Fra fiaba e filosofia

 di Joel Poblete

Luci e ombre, ma un bilancio sostanzialmente positivo per le due compagnie che si sono alternate nella nuova produzione del capolavoro mozartiano nella capitale cilena.

SANTIAGO del CILE, 29 ottobre-10 novembre 2014 - Dopo la riproposta in settembre dell'apprezzato allestimento di Turandot del defunto disegnatore e regista argentino Roberto Oswald, già presentato a più riprese su questo e altri palcoscenici latinoamericani e nel quale si è apprezzato il soprano cileno Paulina González come Liù, la stagione lirica 2014 del Teatro Municipal di Santiago si è avviata alla conclusione con l'ultimo titolo, Die Zauberflöte di Mozart, in scena a partire dal 29 ottobre.

Senza dubbio una delle partiture più amate e popolari di tutto il repertorio operistico, a ogni rappresentazione suscita attenzione e aspettative nel mondo musicale. E il suo ritorno al Municipal, dove non si rappresentava dal 2007, ha costituito anche un importante debutto per la regista cilena Miryam Singer, una delle figure più significative del panorama lirico locale, regolarmente elogiata e premiata per produzione che hanno costituito il debutto nel paese di titoli come l'Orfeo di Monteverdi o Der Kaiser von Atlantis di Ullmann. A rigore, non era la prima volta che la Singer partecipava a una produzione operistica in questo teatro: innanzitutto apparve come soprano negli anni '80 e '90, e fu sempre qui che debuttò come regista teatrale, ormai vent'anni fa, in Così fan tutte, altro titolo di Mozart, compositore che le permette di svilippare le sue migliori qualità, con ingegno e facendo veri miracoli con mezzi ridotti. Però in questo caso si è trattato del suo debutto nella stagione lirica ufficiale del Municipal, proprio in una partitura alla quale è stata associata per anni, sia come cantante sia attraverso applauditi allestimenti che hanno incluso una tournée nel Paese.

Nei suoi allestimenti la Singer suole occuparsi non solo della regia, ma anche di scenografia, costumi e della supervisione delle immagini virtuali elaborate da un'équipe audiovisiva capeggiata da Erwin Scheel, e così è stato anche per Die Zauberflöte. 

Nel complesso si tratta di una produzione tanto giocosa e sorprendente, come il titolo richiede, da funzionare come racconto per tutta la famiglia, ma anche come allegoria sociale, umana e perfino religiosa e politica. Come d'abitudine nei suoi lavori, alcuni elementi fisici della scenografia - molto elaborata la prima apparizione della Regina della Notte - si mescolavano con la proiezione di immagini che illustravano e accompagnavano quel che avveniva in scena. Quest'ultimo aspetto, che tanto bene aveva funzionato in altre produzioni, quella di Die Zauberflöte non ha convinto del tutto in alcuni dettagli (come la scena delle creature che danzano al suono del flauto magico, solitamente adorabile e di grande effetto ma qui di debole impatto), benché altri momenti siano emersi in maniera efficace, come la piramide che si sviluppa duerante l'aria di Sarastro "In diesen heil'gen hallen".

Giocoso e molto colorato, nell'impianto lo spettacolo ricicla alcune idee già viste in altri allestimenti della Singer e mescola stili, epoche e tendenze estetche, cosa che non è un problema per un'pera che permette diverse letture in una cornice fantastica senza limiti fissi definiti, e che spesso si presta su altri palcoscenici a libertà ed eccessi kitsch, mentre tutto è stato qui in generale ben risolto, salvo occasionali guizzi che potevano non incontrare il gusto di tutto il pubblico, o il vestiario poco ricercato, forse l'elemento meno riuscito di questa messa in scena, che almeno ha goduto del solido apporto di Ramón López per le luci. In definitiva, una messa in scena efficace, specialmente per chi non ha mai visto quest'opera, ma non entusiasmante o sempre convincente per chi la conosca già, forse perché non trasmette un senso di unità e fluidità come concetto teatrale ed elementi visivi.

La parte musicale è stata in media molto più convincente e compiuta di quella scenica. Nelle recite dell'"elenco internacionale" il direttore stabile dell'Orquesta Filarmónica de Santiago, il russo Konstantin Chudovsky, è tornato a dimostrare il suo eclettismo - il pubblico santiaguino lo ha visto dirigere titoli di de Musorgskij, Rossini, Verdi e Janáček- con una lettura non troppo ispirata o incisiva, ma ad ogni modo corretta ed efficace. Ha potuto contare su un buon cast, nel quale ha brillato soprattutto la splendida Pamina del soprano tedesco emergente Anett Fritsch, che possiede una bella voce unita a una buona tecnica e presenza scenica che le ha permesso di distinguersi in un commuovente "Ach, ich fühl's" e nel quartetto con i genii. Pure buono il tenore Joel prieto, che tornava in Cile dopo il suo Beppe nei Pagliacci nel 2010: eccellente cantante e adeguato attore, Prieto è stato un Tamino d'altissimo livello, molto ben affiatato con i colleghi e in luce soprattutto in "Dies Bildnis ist bezaubernd schön". Lo statunitense Adam Cioffari, che già aveva sostenuto un ruolo secondario nel Municipal l'anno passato nel debutto latinoamericano di Billy Budd, è stato ora un Papageno simpatico e incantatore come vuole la tradizione. Il basso coreano In-Sung Sim, che aveva cantato al Municipal in Attila nel 2012, è tornato in Cile come convincente e sonoro Sarastro, personaggio che incarnerà questo stesso anno all Teatro del Lago de Frutillar, nel sud del Paese. Benchè appaia in scena in sole tre occasioni, normalmente il ruolo della Regina della Notte, appannaggio dei maggiori soprani di coloratura, si rivela il più applaudito, grazie alle sue due esigenti arie. Purtroppo, al suo debutto in Cile, benché abbia esibito un materiale vocale con del potenziale, il soprano statunitense Jennifer O'Loughlin ha avuto sei problemi in entrambi i suoi numeri solistici, sebbene sia poi migliorata nel corso delle repliche. Senza esser straordinaria, e per quanto le comparazioni sian sempre odiose, non ci si può esimere dal riconoscere che nel secondo cast, il cosiddetto "elenco estelar", la brasiliana Caroline De Comi è stata molto più soddisfacente, e sebbene abbia avuto a sua volta occasionali problemi è parsa ben più efficace per acuti e agilità.

Diretto dal cileno José Luis Domínguez con coerenza, la seconda compagnia in più di un momento è parsa più adeguata e vitale della prima, trovando anch'essa l'elemento di punta in Pamina, in questo caso lo stupendo soprano cileno residente in Germania Catalina Bertucci, di bella voce e presenza delicata e convincente, interprete sensibile e sottile. A breve distanza stava anche il divertito, adorabile Papageno del sempre notevole baritono cileno Patricio Sabaté, che come era da aspettarsu ha conquistato il pubblico con il canto e l'azione, molto ben coadiuvato dalla Papagena del soprano Jessica Rivas. Da parte sua, come Tamino, il tenore cileno Exequiel Sánchez conta su buoni mezzi vocali e recita con convinzione, ma deve ancora lavorare sulla sua voce, specialmente sull'emissione degli acuti. Quale Sarastro, il basso baritono David Gáez, di solito eccellente, si è disimpegnato in modo meno brillante che in altre opere: ha raggiunto le note gravi del ruolo, ma è parso a disagio in più di un'occasione (accelerando anche in alcuni passaggi), la proiezione e il volume della sua voce sono stati più irregolare e non è riuscito a rendere del tutto la nobiltà e la serenità del suo personaggio.

Oltre agli artisti mezionati, tanto nell'"elenco internacional" come in quello "estelar" si è contato il valido apporto di cantanti cileni nei vari ruoli secondari, con una menzione particolare per il soprano Andrea Betancur come deliziosa Papagena e i tenori che interpretavano Monostatos - il personaggio con il look più stravagante di queste recite -  Gonzalo Araya e Rony Ancavil, a cui aggiungiamo l'oratore e il primo sacerdote del collaudato Rodrigo Navarrete e il tenore Luis Rivas, di timbro grato e canto fermo e sicuro, che si è rivelato una bella sorpresa vocale come secondo sacerdote.

Il Coro del Teatro Municipal, diretto dall'uruguayo Jorge Klastornik, ha brillato particolarmente nella sezione maschile, con un bel "O Isis und Osiris".

Foto: Patricio Melo / Teatro Municipal de Santiago