L’Ape musicale

rivista di musica, arti, cultura

 

Un omaggio imperfetto

di Irina Sorokina

La quarta esecuzione della IX sinfonia di Beethoven all'Arena di Verona vanta un quartetto vocale di prim'ordine (Iniesta, Barcellona, Pirgu, Pertusi), ma è penalizzata da una bacchetta, quella di Erina Yashima, non all'altezza della situazione.

Verona, 22 agosto 2021 - L’ultima, ma proprio ultima prima della stagione in corso dell’Arena di Verona. Si tratta di un titolo che in tutta la storia del festival areniano è stato eseguito per sole tre volte, la Nona sinfonia di Ludwig van Beethoven. Nel 2020 cadeva l’anniversario, duecentocinquant’anni dalla nascita del genio tedesco, ma non era stato possibile celebrarlo a causa dell’emergenza sanitaria. L’anno in corso, sempre difficile per la musica e il teatro e per l’arte in generale, rende omaggio a Beethoven e anche a Ezio Bosso, che aveva annunciato l’esecuzione dell’ultima sinfonia di Beethoven dal palcoscenico areniano dopo i Carmina Burana di Orff esattamente un anno fa. Ma musicista torinese è stato strappato all’amore e all’ammirazione del suo pubblico prematuramente a soli quarantotto anni.

Non solo un doppio omaggio, l’esecuzione della Nona sinfonia in Arena contiene un messaggio preciso, parla di condivisione e di rinascita di noi tutti e del mondo della cultura. Sulla grandiosa led wall presente in tutte le produzioni areniane di quest’anno stavolta scorrono le immagini di importanti piazze provenienti degli Archivi Alinari, tra i più importanti e antichi archivi fotografici del mondo, divenuti patrimonio pubblico grazie alla Regione Toscana. Il video design di tutte le produzioni areniane è di D-Wok.

Per l’esecuzione della Nona sinfonia di Beethoven i complessi areniani sono stati affidati al giovane direttrice, tedesca di origini giapponesi, Erina Yashima che ha legato la sua carriera agli Stati Uniti, prima a fianco di Riccardo Muti presso la Chicago Symphony Orchestra, quindi come Assistant Conductor della Philadelphia Orchestra. Notiamo tra parentesi che la maestra Yashima è stata preceduta in Arena da un’altra bacchetta femminile, quella di Speranza Scappucci, che un mese prima dell’esecuzione della Nona ha riscosso un successo notevole nel Requiem verdiano. Le autorità e il pubblico veronesi possono mettere il cuore in pace per quanto riguarda il discorso del politically correct, viste le due signore salite sul podio areniano, cosa ancora rara se si dà un’occhiata ai cartelloni di molti teatri. Le loro sono state esibizioni molto diverse, con risultati molto diversi.

Alla giovane maestra Yashima alla guida dei complessi areniani è toccato un compito difficilissimo, affrontare soltanto per la quarta volta in tutta la storia del festival areniano un’opera enorme per significato “morale”, celeberrima, ma tutt’altro che semplice. La parte conclusiva non è altro che un grandioso affresco corale con la partecipazione di quattro voci soliste e dove tutte le parti pretendono dal direttore una grande esperienza, senza parlare di un’eminente personalità.

La sera del 22 agosto l’atipica e indomabile Nona di Beethoven non si è messa docilmente nelle mani della giovane direttrice: dobbiamo per forza attaccare a questa esecuzione l’etichetta “discutibile” e anche peggio. A cominciare dal gesto della Yashima, privo d’autorità, che per tutta la lunga durata della serata è risultato debole, affannato e poco espressivo. Da qui l’apparente caos e la povertà timbrica nella prima parte, l’energia insufficiente della seconda, la fiacchezza e i colori sbiaditi dell’Adagio: si è rotta la materia stessa del capolavoro del genio tedesco, fatta di sfumature sottilissime e di equilibri delicati tra i gruppi di strumenti. È andata un po’ meglio la celeberrima quarta parte, dove il coro areniano preparato dal bravissimo maestro Vito Lombardi è riuscito ad rendere più vitale l’esecuzione della Nona. Abbiamo trovato spaesate pure le quattro ottime voci impegnate nel capolavoro assoluto beethoveniano: Ruth Iniesta (la ricordiamo nei Carmina Burana dell’anno scorso diretta da Ezio Bosso), Daniela Barcellona, Saimir Pirgu e Michele Pertusi, tutti eccellenti belcantisti, ma apparentemente non in possesso di una grande esperienza in qualità di interpreti della musica di Beethoven. Poco valorizzati dal direttore, i solisti non hanno dato il loro meglio. Il risultato finale dell’esecuzione della Nona sinfonia in Arena sono state poca passione, sonorità piatte, mancanza dei tipici “tuoni” beethoveniani.

Due grandi rappresentanti della cultura russa, lo scrittore Lev Tolstoj e il compositore Sergey Rakhmaninov si espressero a loro tempo riguardo al capolavoro di Beethoven. “Nessuno mai scriverà qualcosa di meglio di questa sinfonia”. - “Quest’opera appartiene ad un’arte cattiva”. Invitiamo i lettori ad indovinare chi dei due scrisse la prima e chi la seconda frase. A noi rimane aspettare un’altra apparizione della Nona sinfonia di Beethoven nella programmazione del Festival dell’Arena di Verona, e, se mai succederà, ascoltarla sotto la guida di un direttore musicale dotato di una spiccata personalità e di un bel polso forte.


 

 

 
 
 

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