Una beffa sotto le luci della Grande mela

di Irina Sorokina

Un divertente allestimento di Don Pasquale con la regia di Pier Francesco Maestrini e la gradita sorpresa della direzione di Ferdinando Sulla per l'estate del Regio di Parma al Parco della Musica. Alti e bassi nel cast vocale.

Parma 30 giugno 2021 - È la seconda estate nel segno del Covid-19 e la seconda proposta allettante del Teatro Regio di Parma, una stagione al Parco della Musica, ex Eridania, dove si trova il grande Auditorium Niccolò Paganini, sede della Fondazione e dell’Orchestra Toscanini. I suoi grandi spazi, il verde, le atmosfere accoglienti e l’edificio sobrio che serve da retroscena sembrano fatti apposta per aiutarci a sopportare meglio la situazione difficile per artisti e tutti i devoti all’opera.

Nei tempi duri che corrono, se si vuole trovare un titolo con pochi personaggi e un piccolo coro (aiuta a puntare al risparmio), offrire al pubblico qualcosa di ben funzionante e divertente, sono due titoli a venire immediatamente in mente, entrambi donizettiani, L'elisir d’amore e Don Pasquale. Sono fonti inesauribili per trovate registiche e offrono molte opportunità ai cantanti, compresi quelli giovani. Ed eccoci al Parco della Musica a godersi Don Pasquale. Il capolavoro di Donizetti è tornato a Parma dopo ventott’anni di assenza coprodotto con l’Ente Luglio Musicale Trapanese, la messa in scena affidata a Francesco Maestrini.

Il libretto di ambientazione romana e ottocentesca non vincola la fantasia dei registi, e stavolta Maestrini, conosciuto per gli allestimenti segnati da una comicità brillante, ha azzeccato in pieno. Non ci siamo ancora seduti sulla poltroncina non tanto lontana dal palcoscenico, ma siamo già stati trasferiti in un'altra città e un’altra epoca, quelle che gli amanti del cinema ricordano sempre con un gran piacere e una certa nostalgia: New York e gli anni Trenta del secolo scorso, il proibizionismo, la grande depressione, i gangster e i divi dei cinema. La fantasia di Maestrini ha preso lo spunto dai film celebri quali Bulli e pupe di Mankiewicz e Pallottole su Broadway di Woody Allen, e poi da The Nudsucker Proxy dei fratelli Cohen (in Italia noto sotto il nome di Mister Hula Hoop) che, pur non essendo un gangster-movie, ha ispirato lo scenografo e il video designer Guillermo Nova nella creazione del mega ufficio del boss mafioso in un super grattacielo della Grande Mela, arredato con un grande lusso, compreso il mappamondo che non è altro che un deposito di bevande alcoliche.

È stato proprio lui, Guillermo Nova, un fedele collaboratore, il braccio destro e, perché no, l’ispiratore del regista; le scene compatte - in cui un grande ruolo è attribuito al disco girevole che permette di cambiare l’ambiente in un attimo, ma con un continuo dominare dei grattacieli di New York, la città che non dorme mai, come cantava Liza Minnelli - hanno dato stimoli decisivi alla costruzione delle relazioni tra i personaggi e all’invenzione delle numerose gag. Sappiamo che in questo Francesco Maestrini è un vero maestro; tutti gli interpreti sono stati coinvolti nelle sue fantasie e i suoi giochi e hanno aggiunto qualcosa di loro: i sorrisi compiacenti del pubblico sono stati assicurati.

Don Pasquale al Parco della musica ha presentato, tutto sommato, un buon cast, quasi tutto giovane, che si è calato perfettamente nei panni dei personaggi trasformati, per volontà del regista, in newyorkesi degli anni ’30 del Novecento. Ma questo godibile cast, con molti pregi e alcuni difetti, si è giovato di un vero capitano, un baritono brillante, che abbiamo avuto ascoltare in molte occasioni in titoli donizettiani e no. Esattamente un anno fa abbiamo apprezzato Federico Longhi che ha fornito una grande interpretazione del ruolo di Rigoletto, ieri sera ha donato molti momenti di puro godimento nel ruolo del titolo, Don Pasquale, appunto.

È stato un Don Pasquale inedito, quello di Federico Longhi; del resto, c’era da aspettarselo da un artista così versatile. Ha disegnato un boss mafioso di stampo italo americano, apparentemente senza pietà, pronto ad impugnare una pistola in un attimo, ma con qualcosa del tenero dentro, il che lo ha fatto cascare nella rete del dottor Malatesta. La beffa crudele gli ha fatto scoprire il suo lato umano e si è cominciato a perdonare a questo Don Pasquale newyorkese i modi bruschi e l’inclinazione alla violenza. Un anno fa Longhi ci ha conquistati con il suo Rigoletto, ieri con il suo Don Pasquale; sa sempre trovare qualche spunto insolito nei personaggi e il risultato è sempre non banale. Per quanto riguarda il canto, la vocalità  dell’anziano beffato gli è calzata a pennello: un buon legato, un gioco sapiente di chiaroscuri e soprattutto una grande varietà dell’accento hanno reso la sua interpretazione memorabile.

Nello spettacolo parmigiano, questo Don Pasquale inedito ha avuto un serio “rivale” nella persona del dottor Malatesta, la mente e il motore della beffa, interpretato dal giovane baritono Pablo Galvez. Oltre a una capacità notevole di stare al gioco, recitare al limite dell’esilarante a dare un tocco molto personale al personaggio, ha deliziato con un canto estremamente corretto, segnato da una perfetta comprensione dello stile donizettiano, un buon squillo e una parola cantata chiara e espressiva.

Accanto a “quei due”, una coppia di innamorati non male, ma non del tutto all’altezza dei ruoli. La Norina di Laura Giordano ha fatto innamorare molti, grazie al fisico grazioso, alla cascata dei capelli rossi arancione, una civetteria che sembra innata e la voglia di giocare. Una Norina ammaliante e quasi perfetta; “quasi” si riferisce al suo canto. Un bel timbro lucente e un buon centro corposo non hanno compensato la debolezza del registro acuto; appena l’avvenente cantante metteva piede su questa terra, la voce si affievoliva notevolmente e assumeva una sfumatura biancastra, poco gradevole.

Un simile difetto per il suo innamorato, Ernesto, interpretato da Antonio Mandrillo, un vero tenore di grazia, quello di una volta, che vagamente ha fatto ricordare Tito Schipa. Bel timbro, emissione morbida, accento corretto: siamo stati vicini a cantar vittoria, a proclamare l’arrivo sulle scene un artista indispensabile per molte produzioni? Purtroppo, questo momento deve ancora arrivare: anche per lui ci sono stati problemi del registro acuto non ancora risolti, note faticose e scolorite non hanno fatto certo godere il pubblico, ma a volte l’hanno fatto trasalire. Sono scappate pure qualche sfumatura belante e qualche stecca.

Ha completato il cast Giulio Riccò nel ruolo del notaio.

Una gradita sorpresa è stata la direzione del giovane Ferdinando Sulla alla guida dell’Orchestra dell’Emilia Romagna Arturo Toscanini; sensibile e preciso, ha colto perfettamente le dinamiche variegate della partitura donizettiana e valorizzato con amore gli assoli strumentali. Il suono è sempre stato compatto e morbido. Annotiamo tra parentesi che la partitura è stata eseguita nella riduzione orchestrale di Casa Ricordi a cura di Enrico Minaglia.

Come sempre, è stato bravissimo il coro del Teatro Regio di Parma preparato da Martino Faggiani e nella recitazione non ha avuto nulla a che invidiare alle comparse, merito anche di Michele Cosentino, responsabile dei movimenti coreografici.

I costumi colorati e divertenti sono stati creati da Luca Dall’Alpi e le luci disegnati da Andrea Borelli.

Alla fine, successo pieno e applaudi calorosi per tutti.