L’Ape musicale

rivista di musica, arti, cultura

 

Concreto e astratto

di Luigi Raso

Nel galà belcantistico al Teatro di San Carlo si contrappongono, sotto la direzione competente e teatrale di Riccardo Frizza, il virtuosismo distaccato di Pretty Yende e il fraseggio coinvolgente di Xabier Anduaga.

NAPOLI, 24 luglio 2021 - San Carlo e belcanto, un binomio inscindibile per quella prodigiosa stagione artistica ed estetica del melodramma italiana: il teatro che fu di Rossini e di Donizetti - a testimonianza della loro presenza ci sono i rispettivi palchi di proscenio - fu un laboratorio fecondo per la codificazione dell’opera seria della prima metà dell’800. Nel secolo successivo, a partire dagli anni ’60 del ‘900, il San Carlo divenne promotore e fulcro culturale della Donizetti-Renaissance, sottraendo a colpevole oblio numerose opere del compositore bergamasco. Presentare, all’interno del San Carlo e a conclusione della rassegna “Regione Lirica 2021” un concerto denominato Gala belcanto, dunque, non può che riempire di gioia; tuttavia, a leggere i brani in programma si rimane un po’ delusi dalle scelte: solita sequenza di arie, duetti e preludi operistici noti e arcinoti, degli evergreen, di sicura presa per il pubblico. Al San Carlo, data la disponibilità di tre interpreti dall’indiscussa caratura artistica, sia consentito dirlo, si sarebbe dovuto osare di più, stuzzicare l’interesse del pubblico proponendo arie e duetti che si ascoltano con minor frequenza, ben diversi da quelli che potrebbero costituire l’ossatura di un qualsiasi Concerto di Capodanno dal Teatro Le Fenice. 

Un’occasione in parte persa, dunque, perché sul podio vi è - incredibile dictu – un debuttante di lusso per il San Carlo, Riccardo Frizza. Finalmente si ha la possibilità di ascoltare al San Carlo un direttore tra i più raffinati e profondi conoscitori dei canoni e stilemi belcantistici, specialista donizettiano (attualmente è Direttore musicale del festival Donizetti Opera di Bergamo), sempre perfetto nell’assicurare coesione, equilibrio e osmosi tra melodia e accompagnamento, tra orchestra e voci, peculiarità indefettibili senza le quali le esecuzioni del melodramma della prima metà dell’800 semplicemente non si reggerebbero.

Il Gala parte con una rapsodica e travolgente esecuzione della Sinfonia da Don Pasquale di Gaetano Donizetti, affrontata con taglio deciso, coerenza interna e senso teatrale, abbandono elegiaco (vedi il tema di “Com’è gentil la notte a mezzo april” affidato ai violoncelli).

A Riccardo Frizza e all’ottima orchestra del San Carlo vengono affidate, nel corso della serata altri due brani orchestrali. Tenebrosa quanto avvincente è lettura della Sinfonia da Luisa Miller, l’opera che Giuseppe Verdi scrisse proprio per il San Carlo (1849): la “tinta” orchestrale è proprio quella del dramma verdiano, corrusca e bruciante. Frizza opta, come per il successivo preludio dall’Atto III della Traviata, per tempi serrati, che conferiscono concisioni e teatralità ai due pezzi. Letture, dei due brani orchestrali e delle arie e del duetto verdiani, che fanno di Riccardo Frizza uno scrupoloso e attendibile tramite del verbo musicale e teatrale di Giuseppe Verdi.

E poi tocca alle voci, il soprano sudafricano Pretty Yende e il tenore spagnolo Xabier Anduaga, dar fuoco alle polveri del Gala.

Entrambi debuttanti al San Carlo - la sola Yende aveva partecipato al Gala Mozart e Belcanto dello scorso dicembre, trasmesso in streaming dal teatro desolatamente vuoto a causa delle norme anticontagio (leggi la recensione) - iniziano affrontando il duetto "Una parola o Adina" da L’elisir d’amore. Certo, cantano bene, tuttavia, forse a causa dell’emozione iniziale, si percepisce una buona dose di meccanicità: in particolare la Yende sciorina bei suoni, dal bel colore, ma quanto a interpretazione e a compenetrazione nella parte di Adina appare alquanto distaccata, troppo concentrata a centrar bene e a cesellare acuti, risultando molto poco palpitante, troppo astratta e siderale.

L’assenza di spontaneità è caratteristica e limite che emerge anche nei successivi brani affrontati dal soprano: bella voce, buona tecnica, linea di canto tendenzialmente pulita, farcita (troppo!) di acuti e sovracuti, ma dov’è il quid pluris interpretativo in grado di accompagnarci dalla stato di ammirazione di una pregiata “voce strumento” verso i lidi delle emozioni? Troppo concentrata a cantar bene, ad emettere suoni torniti, dallo smalto eccellente, ottimamente proiettati, soprattutto quando si naviga ad alta quota, il "Prendi per me sei libero" della Yende è una girandola di bei suoni, con tanti da acuti - precisi sì, ma alcuni un po’ periclitanti - belli all’ascolto. Però di Adina, della sua carnalità e ardore giovanile c’è ben poco.

Non si assiste a un radicale mutamento nell’approccio interpretativo quando il programma vira verso il Verdi più conosciuto ed eseguito di "Caro nome", "È strano …. Sempre libera" e del duetto "Parigi, o cara". Anche in Verdi non manca una buona linea di canto, diffusa e tendenziale precisione, acuti piazzati con naturalezza, ma, ad esempio, "Caro nome" è improntato a un’eccessiva meccanicità, che porta a pensare più ai canoni esecutivi e interpretativi propri dell’aria di Olympia "Les oiseaux dans la charmille" da Les Contes d’Hoffmann di Jacques Offenbach che a quelli, secondo la prassi contemporanea, della tragica eroina verdiana. Maggior partecipazione trapela, invece, da "È strano …. Sempre libera": certo, la Yende trasmette, sin dall’inizio, la sensazione di essere eccessivamente in attesa di sfoderare il proprio armamentario di acuti della cabaletta conclusiva, passando con superficialità sulle due strofe dell’aria. I fuochi d’artificio vocali ci saranno, è vero; ma la gestazione emotiva e psicologica che papà Verdi fa dell’aria che precede la cabaletta risulta appena abbozzata.

Deliziosa (sic et simpliciter) potrebbe essere l’aggettivo più appropriato per sintetizzare la performance pregevole sicuramente, ma senza troppo coinvolgimento della Yende in questa sera estiva.

Discorso e giudizio diversi per Xabier Anduaga.

Se all’inizio appare eccessivamente “timorato”, la sua prestazione vocale prosegue in crescendo. Il giovane tenore spagnolo, oggi già più che una giovane promessa del firmamento lirico, ha mezzi vocali dall’indubbio valore: bel timbro spontaneamente accattivante, ottimo volume, omogeneità vocale, capacità di fraseggiare con gusto, alleggerire l’emissione, sfumare, buona tecnica: ci sentiremo soltanto di consigliargli di prestare maggiore attenzione a qualche suono, soprattutto nel passaggio di registro, che tende ad essere “aperto” e gonfiato più del dovuto. Per il resto, qualità vocali che, per colori e bellezza, si imprimono nella memoria uditiva.

"Una furtiva lagrima" è cesellata con raffinatezza: Anduaga sfuma, e molto, nella ripresa della seconda strofa, dimostrando ottima padronanza delle mezze voci; è sempre perfetto nel duettare con la Yende, soprattutto nel secondo "Parigi, o cara", concesso quale bis dopo i prolungati e calorosi applausi finali. Si intuisce, anche dall’intervento fuori scena in "Sempre libera" un Alfredo convincente, vocalmente generoso e appassionato. Si fa prendere troppo dall’emozione in "La donna è mobile" tanto da pasticciare con i versi iniziali, ma riprende subito il bandolo di testo e musica e fa della canzone del Duca di Mantova l’inno gagliardo che ha da essere. Ma è con l’iconico "Ah! mes amis" da La fille du régiment che Xabier Anduaga cala gli assi della sua vocalità: acuti squillanti, ampi, proiettatissimi, che riempiono la sala del San Carlo, varietà d’accento nell’esecuzione, appropriata baldanza vocale. E dopo la girandola dei do4, tanti, tantissimi e meritatissimi applausi.

Al termine, il pubblico, non folto ma generoso e calorosissimo negli applausi, si merita un bis, il duetto "Parigi, o cara", già proposto nel corso della serata.

Dopo la pausa estiva, il prossimo appuntamento al San Carlo è per il 19 settembre - giorno della Festività di San Gennaro, al quale anche il sovrintendente Stéphane Lissner ha pensato (e giustamente!) di rendere omaggio, istituendo un concerto annuale da tenersi nel giorno del Santo patrono di Napoli: nell’anno del centenario della morte di grande tenore, vi sarà il Gala omaggio a Enrico Caruso, che vedrà esibirsi sul palcoscenico del San Carlo Francesco Meli, Freddie De Tommaso e Francesco Demuro diretti da Marco Armiliato, reduce dall’ottima e recente prova del Trovatore dei giorni scorsi (leggi la recensione).

A proposito di San Gennaro, Alexandre Dumas padre scrive nel Corricolo: “ (…) v'è una credenza in fondo al cuore di ogni napoletano, credenza che li rende pazienti fino allo stoicismo: ed è che tutti i re e tutti i governi passeranno, e in sostanza non rimarranno se non il popolo e san Gennaro...”. Nel dubbio delle fede popolare partenope, meglio onorare San Gennaro, non facendogli pigliare collera, perché, come recita un proverbio napoletano, San Gennaro è lungariell’ ma nunn è scurdariell’ (San Gennaro può impiegare tempo, ma non dimentica niente, né preghiere, né affronti e/o indifferenze).


 

 

 
 
 

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