. Le sezioni appaiono ora affiatate e ben amalgamate tra loro, l’intonazione si è fatta precisa, il ventaglio dinamico si apre a raggiera per volumi meno ingabbiati in una monotona dicotomia. Così l’Allegretto in seconda posizione, giustamente reso senza quegli erronei accenti da marcia funebre, fa bella mostra di magnifici crescendo che dal pianissimo affidato agli archi gravi – in cui, tra l’altro, l’orchestra esibisce un bellissimo colore – conducono al vibrante fortissimo, dove il sommesso tema trasfigura in un solenne canto di preghiera. L’irruzione dello scherzo (Presto) rinnova l’ebrezza di quel vitalismo danzante già introdotto dal Poco sostenuto – Vivace iniziale che poi esploderà nell’Allegro con brio conclusivo, affrontato con uno slancio che non eccede mai, né mortifica, il senso della misura e che piuttosto esalta la carica dionisiaca dell’ultimo movimento.

All’auditorium al solito gremito fino all’orlo, Trevino e la Malmö Symphony Orchestra concedono ben due bis: lo Scherzo dalla Pastoral Suite del conterraneo Lars-Erik Larsson e una vanesia lettura della danza ungherese n.5, eseguita nel solco della più gigionesca tradizione del fuori programma. Forse non era giunto il momento di rinunciare all’essenzialità.

foto © Pasquale Juzzolino


 

 

 
 
 

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