L’Ape musicale

rivista di musica, arti, cultura

 

Brivido regale

di Luigi Raso

A Caserta, la rassegna Un'estate da Re si apre con Anna Netrebko e Yusif Eyvazov, in trionfo con l'Orchestra Filarmonica Giuseppe Verdi di Salerno diretta da Pier Giorgio Morandi

CASERTA, 6 luglio 2021 - Siamo ospiti di Carlo di Borbone, nella splendida piazza ellittica partorita dal genio architettonico di Luigi Vanvitelli e intitolata a Carlo di Borbone, primo sovrano della dinastia a sedere sul trono di Napoli (dal 1734 al 1759) e successivamente (dal 1759 al 1788) su quello di Spagna. Visti dall’alto, la piazza, la monumentale Reggia e i vastissimi giardini sormontati dalla meravigliosa fontana di Diana e Atteone - proprio quella che nel 1994 stregò la coppia presidenziale Bill e Hillary Clinton e il presidente della Repubblica francese François Mitterrand, in quell’occasione vistosamente umbratile e già ammalato - delineano la sagoma di un violino: la Reggia ne costituisce il ponticello e le ƒƒ (effe). Ma se il Re, il più illuminato della dinastia dei Borbone, è stato Carlo, stasera la regina è Anna Netrebko.

Una sovrana che immediatamente conquista i suoi sudditi-fans con la naturale simpatia, l’allure da diva-antidiva, il suo istinto teatrale disinvolto e l’indiscutibile, innato e intatto fascino muliebre. Ma prima di tutto c’è la voce, e tanta, tanta voce: una colonna di suono, omogenea, compattissima, dal colore meraviglioso, con gradazioni cromatiche che vanno dal luminoso all’ambrato e al cupo. Anna Netrebko apre bocca e si è immersi in quel portento di armonici, pastosità vocale, temperamento che ne fanno ad oggi (e non solo, ne siamo convinti) uno dei più grandi soprani a calcare le tavole dei teatri e sale da concerto.

Timbro baciato da Dio o dalla Natura, che però si sposa a musicalità spiccatissima, intelligenza, arte scenica, tecnica sopraffina, capacità a coinvolgere l’uditorio: nel corso del viaggio musicale all’insegna di brani celeberrimi si resta colpiti, anche dopo l’ennesima volta che la si ascolta dal vivo, sbalorditi dalla capacità di assottigliare una voce tonante, un fiume in piena, debordante. Continuiamo a meravigliarci per la capacità di Anna Netrebko di governare, cesellare uno strumento vocale divenuto con la maturità vocale possente: assottiglia l’emissione, canta sostenendo legati lunghissimi, emette filati in diminuendo, spara acuti affilati e luccicanti come una lama, sussurra frasi quasi a denti stretti, con la voce completamente in maschera, al punto che, vedendola, viene spontaneo chiedersi come faccia a limitare, nel giro di poche battute, il naturale rigoglio della sua voce debordante di volume, colore, armonici. Un miracolo della Natura. Un soprano allo zenit della propria forma vocale che riesce a passare nello spazio di una sera dal dolente e coinvolgente "Pace, pace mio Dioal leggero e svolazzante valzer, farcito da trilli, puliti e calibrati da soprano prettamente leggero. Affronta Il bacio di Luigi Arditi con proprietà stilistica sconvolgente e, soprattutto, con coinvolgimento intimo di artista e pubblico.

Ascoltando il suo "Vissi d’arte", così raccolto in se stesso, l’interrogativo di Floria Tosca sulla sofferenza inflittale diventa sulle labbra della Netrebko una cupa riflessione sul senso del dolore universale, rischiarato soltanto dalla luminosità e precisione dei si e la bemolle che si stemperano nel finale con certosino assottigliamento dell’emissione. La donna Anna Netrebko ha temperamento generoso, anima libera: ha quindi gioco facile ad essere coinvolgente e credibile in "Stridon lassù" dai Pagliacci di Ruggero Leoncavallo. C’è un verbo che potrebbe racchiudere in sé tutte le virtù di Anna Netrebko: riesce ad emozionare. Quando canta sa trasmettere, con misteriosa, immediata e innata facilità, emozioni.

Il partner musical della serata - e, com’è arcinoto, anche nella vita - è il tenore azero Yusif Eyvazov. Una breve e doverosa premessa: parlando de rebus musicalibus, non indicheremo mai Eyvazov quale “marito di Anna Netrebko”, in quanto non renderemmo merito alla professionalità, bravura, al duro studio e musicalità del tenore. Chi scrive è stato testimone acustico della netta evoluzione vocale e artistica di Yusif Eyvazov, avendolo ascoltato dal vivo, la prima volta nel 2014, come Renato Des Grieux nella galeotta Manon Lescaut romana e, successivamente, nella apparizioni scaligere e napoletane.

Il tenore di oggi è figlio di studio vocale intenso: si nota stile appropriato ad ogni aria; il dominio tecnico più che eccellente gli consente di sfoderare acuti luminosissimi, squillanti, di fraseggiare con intelligenza, di alleggerire l’emissione e di dar vita a personaggi vocalmente convincenti. Il timbro vocale non è sicuramente di quelli che restano impressi sin dopo le prime note emesse, ma la musicalità e il duro lavoro di costruzione e perfezionamento della tecnica si evincono subito senz'ombra di dubbio. Del resto, la storia della vocalità lirica è costellata da grandissimi artisti nati con timbri vocali aridi e/o prosciugati e che hanno compensato questa deminutio con l’amplificazione delle facoltà interpretative e di fraseggio. Il lavoro, l’impegno profuso dall’uomo Eyvazov nel costruirsi la luminosa carriera di cui oggi raccoglie i frutti merita rispetto, e tanta ammirazione per la sua storia personale. Che sia consorte di Anna Netrebko non può che riempirci di gioia, perché la simbiosi artistica e scenica è evidente immediatamente, sin dal cosiddetto “duetto della Pleiade”, "Già nella notte densa...", che apre il concerto: quello di Eyvazov è un Otello a proprio agio nella tessitura centrale sulla quale si giocano due terzi della parte. In più, sa arroventare gli accenti senza rinunciare a diventare languido e innamorato nel finale con il suggestivo "Vien... Venere splende". Dopo questo ascolto, è accresciuta la curiosità e l’interessa di ascoltare Eyvazov nei panni di Otello in occasione della inaugurazione della prossima stagione lirica del Teatro di San Carlo, quando riceverà il testimone, per le recite del prossimo dicembre, dal divissimo Jonas Kaufmann. Di squillo negli acuti ce n’è davvero tanto: nel si naturale di "Nessun dorma" concesso quale bis, nel duetto "O soave fanciulla"; ma l’intelligenza dell’interprete la cura del fraseggio si notano soprattutto in "La vita è inferno all’infelice", laddove scava nel testo, grazie anche all’ottima padronanza della lingua italiana, dando il giusto peso e colore a ogni singola parola e accento, finendo per delineare un Don Alvaro dolente e smarrito. Ottimo legato, acuti sfumati e ben tenuti per una pagina tra le più ardue per un tenore drammatico.

Non solo il vino è molto generoso, bensì anche l’empito drammatico e implorante di "Mamma, quel vino è generoso" da Cavalleria rusticana di Pietro Mascagni, così come la travolgente Granada di Agustín Lara, delizia di ogni tenore (e non solo) che si rispetti.

Il feeling con il pubblico, suddito e adorante, si accresce nel corso della serata: Anna Netrebko e Eyvazov si ricaricano di nuove energie durante negli intermezzi orchestrali affidati all’Orchestra Filarmonica Giuseppe Verdi di Salerno diretta da Pier Giorgio Morandi con professionalità e equilibrio sonoro. Alla compagine orchestrale del Teatro Giuseppe Verdi di Salerno spetto l’onore e l’onere di aprire la serata con una calibrata esecuzione della Sinfonia da La forza del destino; si prosegue, poi, con il sempreverde Intermezzo dalla Cavalleria rusticana e il travolgente e spumeggiante Intermedio dalla zarzuela La boda de Luís Alonso (prima rappresentazione: Madrid, Teatro de la Zarzuela, 1897) di Gerónimo Giménez, per senso ritmico e colore iberico il brano orchestrale più apprezzato della serata.

Pier Giorgio Morandi è molto accurato nell’accompagnare le voci, nell’assicurare, pur nella inevitabile alterazione dell’amplificazione, il giusto rapporto tra orchestra e canto e tra le diverse famiglie orchestrali; l’orchestra è tendenzialmente precisa, anch’essa suddita del magnetismo che emana Anna Netrebko, la quale, sulle note del Bacio di Arditi accenna passi di valzer tra il direttore e il primo violino di spalla, così come negli altrettanti sensuali accenni tersicorei con i quali Annuska impreziosisce 'O Sole mio, concesso quale ultimo bis da Netrebko e Eyvazov, dopo il Nessun dorma squillante e perentorio del tenore (una nota di colore: dopo il si naturale sulla “e” di "Vincerò", Anna Netrebko, defilata a margine del palcoscenico, quasi tira un malcelato sospiro di sollievo contornato da merita soddisfazione e dagli applausi che sommergono Yusif Eyvazov!). Il secondo bis è "O mio babbino caro" da Gianni Schicchi di Puccini: una delle melodie più belle del compositore lucchese beneficia della voce opulenta e ammaliante di Anna Netrebko: non sarà filologicamente corretta, in quanto risulta inverosimile immaginare la giovanissima Lauretta uscita dalle penne di Giovacchino Forzano e Giacomo Puccini dotata di voce debordante e perentoria qual è quella della Netrebko, ma ci interessa poco o, meglio ancora, come dicono a Roma con plastica espressione che sintetizza mirabilmente la Weltanschauung romana e italica, ‘sti ca**i!: Anna Netrebko è un lusso irrinunciabile anche quando è, come in questo caso, fuori parte.

Dopo i tre bis e la contagiante simpatia di Anna Netrebko e Yusif Eyvazov scrosciano gli applausi. Non ci scorderemo di loro, così come invita a fare la canzone Non ti scordar di me di Ernesto De Curtis cantata dalla coppia con languoroso abbandono.

Tra poche sere, il 15 e il 17 luglio, saranno di nuovo in Campania, nella cornice di Piazza del Plebiscito in Napoli, per Il trovatore il cui cast è una vera e propria parata di star: accanto a loro, infatti, ci saranno Anita Rachvelishvili e Luca Salsi. Noi li aspettiamo!


 

 

 
 
 

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