Il trionfo delle donne

di Irina Sorokina

Nella seconda delle due recite di Aida in forma di concerto sotto la direzione di Riccardo Muti, torna a vestire i panni di Amneris la prevista Anita Rachvelishvili. Suo è il trionfo della serata, ben ripartito con la protagonista non meno indimenticabile di Eleonora Buratto.

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Nell’anno in corso, duemilaventuno, sembra che i numeri stessi si siano combinati per fornire al pubblico in trepidante attesa – seimila spettatori al posto di mille del 2020, anno pandemico – un evento straordinario per aprire il festival areniano. Cadono centocinquant’anni dalla prima dell’Aida, titolo areniano per eccellenza, al Cairo, e se ne festeggiano cinquanta dalla prima interpretazione della partitura verdiana da parte di Riccardo Muti, entrato ormai nella leggenda. È così che al pubblico viene offerta un’occasione imperdibile di poter ascoltare l’Aida diretta dall’ottantenne Maestro. Ma non finisce qui: si possono ascoltare i due cast di tutto il rispetto, con la partecipazione dei veri mostri sacri della lirica accanto a debuttanti e addirittura artisti ancora sconosciuti per le scene veronesi.

Aida in forma di concerto, intendiamoci; quella “completa” è prevista una settimana dopo. Possiamo considerarci davvero fortunati: gli immensi spazi areniani accolgono un’Aida decisamente particolare che offre molti punti di riflessione e si discosta decisamente da un’opera-ballo guarnita dalle scene luccicanti di dubbio gusto con la partecipazione degli animali, senza parlare di masse di coristi, ballerini e figuranti spesso costrette a marciare da destra a sinistra e viceversa. Quella di Muti è una lettura decisa e particolarmente raffinata nei punti cui meno, solitamente, si presta attenzione, come i ballabili.

È facile farci scappare la definizione della sua lettura come “intimistica” ed è proprio quella che vogliamo evitare. Di interpretazioni “intimistiche” ne abbiamo sentite nel corso degli anni, in Arena e al chiuso, ai teatri italiani e nei numerosi teatri all’estero. Quel che offrono i complessi areniani guidati dal maestro napoletano è ben più ricco: ci viene offerta un’Aida in pieno, anzi pienissimo, rispetto della partitura verdiana segnata da un equilibrio perfetto tra le scene di massa spettacolari, gli assoli e i duetti/terzetti dei protagonisti che scavano in profondità nella delicata psicologia femminile e in quella molto più semplice maschile. Ma, per quanto diversi tra loro, tra le donne e gli uomini in Aida nessuno è destinato a vincere la propria battaglia e vivere felice e contento: tre protagonisti muoiono e Amneris rimane condannata a una sofferenza che è peggio della morte. C’è tutto questo nella lettura di Muti che, dirigendo l’orchestra e il coro areniani, punta all’equilibrio tra le sonorità brillanti e drammatiche nella scena del trionfo e le tinte sobrie e cupe del secondo quadro del primo atto, la scena del Nilo e il penetrante addio alla vita dei due innamorati. Un elogio particolare va all’esecuzione dei ballabili, la danza dei moretti del primo atto e quella ben più ampia della scena del trionfo: la loro bellezza tutta particolare, che offre un contributo speciale all’approfondimento della psicologia dei personaggi, è finalmente messa in risalto e diventa uno dei momenti più emozionanti di quest’insolita Aida areniana.

Per quanto il cast, ci sono alcuni cambiamenti: al posto di Anita Rachvelishvili, in attesa di un figlio, il 19 giugno canta Anna Maria Chiuri; il mezzosoprano georgiano è un’eccezionale Amneris nell’esecuzione del 22 giugno.

È proprio nel cast della seconda esecuzione si crea una competizione involontaria tra le parti femminile e maschile, con la “vittoria” decisamente attribuibile al gentil sesso. Eleonora Buratto, debuttante nel ruolo del titolo, e Anita Rachvelischivili forniscono un’interpretazione indimenticabile, lasciando il segno nei cuori e nella memoria di quelli che hanno fortuna di ascoltarle.

La Buratto cala perfettamente nella parte della principessa etiope, non ha bisogno del trucco e del costume per disegnare una giovane donna nobile e sensibile, coinvolta in un conflitto irrisolvibile tra l’amore e il dovere. Canta in modo spontaneo e appassionato, sfoggia timbro incantevole, morbido e lucente, fornisce una linea di canto naturale e nello stesso tempo raffinata; non le si può rimproverare nessuna imprecisione o sbavatura.

Raramente capita la fortuna di godersi un’interpretazione del ruolo di Amneris così incisiva, addirittura grandiosa: Anita Rachvelishvili è in possesso di uno strumento davvero eccezionale, non tanto per il volume notevole, quanto per il colore scuro del timbro. Le sue note basse, piene e ricche di colore, acquistano forza espressiva senza paragoni; nella scena di giudizio la cantante georgiana raggiunge le vette dell’interpretazione.

Radames è Azer Zada, un giovane tenore dell’Azerbajdzan, perfezionatosi presso l’Accademia del Teatro alla Scala (due mesi fa L’ape musicale ha pubblicato la recensione della recente Tosca al Palcoscenico Nuovo del Teatro Bol’šoj, messa in scena dal regista italiano Stefano Poda: Mosca, Tosca, 25/04/2021). Notiamo che è l’unico cantante straniero nel cast dell’Aida d’apertura (all’inizio era previsto Francesco Meli). Zada non è un gran tenore, ma un tenore che potrebbe essere non male, in possesso di timbro gradevole e buona tecnica; canta con musicalità e sensibilità e vanta una pronuncia corretta. Dopo una lunghissima frequentazione delle stagioni areniane e dopo aver accumulato un mucchio dei brutti ricordi di si bemolle finali della romanza davvero infelici, quasi sempre affaticati e “sparati”, abbiamo la possibilità di ascoltare la perfida nota sfumata con sensibilità e maestria.

Non figura molto bene il grande baritono Ambrogio Maestri (anche lui in sostituzione: nel ruolo di Amonasro sarebbe dovuto essere Luca Salsi) che da sempre ha tutte le carte in regola per il ruolo del re etiope. Appare affaticato fisicamente (abbiamo notato certe difficoltà nell’alzarsi dalla sedia) e non a proprio agio vocalmente; avrebbe voluto, forse, disegnare un Amonasro indomabile e impetuoso, ma la visione dell’Aida da parte di Muti glielo impedisce. Ne viene fuori un Amonasro corretto, ma poco coinvolgente.

Nei ruoli di Ramfis e del Re d’Egitto abbiamo due bassi dai nomi più che rispettabili, Riccardo Zanellato e Michele Pertusi; ci capiterà un’altra volta di sentire quest’ultimo nei panni del Re? Anche in questo caso si tratta della sostituzione, avrebbe dovuto esserci Roberto Tagliavini. Ci dispiace dirlo, ma entrambi i cantanti lasciano una scia di delusione. Ci rimangono non chiare le cause di un tale risultato; entrambi sono poco incisivi nei rispettivi ruoli e temono il confronto con due splendide interpreti femminili.

Buone parole vanno ai giovani Riccardo Rados, un messaggero dalla voce squillante e dalla pronuncia incisiva, e Benedetta Torre, sacerdotessa incantevole (abbiamo ascoltato la sua Adina ne Elisir d’amore al Festival del Tirolo due anni fa: Erl, L'elisir d'amore, 02/01/2020).

Una nota dolente va all’impianto d’amplificazione; il pubblico delle tribune a destra ha sentito la voce degli interpreti messi a sinistra di Riccardo Muti come se fossero collocati a destra. Dopo qualche momento di perplessità i cantanti sono stati visualizzati soprattutto grazie alla chioma del tenore.

Il coro areniano, preparato da Vito Lombardi, da sempre miete i successi ed è “condannato” ad essere elogiato anche in queste due serate irripetibili, segnate dal trionfo di una grande, anzi, grandissima musica.

Una serata magica e ben azzeccata anche grazie al video design e scenografie digitali D-Wok.