O felice coppia!

di Giovanni Andrea Sechi

In occasione della XXIII edizione del Premio lirico internazionale “Mario Tiberini”, i due vincitori ex-aequo, il contralto Sonia Prina, e il tenore Michael Spyres, danno un recital memorabile.

SAN LORENZO IN CAMPO, 19 agosto 2014 – Per il melomane viaggiatore che cerca di sfuggire alla canicola un pellegrinaggio a Pesaro è un ottimo compromesso, specie in concomitanza del Rossini Opera Festival. Nello spesso periodo, tuttavia, anche in altri centri marchigiani fioriscono iniziative musicali di spessore. Dal 1989 San Lorenzo in Campo, un borgo di circa 3500 abitanti a pochi chilometri dalla cittadina adriatica, ospita il Premio lirico internazionale “Mario Tiberini”. Il premio, ideato da Giosetta Guerra – autrice della biografia del celebre interprete verdiano nativo di San Lorenzo – è stato assegnato fino ad oggi ai più celebri nomi del panorama lirico internazionale. Nella corrente edizione, svoltasi nel grazioso teatro ottocentesco intitolato a Tiberini, ricevono il prestigioso premio Sonia Prina e Michael Spyres, i quali offrono una raffinata prova delle proprie abilità.

Sonia Prina, rara voce di contralto, è oggi una delle interpreti più indicate per riportare in voga i ruoli protagonisti nell’opera seria del Sei-Settecento (specie quelli che un tempo furono ricoperti da cantanti castrati). Quando si parla di questo repertorio la mente dell’ascoltatore corre sempre all’inarrivabile vocalità di Carlo Broschi (il celebre Farinelli), di Gaetano Majorano (Caffarelli) e di altri soprani maschili: eppure quell’epoca era popolata non solo da voci acute, ma anche da voci che frequentavano registri più gravi. Nel Sei-Settecento era infatti molto comune la presenza di un contralto – maschile o femminile - a ricoprire parti protagoniste. Oggi questo tipo di vocalità si è fatta più rara, e in mancanza di interpreti adatti le possibilità di allestire certi titoli operistici sono diminuite in maniera drastica. Non mancherebbero delle alternative valide alla voce di contralto, come quella di mezzosoprano o quella di controtenore, eppure nessuna di queste è in grado di vestire con piena credibilità quei ruoli che resero immortali Francesco Bernardi (il Senesino), Nicola Grimaldi o Antonio Maria Bernacchi. Proprio nei ruoli creati da questi illustri interpreti brilla Sonia Prina, e ancor di più in quelli scritti da Georg Friedrich Händel. Nel presente concerto la cantante ha perciò proposto una scelta di arie dai più celebri ruoli maschili händeliani: Arsace (Partenope), Bertarido (Rodelinda, regina de’ Longobardi), Cesare (Giulio Cesare in Egitto), Dardano (Amadigi di Gaula). Nella prima aria, «Furibondo spira il vento» (Partenope), il contralto affronta le cascate di semicrome che descrivono il turbinio del vento con autentica spezzatura, grazie a un’invidiabile fusione del registro grave e di quello acuto. Non meno autorevole è il gesto drammatico dell’interprete nel canto di furore: nell’aria «Empio dirò, tu sei» (Giulio Cesare) il contralto sfoggia quella baldanza che solo lo strumentista impeccabile può concedersi. La vera perla della serata, tuttavia, è l’aria «Pena tiranna» (Amadigi); qui la Prina incanta con una vocalizzazione più morbida e tornita, e l’interprete gioca con i riflessi chiaroscuri del proprio registro grave: il tormento dell’amante geloso è reso in maniera magistrale. Convince appieno anche l’allegra aria di bravura «Se fiera belva ha cinto» (Rodelinda), che chiude la selezione.

Bellezza del suono e precisione calligrafica dell’esecuzione è la cifra stilistica di Michael Spyres, tra i più brillanti tenori dei nostri giorni. Il suo repertorio   rossiniano per vocazione, ma ben più esteso per ambizione, è sintetizzato in questa sede in cinque personaggi (non tutti debuttati in teatro; encomiabile è la scelta di omaggiare Tiberini scegliendo quelli che furono i suoi grandi ruoli d’elezione): Lindoro/Almaviva (Il barbiere di Siviglia), Arnold (Guillaume Tell), Elvino (La sonnambula), Riccardo (Un ballo in maschera), Manrico (Il trovatore). Eccellente è l’esecuzione soprattutto della serenata «Ecco ridente in cielo», cantata con morbidezza ma sempre con voce piena e salda. Più che il testo dell’aria, è l’esecuzione di Spyres a figurare l’incedere dell’aurora, con la lucentezza e la generosità dell’emissione vocale. Per motivi di tempo viene purtroppo tralasciata l’esecuzione dell’aria dal Guillaume Tell, ma compensa la perdita il duetto «Son geloso del zeffiro errante», dove il tenore americano è accompagnato dal soprano Tara Stafford-Spyres. Col suo colore vocale agrodolce e raffinato, il soprano americano è una partner ideale per l’esuberante Elvino di Spyres. Tra leziose messe di voce e pianissimi mozzafiato, in cui i due amanti si rinnovano le proprie promesse d’amore, il pezzo si conferma come uno dei più riusciti della serata.

Altrettanto interessante è la prova del tenore nei due brani verdiani («Ma se m’è forza perderti», «Ah sì ben mio … Di quella pira»), dove offre un saggio di vocalità di maggior spessore drammatico. Dopo la premiazione e la consegna dei premi, il tenore chiude con l’antifona Salve regina (musica di Tiberini): pezzo dalla vena lirica particolarmente ispirata – lo stile ricorda il giovane Verdi – ma con linea vocale ampia e impegnativa, tuttavia risolta da Spyres con l’usuale perizia e proprietà espressiva. Ad accompagnare gli artisti – e il Coro “Jubilate”, diretto da Olinto Petrucci, che apre la serata – è la giovane pianista Mirca Rosciani; Nonostante occasionali sbavature nelle prime due arie di Händel, ella si mostra all’altezza del compito e fornisce un accompagnamento sensibile e ricettivo. Nel piccolo teatro ricavato all’interno del Palazzo della Rovere il concerto scorre veloce, ma lasciando memoria indelebile, tra gli interventi a sorpresa del pubblico e le conversazioni tra Giosetta Guerra e i due talentuosi interpreti.