Ti desta, Luisa

 di Stefano Ceccarelli

L’Opera di Roma presenta, in ripresa video, una splendida Luisa Miller di Verdi. Sul podio, Michele Mariotti; il cast è tutto di altissimo livello: la Mantegna (Luisa), Poli (Rodolfo), Pertusi (Conte di Walter), Frontali (Miller) e la Barcellona (Federica). Una serata di eccellente musica, che può essere comodamente fruita sul canale YouTube del teatro.

ROMA, 8 maggio 2021 – Il Teatro dell’Opera di Roma propone un nuovo allestimento della Luisa Miller di Giuseppe Verdi, purtroppo un allestimento in sola ripresa video, senza pubblico. Il coro, per esigenze di distanziamento, si trova sparso fra la platea e i palchi; lo spettacolo, di fatti, è un’opera in forma di concerto.

Torna a dirigere al Costanzi Michele Mariotti, che propone una direzione autenticamente drammatica, a tratti vellutata (si riascoltino alcuni passaggi, interlocutori, dell’ouverture), che fa emergere tutte le venature e i colori di una scrittura verdiana in evoluzione e sperimentazione, fucina di tanti dei capolavori successivi. La lunga consuetudine rossiniana (in particolare, del Rossini serio) ha esercitato il gusto di Mariotti per i particolari atmosferici, che impreziosiscono l’esecuzione. Se si sta bene attenti mentre Mariotti dirige le voci e il coro, ci si accorge di come evidenzia particolari sì secondari nel tessuto armonico, ma che possono far scoprire sonorità spesso tralasciate da altri direttori. Mariotti è un direttore certosino, ma non per questo meno d’effetto: anzi, questa attenzione ai particolari coloristici dona nuova luce, quasi ‘restaura’ una vulgata esecutiva che rischiava di appiattire Luisa Miller in un ruolo marginale rispetto ad altre opere di Verdi. Direzione drammatica – dicevo – che può facilmente essere riascoltata nell’ottimo finale I, di impianto tradizionale, e soprattutto nel finale III, che grazie alla bacchetta di Mariotti fa sentire chiari e distinti i germi di quelle idee, come pure nuances musicali, che si ritroveranno in opere successive, come Traviata e Otello. L’orchestra è in forma eccellente e il coro canta bene la sua parte.

Il cast vocale è scelto a pennello, rendendo l’opera godibilissima. Roberta Mantegna canta magistralmente il ruolo del titolo. Diplomata del progetto “Fabbrica” Young Artist, la Mantegna è una ‘maestranza’ a tutti gli effetti maturata fra le mura del Costanzi; maturata, peraltro, bene, visti i debutti in vari teatri europei che hanno costellato gli ultimi anni (pre-covid) della sua carriera. Il ruolo di Luisa Miller presenta non poche difficoltà, che la Mantegna affronta perfettamente grazie al controllo eccellente di un mezzo vocale che ha nella tersa chiarezza, nell’uniformità e nello svettare ad acuti centrati, squillanti e intonati le sue qualità più evidenti. Fin dalla sua cavatina («Lo vidi, e ’l primo palpito»), la Mantegna disegna le agili linee vocali – soprattutto le parti più virtuosistiche – con magistrale controllo della voce, mantenendo una delicatezza virginea che l’accompagnerà per tutta l’opera e sarà quanto mai opportuna per interpretare il ruolo di Lucia. La Mantegna è, però, anche in grado di esprimere intensi accenti di dolore, come nell’aria del ricatto di Wurm («Tu puniscimi, o Signore»); ma è forse nel già citato finale III, momento di sperimentazione verdiana i cui frutti – appunto – si noteranno anni dopo, che si possono ascoltare tutte le doti della Mantegna, la quale trapassa da accenti eterei, a smanie suicide ed amorose al contempo. Rodolfo è cantato da Antonio Poli, che è dotato di una emissione a fior di labbra, elegantissima nel fraseggio; la sua voce, squillante e chiara, gentilmente brunita, è particolarmente adatta al ruolo di questo tenore romantico, tutto dolcezze e furori. Fra i più bei momenti della sua esecuzione non possono che citarsi il duetto con la Barcellona («Dall’aule raggianti di vano splendor»), il finale III, in cui trova soluzioni fra le più varie a livello drammatico, e la sua celebre aria «Quando le sere al placido», tutta cantata con intenso trasporto. Roberto Frontali, ben noto al pubblico romano, canta uno splendido Miller. La sua voce brunita, quasi graffiante in alcune zone della tessitura, incarna bene un padre attempato, d’onore e geloso della propria figlia. La sua aria dal I atto («Sacra è la scelta d’un consorte») è perfettamente sorretta dalla sua robusta corda baritonale nel cantabile e, nella cabaletta, trova momenti di pura energia, sottolineati dai perfetti staccati degli archi e dagli interventi della tromba, un controcanto quanto mai adatto al timbro della sua voce. Michele Pertusi interpreta uno statuario Conte di Walter, soprattutto grazie alla sua voce incredibilmente duttile, uniforme nei registri, in grado di donare a ogni frase il giusto senso mediante l’opportuno colore. La sua cavatina («Il mio sangue, la vita darei») brilla per ferinità di accenti e senile profondità della voce, della medesima verve che troverà anche nel finale I. Straordinaria la Duchessa di Daniela Barcellona, la cui voce piena, rigogliosa dona piena linfa al carattere; peraltro, la Barcellona, dopo uno smagliante duetto con Poli (I atto), si distingue per sensibilità di accenti nella scena dell’interrogatorio a Luisa. Marko Mimica canta un buon Wurm; fra i comprimari, colpisce per ricchezza del mezzo vocale Irene Savignano nel ruolo di Laura.

Una Luisa Miller, dunque, ottimamente diretta e cantata; una serata di musica che lascia un solo rimpianto: non aver potuto applaudire gli artisti dal vivo.