Vivaldi, uno e molteplice

di Antonino Trotta

Con un’antologia di concerti di Vivaldi l’Associazione Lingotto Musica riapre le porte al proprio pubblico: ne sono ineccepibili interpreti Ottavio Dantone, Alessandro Tampieri e i complessi di Accademia Bizantina.

Torino, 10 maggio 2021 – Fa quasi impressione, a ben quindici mesi dall’ultimo ingresso (Malmö SO-Trevino-Baeva, 4 febbraio 2020), rimettere piede nell’ora più che mai sterminato auditorium del Lingotto: il foyer ti accoglie in un contrito silenzio, il fiume impetuoso di persone che era solito riversarsi giù per l’interminabile platea si riduce a un ordinato rivolo, le dimensioni imponenti della sala esasperano la distanza tra una seduta e l’altra. Per carità, ciò che adesso ci fa effetto è ciò che ora è meglio per tutti, anzi, di prevenzione e sicurezza l’Associazione Lingotto Musica è encomiabile, se non insuperabile, modello: biglietteria con accessi dedicati, flussi di persone controllati all’ingresso e all’uscita, sostituzione di mascherina a chi ne indossa una inappropriata; se volete uscire, sentirvi al sicuro e godere di ottima musica, questo è il posto che fa per voi.

Il primo appuntamento della recuperata stagione – in doppio turno, alle 17.15 e alle 20.00 – è affidato ai complessi dell’Accademia Bizantina che, guidati dal maestro Ottavio Dantone, propongono un’antologia di concerti di Antonio Vivaldi e nonostante in sala s’invochi l’ausilio dell’amplificazione elettronica – giacché altre volte s’erano già ascoltati, “al naturale”, ensemble di musica barocca, il dubbio è che l’acustica della sala, di norma eccellente, risenta purtroppo dell’assenza di pubblico –, quanto si ascolta basta per apprezzare, comprendere e approfondire la straordinaria vivacità d’invenzione che anima l’arte del Prete Rosso, quand’anche essa soggetta all’austero rigore della forma. Qui dove la musica è poco commentata, dove cioè lo spartito annota l’essenziale, la contezza di stile e la proprietà di linguaggio di Accademia Bizantina e del direttore Ottavio Dantone, garante al cembalo di un basso continuo scorrevole e poco invadente – ma non per questo banale o scontato –, assicurano un’esecuzione che minia il fluire del dettato con agogiche, dinamiche e soprattutto colori tali da rendere inequivocabile il senso di ogni da capo, capace di sviscerare e finalizzare tutte le sfumature di una scrittura che assorbe influenze ore autoctone, ora d’oltralpe, ora esotiche, che qui sa perdersi nel più ipnotico e onesto melodiare – il Largo del concerto per viola d’amore RV 397, ad esempio – , lì brillare nei movimenti marcatamente danzerecci. Numero dopo numero – nell’ordine RV 146, 397, 161, 273, 167, 394 e 138 –, alla fine non ce n’è uno che rassomigli all’altro, con buona pace di chi ha affermato che Vivaldi abbia scritto centinaia di volte lo stesso concerto. A completare l’esegesi vivaldiana Alessandro Tampieri, primo violino e viola d’amore, solista in tre dei sette concerti intavolati, s’impone per virtuosismo brillante, eleganza di fraseggio e limpidezza di articolazione.

Gli applausi intensi del pubblico alla riempiono ogni spazio vuoto, finalmente la macchina musicale torinese è di nuovo al completo. Da non perdere i prossimi appuntamenti beethoveniani, col “triplo” concerto prima e l’integrale di concerti per pianoforte poi.